Capitolo Cinquantasei

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Pov. Leila

 "Allora? Come va con Andrea?" Stefano mi cammina accanto, mentre mi accompagna a lavoro

 "Bene" annuisco "Ieri mi ha.. accompagnata al cimitero"

 "Siete già a quella fase della relazione? Mi hanno sempre messo in guardia contro voi lesbiche e i vostri passi-da-gigante ma pensavo fosse una leggenda metropolitana" ride

 "E dai, in fondo io ed Andrea non stiamo bruciando le tappe" mi gratto il retro del collo

 "Vivete già insieme, quali altre tappe dovreste bruciare?" mi guarda lui, inarcando un sopracciglio

 "Non per nostra scelta" alzo le spalle "O meglio, vivevamo già insieme quando è iniziata tutta questa storia"

 "E Omar?" Abbasso lo sguardo

 "Omar è distrutto" sospiro "L'altra sera, quando è venuto a casa non sembrava nemmeno lui. Era ubriaco, la barba così folta come non gliela avevo mai vista. L'ho distrutto Ste" scuoto la testa

 "Uscire da una relazione è sempre difficile" Stefano mi guarda intensamente "E poi Omar è un bravo ragazzo, sono sicuro che troverà presto una ragazza che prenderà il tuo posto"

 "È quello che gli auguro, ma non lo so" scuoto la testa "Mi piange il cuore saperlo in quello stato, ma non posso fare nulla per migliorare la sua situazione"

 "Il tempo guarirà le ferite Leila, solo il tempo può farlo. Parlo per esperienza" mi sorride triste.

Lo abbraccio forte, perché in fondo entrambi abbiamo bisogno del supporto reciproco.

Stefano ha ragione, l'unico modo per guarire da questo dolore è il tempo. Passeranno i giorni, le settimane e lui piano piano tornerà a vivere.

Noi rimarremo solo un lontano ricordo, quelli che custodisci gelosamente e che rievocano tanto affetto ma nulla di più.

Ora può solo vivere giorno per giorno questo dolore, perché così imparerà a convincerci fino a quando non diventerà un lontano ricordo.

Stefano mi bacia la testa, poi riprende a camminare verso il mio negozio, raccontandomi le sue ultime novità.


La mattinata è stata impegnativa.

Le riaperture sono sempre impegnative.

Il Covid ha lasciato il segno sul mio corpo ormai consumato dal virus. La mascherina mi appesantisce subito il respiro, sposare gli scatoloni nel retro mi provoca in pochi secondi il fiato corto.

Cerco di respirare a fondo, calmando il mio cuore agitato.

Sposto lentamente gli scatoloni, sistemandoli nel modo più pratico possibile

 "Ehi Leila, vuoi una mano?" Alice mi raggiunge.

Anche lei è piuttosto provata, sul viso porta ancora i segni della malattia.

Infatti, profondi solchi neri le contornano gli occhi

 "No tranquilla, ho finito" lascio pesantemente andare l'ultimo scatolone, per poi abbandonarmi sulla sedia

 "Potevi chiamarmi, ti avrei aiutata!" mi rimprovera dolcemente

 "Tranquilla Ali, sto bene" le sorrido

 "Leila io.." inizia a parlare per poi bloccarsi dopo pochi secondi.

Si guarda attorno nervosamente, giocando con le dita

 "Leila scusami se non ti ho parlato di Lorenzo, se non sono stata sincera con te" abbassa lo sguardo

 "Ali non devi preoccuparti, non sono arrabbiata con te. Non vedo un solo motivo per cui io debba esserlo" scuoto la testa

L'Attimo EffimeroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora