Prologo

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Mantieni il tuo volto sempre di fronte al sole
e le ombre cadranno dietro di te
- Walt Whitman

***

Un colpo di tosse; il beep proveniente dall'elettrocardiografo.
Erano questi gli unici suoni che mi tenevano compagnia ormai da un paio di settimane a quella parte.

Il cuore di mia madre, di giorno in giorno sempre più debole, veniva monitorato da un piccolo monitor su cui una sottile linea, periodicamente, ne tracciava i battiti, ai quali avrei tanto voluto regalare tutta la forza che animava il mio giovane corpo, ancora sano e vigoroso al contrario del suo, nonostante la sua relativa giovane età.

«Kaylee», il suo era un flebile sussurro che però riuscii a sentire forte e chiaro. L'attenzione di ogni particella del mio corpo era completamente dedicata a lei.

Un colpo di tosse; il beep dell'elettrocardiografo.

Non risposi, mi limitai a esercitare delicatamente una leggera pressione sulla sua pallida mano. Si trattava dell'unico contatto che mi era permesso ricevere e donare alla persona più importante della mia vita, ormai consumata dal tumore ai polmoni.

«Ho una cosa per te». Per la prima volta dopo giorni infiniti, i miei occhi presero a brillare di una luce diversa. Alla sofferenza si affiancò un bagliore di curiosità.

«Apri il cassetto» proseguì non con senza difficoltà. Un colpo di tosse accompagnò queste parole; il beep dell'elettrocardiografo.

Lasciai la presa dalla sua mano, talmente torturata dai prelievi che al bianco della sua carnagione si contrapponeva il violaceo di numerosi lividi. Le ossa sporgevano dalla pelle ormai prosciugata dalla malattia.

Feci come richiesto. Aspettai, senza fretta, che lei mi dicesse cosa prendere tra quelle poche cose che riempivano il cassetto.

«Dovrebbe esserci un cofane-», un colpo di tosse; il beep dell'elettrocardiografo. «...un cofanetto, prendilo.» Annuii quando scorsi un piccolo bauletto di un verde che ricordava tanto il colore di una ninfea.

Lo estrassi e lo scrutai un po' prima di decidermi ad aprirlo. Inconsciamente credevo che, perdendo tempo, io potessi riuscire a ritardare quel momento che tormentava i miei sogni e che rappresentava la causa di tutte le mie lacrime. Quel momento che era sull'orlo della porta e aspettava solo il momento per bussare.

Nella pupilla nera che contrastava i miei occhi azzurri si riflesse l'immagine di una catenina dorata da cui pendeva un piccolo ciondolo circolare, sul quale era incisa la lettera K. Sfilai subito la collana dalla custodia e, con cura, la ammirai da una distanza più ravvicinata, raggirandola tra le mani. Quando feci ruotare il ciondolo, notai che sulla faccia opposta era incisa un'altra lettera, la S.

K di Kaylee. S di Sheila. Sono le nostre iniziali.

Percepii gli occhi pizzicare, ma cercai di ricacciare indietro le lacrime. Mi ero promessa di non piangere davanti a mia mamma, mi ero promessa di dimostrarmi forte nella speranza che questa mia forza potesse fungerle da stampella, potesse rappresentare qualcosa a cui aggrapparsi per non crollare.

«E'-», la voce mi si incrinò senza volerlo, così tossii un paio di volte per stabilizzarla. «E' bellissima» rivelai mentre appoggiavo le mani, che stringevano gelosamente il regalo, sul petto.

«Doveva essere il regalo per il tuo dodicesimo compleanno» mi spiegò prendendosi qualche pausa per recuperare fiato e inclinando lievemente la testa nella mia direzione, azione non poco ostacolata dalla mascherina che era costretta ad indossare per respirare.

I suoi occhi un tempo splendevano del mio stesso azzurro, colore che ricorda vagamente la superficie limpida e cristallina dell'oceano che, scontrandosi con i riflessi solari, genera un magnifico gioco di luci brillanti. Tuttavia, nel caso di mia madre, la luce aveva smesso di investire questo mare già da un po'. Il colore della sua iride era infatti spento, così come tutto il suo viso, estenuato dalla chemioterapia.

«Avevo intenzione di dartelo in quel-». Colpo di tosse; il beep dell'elettrocardiografo. «in quell'occasione, ma...»

Questa volta non fu l'aria che era costretta ad espellere dalla faringe a bloccarla. Si interruppe da sola, come se avesse paura a pronunciare quelle parole ad alta voce, come se questa azione rappresentasse la prova concreta e definitiva che tutto ciò che stavamo vivendo era reale, non era soltanto un brutto incubo dal quale ci saremmo risvegliate sudate e con il respiro affannato. O forse non voleva dirlo per non farmi soffrire più del dovuto, forse non voleva dirlo perché lei stessa continuava a sperare fino in fondo di poter sopravvivere nonostante i suoi polmoni fossero ormai ridotti a cenere, forse non voleva dirlo perché avrebbe fatto troppo male a entrambe ammetterlo chiaramente.

Annuii, afferrando immediatamente quello a cui lei alludesse. Ero piccola, ma certe cose imparai a capirle o, quanto meno, a intuirle senza che nessuno mi spiegasse niente. Anche volendo, mia madre era l'unica persona che si era sempre dimostrata disponibile ad assecondare la mia curiosità, e proprio questa persona era ormai sull'orlo del baratro e mi stava per abbandonare.

Da quel momento in avanti, mi ritrovai ad affrontare la vita senza che nessuno mi agevolasse con i propri consigli, con le proprie esperienze.

Il compleanno, quell'anno, lo festeggiai da sola, proprio come mia madre aveva predetto. Lei morì infatti solo tre giorni dopo avermi regalato la collana mentre le stringevo la mano.

Un secondo prima, tossiva; il secondo dopo, silenzio.

Un secondo prima, il beep dell'elettrocardiografo  riempiva l'aria; il secondo dopo, un angoscioso segnale acustico rivelò l'interruzione dell'attività meccanica del cuore.

Un secondo prima, il mio cuore batteva all'unisono assieme a quello di mia madre; il secondo dopo, l'ho percepito morire, assieme al suo.

***

Spazio d'autrice

Ciao a tutti, mi chiamo Martina e questa è la prima storia che pubblico qua su Wattpad. Non pensavo che avrei mai avuto il coraggio di farlo, ma eccoci qua 🐝
Spero che la storia vi possa piacere, accorgimenti/consigli sono sempre ben accetti. Buona lettura ❤️❤️

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