Napoli, 20 Luglio 2023
Otto e ventitré del mattino.
Dal balcone spalancato, lasciato così la notte precedente per godere dell'aria fresca, entrava un venticello leggero, caldo ma non asfissiante, che accarezzava la pelle e toccava le tende bianche, facendole ondeggiare lente e sinuose. Erano divise in due come i lembi di un sipario e si aprivano su un palcoscenico blu: il cielo, infatti, era limpido come ci si sarebbe aspettato da una giornata di piena estate, ad eccezione di qualche piccola nuvola bianca e purissima, che di certo non portava un temporale con sé, e quasi si confondeva in un unico blu con il mare sottostante, a cui era unito da un'evanescente linea d'orizzonte.
Gli unici suoni di quella rappresentazione erano il placido sciabordio delle onde che, ritmico e costante, scandiva il tempo ed il verso di un gruppo di gabbiani che, come un coro navigato, eseguiva una qualche melodia. Tutti gli altri rumori, invece, erano troppo distanti per essere uditi.
Si trattava, dunque, di uno spettacolo di pura pace, eppure Domenico, disteso a letto sul fianco sinistro, non vi posava nemmeno lo sguardo: accanto a lui c'era Claudio disteso a pancia in giù, ancora profondamente addormentato, e ne sentiva il leggero russare, o meglio le fusa, come gli piaceva definire quei respiri lenti e rilassati.
Si erano addormentati abbracciati la notte precedente, come sempre, ma Domenico si era svegliato qualche ora prima per andare in bagno e al ritorno l'aveva trovato così, in quella posizione che non gli vedeva assumere da anni, ma che immaginava fosse frutto del suo inconscio, dato il posto in cui si trovavano. La cosa migliore da fare era soltanto fargli avvertire la propria vicinanza senza però disturbarlo, dunque si era limitato a ridistendersi accanto a lui e a cingerlo con un braccio, senza forzarlo, e si era riaddormentato poco dopo.
Da quando era entrato in Polizia -si poteva dire, quindi, da tutta una vita-, tuttavia, aveva cominciato a svegliarsi prima che fosse il suono della sveglia a farlo destare, anche se da ormai diversi mesi, per una ragione facilmente intuibile che al momento gli dormiva accanto, ciò non accadeva più, ma quel mattino si era verificata un'eccezione che chiaramente confermava la regola; sua madre gli aveva sempre detto che si svegliava prima a causa dell'impazienza di cominciare il nuovo giorno, soprattutto se c'era qualcosa di importante da fare, e di sicuro nulla superava per importanza ciò che sarebbe accaduto da lì a qualche ora.
Aveva aperto gli occhi esattamente dodici minuti prima che scattasse la sveglia, come aveva avuto modo di appurare quando l'aveva disattivata per evitare che suonasse, e si era messo ad osservare il compagno in perfetto silenzio per non rischiare di svegliarlo accidentalmente: il bel viso era seminascosto dal braccio sinistro piegato sul cuscino, ma era rivolto verso di lui e Domenico sapeva vedere con gli occhi della memoria il cielo blu che si nascondeva dietro quelle palpebre placide, in attesa di poterlo vedere davvero.
Il corpo, morbidamente abbandonato al sonno, gli si offriva alla vista come quello di una statua fatta per essere guardata, nudo fino ai fianchi e poi avvolto dalle fresche lenzuola bianche che abbracciavano le sue natiche e le sue gambe, ma a differenza di una statua era caldo, tanto che il suo tepore arrivava fino a lui che gli stava accanto, e vivo, infatti si muoveva lentamente e quasi impercettibilmente al ritmo del suo respiro.
La schiena, di conseguenza, era accarezzata dai caldi raggi del Sole che si posavano sulla pelle nuda creando dei riflessi particolari quando toccavano le sue cicatrici bianche e lucide, del tutto simili -o almeno per Domenico il paragone era evidente- a quelli che creava sulle increspature delle onde.
Erano dunque quel cielo e quel mare, comprensibilmente, ad avere tutta la propria attenzione.
Sorrise, pieno d'affetto di fronte a quella tenera e meravigliosa vista, e con una mano andò ad affiancarsi ai raggi solari, accarezzando con tocco leggero la sua pelle calda su cui faceva scorrere lentamente i polpastrelli: i dodici minuti erano ormai passati e riteneva, con abbastanza sicurezza, che quello fosse un modo molto più dolce di svegliarsi rispetto al suono improvviso di una sveglia. Ottenne, però, soltanto un leggero sorriso da parte di Claudio, insieme ad un sospiro profondo che sembrava quasi un mugolio -dovette mordersi l'interno delle guance per trattenere una risatina intenerita- e decise quindi di fare un altro tentativo, diverso dal precedente: si sollevò quanto bastava a sovrastare l'altro e poi si riabbassò su di lui, puntellandosi con le braccia piegate ad angolo sul letto per non pesargli eccessivamente, e cominciò a baciargli la pelle, di cui poteva sentire il sapore caldo e lievemente salato, senza seguire uno schema, ma stando attento che ogni bacio durasse abbastanza da essere sentito.
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Un Sole intero di felicità
RomanceSequel di "Tu non innamorarti di un uomo che non sono io" Dal testo: "Non vedo l'ora che arrivi stasera, 'o sai?" [...] "Ma se siamo svegli da tipo cinque minuti..." [...] "Sì, ma oggi è una giornata speciale e stasera lo sarà ancora di più."