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Mi svegliai stranamente sorridendo, cosa rarissima per una come me.
Erano le 7:30 e in Francia splendeva il sole, così decisi di indossare un pantaloncino che arrivava poco prima del ginocchio e una canottiera. Per non far sembrare che stessi andando al mare, misi anche un coprispalle nero.
Uscii di casa e godetti del silenzio che governava per i vicoli stretti di Parigi.
Che bella questa città, a volte penso che sia diversa rispetto alla notte.
Nella notte si traveste in stradine pericolose da cui è meglio stare alla larga. Di giorno, invece, è bellissimo farci una passeggiata per avvalersi del silenzio e della tranquillità.
Eccome, se è così.
Un po' anche con le persone, sbaglio? Una volta sono gentili, l'altra il contrario. Poi osano paragonarci alle scimmie, siamo così complessi e falsi noi umani, quali scimmie.

Ad interrompere le mie frasi filosofiche fu l'insegna del bar in cui lavoravo, con la quale andai quasi a sbattere.
Cafè, scritto in nero su uno sfondo rosso. Era sicuramente un bar da fotografare, ma non persi altro tempo: entrai e il rumore della campanella situata sull'ingresso fece voltate tutti. Fa molto bar degli anni '80 o '90. Non potevo sceglierne uno migliore.
"Buongiorno" salutai qualche cliente mattutino. "Ciao Elizabeth" sentii la voce di Jacob richiamarmi mentre ero intenta ad ammirare una coppia di anziani dividersi un cornetto. Il sorriso scomparve e ricambiai il saluto. "Pronta per domani?" mi domandò sorridendo, era emozionato all'idea, si vedeva.
"Dovrei domandartelo io" risi mentre mi aiutava ad allacciare il grembiule.
"Io sì, non vedo l'ora" gli dovevo ancora parlare del 'piano'.
"Senti Jacob, non fraintendermi eh, però domani dovresti comportarti come un 'amico speciale' " mimai le virgolette sulle ultime due parole. "Devo far ingelosire un ragazzo. Poi giuro, sarò in debito con te" lui sorrise.
"Neymar, vero?" annuii, "non dovrai sembrare un mio fidanzato, niente baci eccetera. Dovrei fargli nascere il dubbio. Parlandoci chiaro, sei molto carino" sussurrai l'ultima frase e lui arrossì. Era così carino quando diventava tutto rosso.

"Eccoti figliola" i due anziani di prima vennero a pagare la colazione. Mi avevano dato qualche euro in più, così glieli restituì. "Tienili, sei molto giovane. Ti servono" le mie guance si colorarono un po', non accettavo l'elemosina da un estraneo, ma mi parve un gesto così carino.
"Grazie mille, ma non posso accettarli. Fortunatamente ho un lavoro che mi permette di non farmi mancare nulla, la ringrazio davvero. Scommetto che troverà qualcuno che ne abbia davvero bisogno" sorrisi sperando che si convincesse. L'anziana signora mi fece l'occhiolino. "Sei proprio una brava ragazza" ed uscii dal locale, insieme all'uomo.
Quel gesto e quella piccola conversazione mi fecero spuntare il sorriso, che rimase sulla mia faccia per altri minuti, mentre li guardavo allontanarsi dal bar.

Si addentrarono in una viuzza, e il mio sguardo non potè più seguirli. Mi voltai per riporre un bicchiere di vetro nella lavastoviglie e trovai quegli stessi soldi di prima sul bancone, la donna me li aveva lasciati lo stesso. A fianco, sullo scontrino, c'era scritto, con inchiostro nero, leggermente sbavato:
'Forse, la persona ad averne davvero bisogno sei tu' mi si fecero gli occhi lucidi, quanta bontà può nascondersi dietro un innocente gesto. Sorrisi, e strinsi quegli spicci in un pugno.
Se c'era una cosa che volevo fare, era diventare come lei da anziana, magari anche io a dividermi il cornetto con la mia metà e lasciare il resto ad una barista misera, come me.

Non mi servivano quei soldi, e tanto meno 2 euro non mi avrebbero cambiato la vita, ma lo interpretai come un gesto simbolico. Come se il mio angelo custode volesse dirmi qualcosa.
111- mi ricordai dei numeri angelici che tenevo tatuati sulla spalla. Ogni volta, quando avevo bisogno di aiuto, toccavo quel tatuaggio, per scaramanzia forse. Ma puntualmente, anche se dopo tempo, l'aiuto arrivava. Tornai a lavoro, sporcandomi le mani di latte versato e birre, ma felice.

Tornai a casa verso le 16:00, perché Monica aveva fatto tardi e fui costretta ad aspettarla, ma non mi pesò.
Oggi era una di quelle giornate dove tutto andava per il verso giusto, o anche se non lo faceva, a me sembrava così. Perché a decidere se la nostra vita sia bella o brutta, siamo soltanto noi.

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