Epilogo - Eternamente ora (parte 8)

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Il Sole aveva lasciato il posto alla Luna e alle sue stelle, e tutti gli invitati si erano riversati nel giardino dove, secondo l'organizzazione riportata sul menù, si sarebbe svolta la parte conclusiva di quella giornata di festa ormai agli sgoccioli. Era piuttosto tardi, quasi le ventitré, eppure nell'aria non c'era stanchezza, ma ancora una felicità elettrica palpabile.

Gli sposi, ultimi ad uscire dalla sala, furono accolti dall'ennesimo applauso -a cui, nonostante avessero perso il conto di quanti gliene fossero stati indirizzati nelle ultime ore, ancora non si erano abituati- e si diressero verso il grande tavolo preparato a ridosso della spiaggia dove a breve sarebbe stata depositata la torta nuziale.

Domenico, tuttavia, dopo qualche passo si fermò bruscamente e si avvicinò al volto di Claudio per sussurrargli all'orecchio.

"Vatti a sedere, core mij, io devo fare una cosa."

Mormorò, e subito dopo fece una cosa che non aveva fatto per tutto il giorno: lasciò andare la mano di Claudio.

Claudio, però, non era dello stesso avviso e la riafferrò prontamente, guardandolo interrogativo, incuriosito più che preoccupato.

"Che cosa?"

Domandò, accennando un sorriso.

Domenico ridacchiò, poi scosse il capo. Non poteva certo dirglielo adesso!

"Ora vedi."

Rispose a bassa voce, dandogli un bacio a fior di labbra prima di allontanarsi.

Claudio accettò il bacio, che non era una risposta ma era comunque molto gradito, e lo seguì con lo sguardo che si riempiva sempre più di curiosità. Lo vide salire sulla pedana che ospitava i musicisti -i quali smisero di suonare immediatamente, ma non sembravano sorpresi da quell'invasione, anzi- e sgranò gli occhi. 'Ma che sta combinando?', si chiese, ma in fin dei conti le risposte a quella domanda non erano poi molte: la più probabile tra tutte era che Domenico si fosse preparato un discorso, un brindisi magari, da voler pronunciare davanti a tutti, eppure qualcosa -il modo profondo in cui si conoscevano l'un l'altro- gli diceva che, come spesso accadeva, l'ipotesi più scontata non era quella corretta: se ci aveva visto giusto, e ne era certo, Domenico stava per affrontare una vera e propria sfida personale. Si accomodò sulla prima sedia disponibile, quindi, senza staccare gli occhi incuriositi da lui, sentendo il cuore che cominciava ad agitarglisi in petto perché era sicuro che anche quello del compagno era in tumulto.

Domenico si era accordato con i musicisti in segreto per fare una sorpresa a Claudio, una piccola dimostrazione d'amore più che altro, e se prima gli era sembrata una bella idea, un'idea romantica, ora cominciava a provare una certa ansia che gli stringeva lo stomaco. Gli bastò, tuttavia, incrociare gli occhi blu che tanto amava per sentirsi un po' meglio, e prese un profondo respiro ad occhi chiusi: lo stava facendo per Claudio, doveva pensare solo a questo. Riaprì gli occhi dopo un paio di secondi e scoprì i denti in un sorriso luminoso e dolce.

"Posso avere per un attimo la vostra attenzione?"

Chiese, cordiale, anche se l'attenzione di tutti era già focalizzata su di lui. Si schiarì la voce e riprese a parlare, guardando dritto verso Claudio, seduto poco più avanti.

"Spero abbiate bevuto tutti abbastanza, così questa cosa sarà un po' più sopportabile..."

Disse scherzoso, scatenando una risatina generale.

"...ma dovete sapere che quel signore là, quello che da oggi posso chiamare mio marito..."

E con un cenno del capo indicò Claudio, seduto poco più avanti. Quanto era bello poterlo chiamare così, "mio marito", proprio suo, così come lui era suo, non per un senso di possessione, ma di appartenenza.

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