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Una conversazione e mezza dopo, ci ritroviamo difronte allo stadio, stracolmo di gente, come di consueto. I calciatori del PSG dovrebbero già essere arrivati, perché vedo il loro pullman parcheggiato. Intanto Melissa mi stava parlando di quanto fosse carino l'autista. Un orecchio l'ascoltava e l'altro no. "Ho gli occhi anche io sai. Ho visto quanto fosse carino, adorabile, simpatico" dico imitando gli aggettivi che ha usato lei poco prima. Mi rivolge il solito sguardo da finta arrabbiata-delusa. "Beh, se fossi stata attenta ti saresti accorta che andava alla minima velocità solo per parlare con me" disse con aria fiera. In effetti era così, ci abbiamo messo il doppio del tempo stavolta. "Forse era per me" le risposi punzecchiandola. Ovviamente non m'interessava niente dell'autista, ma adoravo darle fastidio e rovinare i suoi 'film romantici'. 

"Ne dubito, visto che sei stata tutto il tempo a guardare fuori dal finestrino non dicendo nemmeno una parola" mi rispose. "1-0 per te, Melissa" le dissi. Era così, la malinconia dei giorni passati ancora mi avvolgeva, anche se sentivo che mi stava abbandonando piano piano. Come quando dopo diverse giornate di pioggia, il sole sembra rispuntare. Ed è lì che ti accorgi che in realtà non ti ha mai abbandonato, è sempre stato lì, sopra di te. Talmente in alto che non riuscivi a vederlo, ma c'era. Perché se non se ne fosse andato, non avresti mai apprezzato così tanto il suo ritorno. E perché se non si fosse oscurato, non avresti mai potuto apprezzarne la luce.

Intanto ci siamo seduti in un posto abbastanza vicino al campo, così da vedere meglio qualunque passaggio, qualsiasi mossa e qualsiasi persona. Quella persona. 

"Secondo te è meglio se dicessi: 'ehi, ci incontriamo sempre... a questo punto resta soltanto da darmi il tuo numero'. Oppure, più formale: 'Mi farebbe piacere avere il tuo numero' ?" mi continuava a ripetere. Mi accorgo che stava parlando con me. "Va benissimo" le rispondo, non so nemmeno cosa mi abbia chiesto. Talmente presa dal discorso, non mi fa la solita ramanzina e ripete. Io ci penso un attimo. "La prima" decido. Stava architettando il piano per rivederlo. Grazie al taxi, ovviamente.  

La partita fu molto emozionante, con la vittoria del PSG, ovviamente. In campo sembrano tutt'altre persone rispetto a quanto sono ubriachi. Prendono le adulazioni dei tifosi per qualche minuti e poi, con il sorriso fiero sul volto, scompaiono lasciando ai tifosi il tempo di andare via.

"Cosa hai deciso di fare?" le chiedo riferendomi alla discoteca. "Nah, voglio prendere quel taxi per andare a casa" mi rispose. Probabilmente non aveva pensato ad altro. Accettai, e rimanemmo ancora due minuti nel silenzio degli spalti ormai semivuoti. I giocatori probabilmente erano già diretti verso i festeggiamenti e a noi non restava altro che tornare a casa. Sentii una sensazione di vuoto, era per questo che ero venuta in Francia? Vedere un'ora di solite partite e poi tornarmene a casa?  A quale scopo? 

Mentre pensavo questo, la mia amica mi portò alla realtà. "Andiamo?" mi chiede. Non rispondo e così capisce che voglio rimanere un poco sola. "Vado a chiamare il taxi, poi torno e andiamo. Okay?" cerca di essere seria, ma sprizza gioia da tutti i pori per il suo piano amoroso. Annuisco e se ne va. Rimango seduta a fissare un punto nel vuoto. Mi pongo tutte queste domande a cui non so dare una risposta. Penso che dovrò farmi una vita, e non inseguire quella degli altri continuando ad illudermi di entrarci. Devo rimboccarmi le maniche, perché la vita è una sola. Per oggi, si ritorna a casa, ma da domani si va a ballare ogni giorno. Alla ricerca disperata di qualcuno di carino. Punto. I miei occhi sono quasi oscurati e non mi accorgo che siano passati più di due minuti. 

I mie pensieri si interrompono quando vedo una mano passarmi davanti ai miei occhi per svegliarmi. OH NO. 


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