Epilogo - Eternamente ora (parte 10)

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Arthur si svegliò all'improvviso, ma non di soprassalto. Aprì semplicemente gli occhi, come se li avesse chiusi solo per un istante, e all'improvviso il bar intorno a lui era scomparso, lasciando il posto alla stanza da letto immersa nella fioca luce della notte. In bocca aveva ancora il sapore forte del whiskey e il retrogusto dolce della cioccolata calda. Sentiva a poca distanza da lui il calore del corpo di Riccardo ed il materasso che si curvava leggermente sotto al suo peso, e si voltò a guardarlo, ruotando il capo quanto bastava: Riccardo gli dava le spalle, quindi non poteva vederlo in viso, e se ne stava tutto rannicchiato su se stesso, come dimostravano la schiena ricurva, le spalle portate in avanti e le gambe piegate, coperte dal lenzuolo leggero; probabilmente stava anche abbracciando uno dei cuscini, ma Arthur non riuscì a capirlo.

Gli sembrava sereno, vedeva il suo busto che si sollevava ed abbassava lentamente, mosso da un respiro regolare, ma ripensò alle parole di Lorenzo e si chiese se stesse continuando a provare ad entrare nel regno magico o se, invece, si fosse semplicemente rassegnato. Provò una fitta al petto a vederlo così, fragile e solo, ed allungò un braccio per fargli una carezza tra i capelli, mosso dall'istinto, ma la ragione gli impose di fermare il proprio gesto a mezz'aria e poi di ritrarre la mano, perché sicuramente Riccardo non avrebbe gradito o addirittura si sarebbe spaventato. Meglio evitare.

Buttò fuori un po' d'aria in un sospiro leggero e si trascinò lentamente a sedere, poi si alzò e, procedendo a tentoni nella stanza che non conosceva bene, ma riuscendo comunque a non fare rumore, si diresse verso il frigo nella zona giorno e trangugiò un generoso bicchiere d'acqua.

Quando tornò in camera, facendo tutto il percorso a ritroso con un po' di sicurezza in più nei passi, ebbe modo di vedere il lato di Riccardo che prima gli era nascosto e constatò che, come aveva immaginato, dormiva abbracciato ad un cuscino: in un altro momento gli sarebbe sembrato tenero, così simile ad un koala, ma sapeva che quel cuscino, per Riccardo, era il pallido sostituto di qualcuno che non avrebbe potuto riabbracciare per chissà quanto tempo, e non c'era nulla di tenero, in questo. 'Ti prego, ripensaci...', sussurrò in cuor proprio, pur non essendo sicuro che quella richiesta potesse arrivare a Lorenzo.

Ebbe il tempo di muovere appena un altro paio di passi e due piccoli puntini che rilucevano nella notte come due stelle, si puntarono su di lui con una certa insistenza. Sussultò, dato che non si aspettava che Riccardo fosse sveglio.

"Scusami, non volevo svegliarti..."

Rispose piano, a voce bassa.

Riccardo buttò fuori un pesante sospiro. Si era addormentato facilmente, non tanto per la stanchezza quanto per il desiderio di parlare con Lorenzo, ma era già sveglio da un po', forse poco meno di un'ora. Per la prima volta si era ritrovato nel regno magico da solo, in uno spazio che era quello di casa loro, ma vuoto. Di solito c'era sempre Lorenzo ad aspettarlo.

Aveva preso a cercarlo, allora, girando in ogni stanza della casa gridando il suo nome con quanto fiato aveva in gola, e poi si era spostato nei luoghi che avevano visitato insieme -la terrazza del Pincio, le spiagge assolate, la distesa di neve da cui amavano vedere l'aurora boreale e tanti altri- pensando, sperando, che Lorenzo potesse essere lì da qualche parte-senza riflettere, o meglio senza voler riflettere, sul fatto che il regno magico non era come un palazzo dalle infinite stanze, ma era unico ed era solo la sua forma a mutare-, l'aveva cercato ovunque, ma non l'aveva trovato. E non l'aveva trovato perché Lorenzo, evidentemente, non voleva farsi trovare. L'aveva lasciato definitivamente, e in un modo peggiore di quanto avesse fatto morendo.

"Tranquillo, non stavo dormendo..."

Mormorò con voce acquosa, tirando poi su col naso.

Arthur, così, si accorse che Riccardo stava piangendo -e chissà da quanto tempo- e sentì il cuore stringersi in una morsa. Non sapeva bene cosa fare o cosa dire, un dolore del genere era inconsolabile, e lui, nonostante tutta la fiducia che Lorenzo gli aveva dato, non aveva il potere di farlo sparire con uno schiocco di dita. Sospirò e si portò una mano sul collo, titubante.

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