Capitolo 29

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Ha i capelli un po' più corti rispetto a come li aveva due anni fa. All'epoca se li era lasciati crescere, diceva che voleva provare un nuovo stile.

Adesso quelle lunghe ciocche castane non ci sono più. Sono state tagliate, tornando alla stessa lunghezza dei primi giorni in cui ci siamo conosciuti, in un taglio rasato ai lati e più folto al centro. Per il resto non era cambiato di una virgola: i grandi e rotondi occhi verdi che mi penetrano come erano soliti fare anni fa, il naso dritto e dalla punta leggermente all'insù con qualche lentiggine dipintavi sopra, le fini labbra rosee incurvate in un sorriso insinuante consapevole dell'effetto che ha provocato la sua improvvisa apparizione.

«Ehi.»

No, nessun ehi. Che caspita ci faceva là? Doveva essersi trasferito a Los Angeles, avendo vinto la borsa di studio che gli ha permesso l'accesso a uno dei più prestigiosi college di tutta la California. Quindi per quale assurdo motivo adesso è là, davanti a me, a guardarmi come se sapesse che da quel bagno sarei uscita proprio io?

«Io e te non abbiamo niente da dirci» sputo acida, distogliendo lo sguardo da quella faccia di cazzo. Mi avvicino a un lavandino per lavarmi le mani ignorandolo apertamente.

«E dai, è da un po' che non ci vediamo. Non ti sono mancato?» cerca di proseguire con tono ironico, ma se pensa che stia al suo gioco si sbaglia di grosso.

«Manco per il cazzo.» Metto le mani sotto l'asciugamano elettrico per asciugarle alla meno peggio e allontanarmi il prima possibile.

«Non ti ricordavo così acida.»

Non gli rispondo. Deve aver battuto la testa da qualche parte dimenticando il motivo per cui l'ho lasciato. Non c'è altra spiegazione, non penso sia così facile dimenticare le sei ragazze con cui mi ha tradita.

A lui, però, questo mio silenzio non sembra andare bene. «Senti, sono stato una testa di cazzo e lo ammetto, riconosco i miei errori» un secondo di silenzio, «Ma sono passati anni. Sono cresciuto e maturato, quindi credo che dovremmo lasciarci alle spalle il passato e guardare al futuro. Che dici se ti offro un drink e parliamo come due persone civili? Ho così tante cose da raccontarti.»

Parla come se fossimo due migliori amici che hanno litigato per un futile motivo e cercano adesso di riconciliarsi per aggiornarsi sulle ultime novità.

Non sono una che solitamente porta rancore, ma non posso dimenticare tutta quella sofferenza che mi ha inflitto quando ho scoperto da altre persone - nemmeno dal mio stesso "fidanzato", precisiamo - dell'infinita quantità di corna che mi ha messo. All'epoca ero troppo ingenua per accorgermene, ero accecata dal mio "primo amore" verso il quale provavo un affetto così intenso da risultare proporzionato al dolore che ho avvertito quando la verità mi è stata spiattellata in faccia.

Lo guardo di traverso senza nascondere l'odio che provo. «Risparmiami le tue inutili frasette già fatte. Per me sei un uomo morto da quando ho scoperto tutto.»

Nathan sospira frustrato, tirandosi i capelli per dietro. «Kaylee, ti ho già detto che mi dispiace. Sono stato un coglione e so che non posso fare niente per cancellare quello che è successo.»

«Allora che vuoi da me?» incrocio le braccia mentre picchietto il piede contro il pavimento, impaziente di filarmela.

«Resto qua solo due settimane, sono venuto solo per il matrimonio di mia cugina. Ti ricordi di Keira?»

Sbuffo mentalmente. Come dimenticarla, quella stessa cugina a cui stavo palesemente sulle palle, motivo per il quale ha deciso di buttarmi un bicchiere di coca-cola addosso la sera in cui casualmente ci siamo ritrovate a indossare lo stesso vestito durante una cena fuori con i parenti di Nathan.

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