35.

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Neymar:
Continuammo l'allenamento e, ormai come di consueto, mi sarei aspettato di vedere Elizabeth e quella sua amica sugli spalti. Anche se la degnavo solo di uno sguardo, la sua presenza lì mi faceva stare bene e mi rendeva felice.
Corsi da Kylian, "Fratello" lo chiamai. "Oggi..." esitai. E se avesse sospettato sui sentimenti che provavo per la sua amica?
"non sono venute, erano stanche" mi completò lui, come faceva a saperlo?
"C-come hai fatto?" chiesi indicandolo.
"Non lo so. Comunque, quando prova a parlarti, non trattarla male. Non mi ha detto niente, ma ogni volta che torna dopo averti parlato è triste" mi rispose.
Lei soffriva per me? Un altro segno in più per lasciarla perdere, oppure uno che mi facesse capire che lei ricambia i miei sentimenti?

"Kylian" lo richiamai bevendo un sorso di acqua. Mi schiarii la voce, dovevo parlare con qualcuno. "Ti piace Elizabeth?" gli chiesi, per parlarle e diventare più di un amico, se mai fosse successo, avrei dovuto assicurarmi di non scavalcare i sentimenti di nessuno dei miei amici.
Mi guardò inarcando un sopracciglio.
"No, non credo. Perché?" mi rispose, ero sollevato e allo stesso tempo agitato dalla sua domanda. "Bho, state sempre insieme" mi giustificai io.
"Neymar, so che ti piace. Puoi dirmelo" in quel momento caddi nel panico più totale, mi guardavo intorno in cerca di qualche distrazione, ma a quanto pare l'universo voleva che rispondessi a quella domanda.

La vera risposta era che non lo sapevo nemmeno io, ma la mia vocina interiore mi consigliò di rispondere in modo affermativo, così lo feci. "Un po', cioè non così tanto" cercai di alleggerire l'atmosfera. "Ti da fastidio?"
"No, perché dovrebbe?" mi rispose e tamburellai con le dita su una superficie vicino a me.
"Tu, tu come te ne sei accorto?" Domandai sperando che non mi dicesse che anche lei se n'era accorta.
"L'ho notato" alzò le spalle. "Vedevo come la guardavi al campo, e non pensare che non abbia sentito le conversazioni con gli altri" rise e ciò fece rilassare anche me.
"Oh" riuscii a dire, significava che allora mi piaceva seriamente? "Glielo hai detto?" lui fece il finto offeso, "non sono mica un infame, amico" così tirai un sospiro di sollievo.

Elizabeth:
"Buongiorno" dissi entrando in un bar molto carino nel centro di Parigi.
"Buongiorno, cosa prende?" mi chiese un barista mentre asciugava un bicchiere di vetro.
"No, non sono qui per questo" risposi arrossendo. "Ho letto il cartello fuori" continuai riferendomi al cartello sulla quale c'era scritto 'cercasi personale'.
"Ah, adesso capisco. Comunque la faccio parlare con il proprietario okay?" Feci un sospiro e poi annuii sorridendo. "Dammi del tu, però. Non sono così vecchia" il ragazzo mi sorrise e poi scomparve dietro una porta.
Aspettai un paio di minuti e poi un uomo sulla cinquantina mi invitò a sedermi su un tavolino del bar.
"Eccoci" ruppe il ghiaccio, ero agitata. Sorrisi, era l'unica cosa che mi veniva in mente di fare.
"Allora, hai esperienze in questo ambito?" mi chiese e deglutii negando. "Vengo dall'Italia, lì ho lavorato part-time in alcuni bar, nulla di professionale però" spiegai io, cercando di essere più gentile possibile.
"Perché vuoi fare questo tipo di lavoro?" domandò annotando qualcosa sul taccuino, credo il mio nome, cognome e età, che mi aveva chiesto precedentemente.

"Beh" avevo bisogno di soldi, ma cercai un modo più carino per dirlo. "Innanzitutto per interessi economici. Ah e poi questa zona è molto turistica, credo che il fatto che sappia l'italiano, il francese, l'inglese e che me la cavi con lo spagnolo sia molto conveniente" fortunatamente avevo studiato molto bene le lingue al liceo.
Dopo qualche altra domanda, l'uomo mi annunciò che potevo iniziare domani come prova. Mi avrebbero dato 800 euro al mese, ma sicuramente meglio di niente.
Ero orgogliosa e felice, i rifiuti che avevo ricevuto giorni fa mi avevano ripagato.
"La ringrazio, non se ne pentirà" dissi stringendogli la mano che, saldamente, prolungava il contatto. "Lo spero, una ragazza bella come te attirerà molti clienti. Felice di poterti avere nel nostro staff" era molto formale, e questa cosa mi metteva un po' a disagio.
"Grazie mille. Scusi, posso sapere il suo nome?" Domandai.

[...]

"Va bene, grazie ancora Manuel. A domani allora" dissi uscendo dal locale e salutando il proprietario del bar dove, ormai ufficialmente, lavoravo.
Ero molto felice, chiaramente anche un po' scoraggiata dal fatto che avrei dovuto avere degli orari, ma finalmente non avrei dovuto più chiedere i soldi ai miei.
Tornai a casa e annunciai la notizia a Melissa che era felice e allo stesso tempo triste perché non avrebbe potuto passare tanto tempo con me.
"Potrai venire al bar quando vorrai e cercherò anche di farti fare qualche sconto ogni tanto" la rassicurai e finalmente il sorriso le rispuntò in volto.
Mi rivestii e andammo al centro commerciale, al lavoro non mi avevano dato delle divise ma volevo comunque indossare qualcosa di formale. Entrammo per vari negozi e presi una gonna nera, con una camicia bianca ed eventualmente, visto il freddo, una giacchetta dello stesso colore della gonna.
"Sembri un hostess, ma sei bellissima" commentó Melissa guardandomi allo specchio. Era vero, il luogo non era così elegante e quell'abbigliamento mi sembrava eccessivo.
"Vada per la gonna, ma sopra ci abbinerò qualcos'altro"
La gonna era qualche centimetro sotto al sedere, ma in fondo dovevo attirare i clienti, non è vero?

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