Appendice, Capitolo 6 - Nella vernice fresca dei miei ricordi (parte 1)

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Roma, 24 Dicembre 2017

Domenico aveva trascorso l'intera mattinata in commissariato e tutto il pomeriggio in un rifugio per animali dove svolgeva regolarmente volontariato -durante le feste ricevevano sempre molte donazioni, da un lato, e molte richieste di adozione dall'altro, quindi c'era bisogno di tutto l'aiuto possibile-, e adesso stava tornando al proprio appartamento.

Per quanto si sforzasse, sia nei pensieri che nelle chiacchiere quotidiane, non riusciva proprio a definirlo 'casa', -non diceva, ad esempio, 'ho dimenticato le chiavi a casa.', ma 'ho dimenticato le chiavi al mio appartamento.'- nonostante vivesse lì ormai da molti anni: per lui una casa, una casa vera, era molto più del semplice posto in cui si abita. Non era nemmeno un posto, a dire il vero, e purtroppo era lontana.

Ad accoglierlo, comunque, non trovò il solito buio ed il solito silenzio, ma un fascio di luce in corrispondenza della porta della cucina ed un chiacchiericcio accompagnato da un rumore di pentole sempre da quella stessa stanza.

Superò quindi il piccolo atrio d'ingresso, dove lasciò il cappotto e le chiavi, per poi incamminarsi nel corridoio verso quella direzione, e più si avvicinava più un allettante profumo di cibo andava a stuzzicargli il naso, riuscendo perfino a fargli venire un po' di acquolina in bocca, il che non era cosa da poco, considerata la situazione.

Affacciatosi appena oltre la porta vide sua madre, sua sorella ed Enzo indaffarati a preparare il cenone di Natale, sembravano proprio degli elfi di Babbo Natale all'opera -erano arrivati da un paio di giorni, come ormai facevano ogni anno per non lasciarlo solo durante le feste-, e quella vista, che un po' aveva il sapore di casa, fu sufficiente a fargli spuntare un sorriso sulle labbra, piccolo, che non arrivava agli occhi, ma sincero. Era davvero felice e grato che fossero lì e si sentiva in colpa di non essere capace di dimostrarlo meglio, come avrebbero meritato.

"Buonasera!"

Mormorò timidamente, quasi avesse paura di disturbare, salutando con un rapido gesto della mano.

Subito tre sorrisi belli e luminosi, si voltarono verso di lui, felici di vederlo ed in grado di dimostrarlo.

"Ah, Mimmo, eccoti qua! Ti stavamo per chiamare, non tornavi più!"

Esclamò sua madre, con la voce piena di preoccupazione, mentre gli si avvicinava.

Domenico la salutò con un bacio su ciascuna guancia, mettendo una mano sul suo braccio, su cui fece muovere un po' il pollice in una carezza di scuse, per poi soffermarsi a guardarla, abbozzando un sorrisetto. Adesso, sul suo viso, c'era qualche ruga in più ed i capelli erano del tutto bianchi, del resto gli anni erano passati anche per lei, ma era sempre bellissima ai propri occhi.

"Scusami, hai ragione, avrei dovuto avvisare..."

Replicò, sinceramente dispiaciuto, ma Rosa subìto gli rivolse un gran sorriso -tutta la preoccupazione era sparita- e gli diede un buffetto affettuoso sulla guancia ricoperta da uno strato di barba.

"La cosa importante è che ora stai qua, anche perché..."

Si allontanò verso il tavolo, da cui prese un vassoio pieno di frittelle d'alghe fumanti.

"...mi devi dire come sono venute! Le ho fatte mo' mo', so' belle calde calde, anzi sta' attento che ti scotti!"

Domenico aveva lo stomaco chiuso, anche se a pranzo non aveva mangiato, ma quelle frittelline tonde e dorate, striate di verde, con il loro profumino delizioso, avrebbero fatto venire fame anche ai sassi, quindi ne prese una e la divorò in un paio di bocconi.

"E che vuoi che ti dica, ma'? Sono buonissime, perfette come sempre!"

Diede un altro bacio sulla guancia di sua madre, la quale stava sorridendo soddisfatta, e poi si spostò verso Enzo per salutare anche lui.

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