Capitolo Quattro

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Pov. Leila

Oggi ho deciso di sistemare un po' la mia stanza.

Svuoto il mio armadio, fin troppo grosso per i vestiti che davvero possiedo e comincio a mettere da parte tutti quelli che non metto più.

Non perché io non voglia o non mi piacciano più, semplicemente perché sono troppo logori e scoloriti per essere utilizzati ancora.

Stringo tra le mani il primo paio di pantaloni che comprai con il mio primo stipendio. È una semplice tuta grigia, consumata nell'interno coscia.

Il tessuto si è assottigliato talmente tanto da diventare quasi trasparente

 "È stato un piacere" li stringo forte al mio petto, prima di buttarli per terra

 "È sempre difficile staccarsi da una parte del proprio passato, anche quella che sembra la più inutile" Janette compare sulla mia porta

 "Cristo Jan, che paura" sussulto "Come fai ad essere così silenziosa?" mi volto verso di lei

 "Ho avvertito tanto dolore mentre buttavi per terra quei pantaloni, stai soffrendo tanto" mi osserva

 "Ti sbagli, sono solo un paio di pantaloni" scuoto la testa, eppure so che ha ragione.

Quegli stupidi pantaloni non rappresentano solo una tuta sgualcita, ma rappresentano tutto ciò che da sola solo riuscita ad ottenere.

Tra mille difficoltà, mille rinunce, il dolore che provai quando lasciai casa mia

 "Nulla è mai solo una cosa, tutto ha una valore, più o meno importante" mi poggia una mano sulla spalla "Sei così tesa.." mi allontano dal suo tocco

 "Sì, la ginnastica di ieri mi ha decisamente irrigidita" taglio corto, continuando ad esaminare i capi del mio armadio

  "Sei sempre così fuggiasca Leila" scuote la testa "Ma ricordati che non puoi scappare dalla tua anima" mi sorride, lasciandomi sola nella stanza.

Janette mi lascia continuamente senza parole.

La sua capacità di comprendere gli stati d'animo delle persone, va oltre le capacità umane, risultando quasi inquietante.

Lei è riuscita a captare, in un modo che ancora non riesco a capire, che c'è qualcosa che mi angoscia.

Quella strana sensazione che sto provando da giorni ancora non mi ha abbandonata, ma non nemmeno io riesco a capire di cosa si tratti.

Una strana e recondita paura che stia per succedere qualcosa di.. brutto.

Scuoto la testa.

È inutile angosciarsi per nulla, probabilmente è solo un po' di ansia da lockdown-e-pandemia-mondiale.

Giusto?

Non lo so, ma non ho intenzione di continuare ad appesantirmi il petto ed il cuore con questi assurdi pensieri

 "Andrà tutto bene" mi sussurro piano, come per autoconvincermi che possa davvero essere così.

Nel giro di pochi minuti ai miei piedi vi sono circa una decina di pantaloni logori, molti ancora del periodo in cui vivevo da papà

 "Hai deciso finalmente di rifare il guardaroba?" Andrea mi guarda divertita

 "No, decisamente no. Sono troppo affezionata alle mie tute per rifare il guardaroba. Sto solo buttando ciò che non è più utilizzabile" le mostro una tuta bucherellata e consumata.

 "Beh dato che ci sei potresti anche comprarti qualcosa di carino" mi guarda

 "Questo è il mio qualcosa di carino" rido e lei scuote la testa.

L'Attimo EffimeroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora