Appendice, Capitolo 4 - E ad amarmi un po' di più (parte 1)

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Roma, 24 Dicembre 2003

Claudio se ne stava seduto alla scrivania, intento a studiare per un esame che avrebbe dovuto dare a Gennaio, subito dopo le vacanze. Partenope, seduta sulle sue gambe, osservava con occhi attenti i movimenti della sua mano, che ogni tanto si spostava per sottolineare con la matita o con l'evidenziatore qualche concetto particolarmente importante. La casa sarebbe stata immersa nel silenzio più totale -del resto non c'erano altre persone lì con loro che avrebbero potuto disturbare- se non fosse stato per il vociare caotico e il rumore delle auto che venivano da fuori, ma del resto era la Vigilia di Natale ed era normale che in strada ci fosse un po' di confusione. Lui, invece, aveva trascorso tutto il giorno a studiare e adesso, alle cinque di pomeriggio da poco passate, poteva permettersi una pausa. Finì di leggere il paragrafo, chiuse l'evidenziatore e lo posò sulla pagina aperta, a mo' di segnalibro, poi si alzò in piedi dopo aver fatto cenno a Partenope di scendere a terra.

Si spostò in cucina con lei al seguito, chiaramente, e venne attraversato da un leggero brivido, perché era stato troppo fermo in un solo posto. Si preparò, allora, una tazza di thè caldo e, tenendola in mano, si avvicinò al balcone chiuso, mettendosi a guardare al di là del vetro: dalla sua posizione non riusciva a vedere le persone in strada -per farlo sarebbe dovuto uscire e ciò era fuori discussione per via della bassa temperatura esterna-, ma riusciva perfettamente a vedere le luci che decoravano i balconi e le finestre degli altri palazzi del quartiere, che spiccavano nel buio che cominciava a calare. Ce n'erano di vari colori, bianche, gialle, rosse, verdi o blu, alcune a luce fissa, altre lampeggiavano e potevano o mostrare sempre lo stesso colore oppure colori diversi, che si alternavano con fantasia. Anche le forme erano variegate, c'erano delle semplici strisce che decoravano le ringhiere, in orizzontale sul bordo o in verticale seguendo le sbarre, ma anche decorazioni vere e proprie appese alle pareti dei balconi, a forma di stella, di albero di Natale e perfino di presepe stilizzato, con la sola Natività. Gli piacevano le luci di Natale, gli davano un senso di calore, anche se solamente per qualche secondo, anche se era solo un'illusione.

Da qualche finestra, poi, intravedeva altre luci, immerse in stanze più o meno buie, quelle colorate degli alberi di Natale e ne fu uno in particolare ad attirare la sua attenzione, perché era più grande degli altri, almeno da quanto riusciva a vedere. Un sorriso amaro si fece largo sulle sue labbra mentre gli tornò alla memoria l'albero che, quand'era piccolo, svettava nel grande salotto di casa sua. Era un albero altissimo, immenso, o almeno così sembrava ai suoi occhi da bimbo, e lo decorava insieme ai suoi genitori, disponendo con cura e attenzione i piccoli frutti rossi che sua madre prediligeva al posto delle più classiche palline, i fiocchi di seta rosso scuro, le campanelle in ceramica che tintinnavano mentre le appendevano, i fili di luci ed infine il puntale, un angelo biondo vestito di bianco con le ali dorate, che suo padre gli faceva posizionare prendendolo in braccio. Sotto quell'albero, poi, si aggiungevano nuovi regali ogni giorno ed aprirli tutti insieme la mattina di Natale era una festa.

Allestivano sempre anche il presepe, che a differenza dell'albero era più piccolo, più discreto, si limitava alla grotta, posta sotto ad una specie di montagna su cui disporre qualche personaggio, e ad un po' di spazio intorno in cui mettere gli altri. I suoi pezzi preferiti erano le pecorelle perché, anche se erano in ceramica come tutte le altre statuine, avevano il manto realizzato in rilievo, come da tante piccole palline una vicina all'altra, ed era bello da sentire sotto le dita, sembrava morbido. Si divertiva a creare delle vere e proprie scenette, mettendone qualcuna in mezzo all'erba sintetica, come se stesse brucando, altre vicino ad una fontana, come se stessero bevendo, e altre ancora sparse sulla montagna o nascoste in qualche cantuccio, con i pastori che le cercavano o andavano loro dietro.

Erano stati dei bei momenti, quelli, almeno finché li aveva vissuti, perché il ricordo li aveva resi meno belli. Da qualche anno, infatti, i suoi genitori avevano smesso di aiutarlo e lui, pur di rivivere l'ombra di quelle emozioni, preparava da solo sia l'albero che il presepe, prendeva quei frutti finti che in realtà non gli erano mai piaciuti e quelle pecorelle avventuriere dal musetto simpatico che invece tanto adorava e si sforzava di non piangere mentre li sistemava.

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