Capitolo Tre

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Pov. Leila

"Forza alzati!" una voce fastidiosa mi riporta alla realtà.

Stavo dormendo così bene

"Hum?" borbotto, portandomi una mano sul viso.

In un attimo la stanza viene invasa dalla luce del sole

"Leila alzati" Andrea è in piedi di fianco al mio letto "Oggi ti allenerai con me" mi tira via le coperte

"Andrea ma cosa stai dicendo?" borbotto, rintanandomi sotto le coperte

"Tutte e due abbiamo bisogno di aiuto, altrimenti rischiamo di impazzire. Quindi ci faremo compagnia a vicenda, dato che l'altra nostra coinquilina ha ben deciso di chiudersi in camera sua. Dici che è ancora viva?" si volta preoccupata verso la porta

"Andrea io.." cerco di intervenire, ma mi blocca

"No, no, no. Silenzio" scuote la testa "Non hai potere decisionale. Forza alzati, hai mezz'ora di tempo per riprenderti" esce dalla stanza

"Se tra dieci minuti non ti trovo in piedi, ti vengo a svegliare con pentole e bicchieri. Te li ricordi i Cesaroni?" scoppio a ridere "Forza, ti aspetto qui" urla dalla cucina.

Sorrido.

Andrea è così.. incredibile.

Ho vissuto per due anni a casa del mio migliore amico, Stefano, prima di trovare Lei e questo posto.

Le cose a casa non andavano bene già da tempo, così ho semplicemente aspettato di compiere diciotto anni, trovarmi un lavoro e lasciare quella casa che ormai di casa non aveva più nulla.

Stefano si è offerto di ospitarmi, perché sapeva bene quanto fosse diventata difficile la situazione in casa, ma dopo due anni decisi che fosse arrivato il momento di lasciare finalmente libera quella famiglia che per anni si era presa cura di me.

Maria, la mamma di Stefano, promise alla mia di prendersi cura di me e lo fece.

Cazzo, se lo fece.

Mi accolse in casa sua come una figlia, perché lei aveva perso la sua migliore amica ma io avevo perso mia mamma.

Ed anche mio padre, ma quello è un altro discorso.

Mi ha accolto in casa sua per due anni anni, facendomi sentire davvero a casa, ma quando vivi a casa di altre persone è naturale sentirsi di.. troppo.

Nonostante lei, suo marito Gianni e Stefano non mi abbiano mai fatto sentire tale.

Decisi così di andare via ed è stato grazie ad Omar se sono riuscita a farlo.

Da quando la mamma è mancata, otto anni fa, papà non è stato più lo stesso.

Da un giorno all'altro ho visto il mio amorevole papà trasformarsi in un estraneo. I suoi atteggiamenti nei miei confronti cambiarono, non mi guardava nemmeno più in faccia.

Io e papà assistemmo insieme al lento spegnersi della mamma.

Affrontammo i suoi giorni più duri, dove la chemio la costringeva a letto in prenda a nausee e dolori lancinanti, le siamo stati accanto nei suoi giorni migliori.

Quegli stessi giorni che più di una volta ci hanno illuso che tutto stesse tornando a posto.

Le siamo stati accanto fino al giorno in cui la vita decise di portarsela via.

Quando la dura realtà dei fatti si abbattè su di noi, portando via per sempre la mamma, dovetti leccarmi le ferite da sola, perché mio padre era troppo occupato a soffrire da solo per la perdita della sua amata moglie.

L'Attimo EffimeroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora