Capitolo 6

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Non so quanto tempo sia passato, se minuti, giorno o addirittura mesi. Probabilmente solo secondi, ma che a me sono apparsi un'infinità come mai prima d'ora. I miei occhi azzurri, talmente spalancati da temere che mi escano addirittura fuori dalle orbite, fanno concorrenza a quel paio color nocciola che sta ricambiando il mio sguardo, sconvolto.

Il mio braccio è ancora teso per aria, pronto a bastonare colui che si era introdotto in casa ma che ha avuto i riflessi abbastanza rapiti da bloccare il mio movimento per tempo.

«C-che» cerco di formulare una frase sistemando delle parole che, tuttavia, inciampano tra loro. Non so esattamente chi mi aspettavo di trovare, ma di certo non avrei mai pensato a Ryan. Deglutisco. «C-che ci f-fai tu qui?»

Le sue labbra, schiuse per lo stupore, si serrano all'istante, accompagnate dal movimento della mascella. «Cosa ci faccio io? Cosa ci fai tu, piuttosto, dato che questa è casa mia!»

Per un attimo mi dimentico persino come mi chiamo.

«Casa tua? Ma di cosa stai par-» ma vengo bloccata dal sopraggiungere di una serie di piccoli passi e una voce da bambino.

«Non c'è nessun mostro in giardino. Tu hai trovato qualcosa?» Helia mi raggiunge in poco tempo, arrestandosi non appena nota le nostre posizioni. Solo a quel punto io e Ryan sciogliamo entrambi la presa dalla scopa, che sbatte sonoramente per terra. Lo sguardo del piccolo si fa confuso, e mentre indica Ryan fa: «Il mostro invisibile è Ryan?»

«Come lo conosci?» indago, non capendoci più niente.

«È il mio fratellone.»

Sono tentata dal mordermi la mano e sperare di risvegliarmi da quest'incubo.

«T-tuo f-frat-fratello...» Il mio viso, prima rivolto verso il basso in direzione di Helia, ruota lentamente verso il suo consanguineo che sta cercando mentalmente di mettere insieme i pezzi del puzzle. Immagino che nemmeno lui ci stia capendo più niente. «Ma tua mamma non mi ha mai detto che hai un fratello» mormoro quasi tra me e me. Solo a quel punto scorgo il viso di Ryan che si rabbuia, come se a lui adesso la situazione si sia fatta molto più chiara.

«Fuori di qui» ordina bruscamente senza preavviso.

«Cosa?»

«Ho detto fuori da casa mia». Il suo tono intransigente si è fatto più minaccioso e duro.

«Ma sono la sua babys-» ma non mi permette di terminare.

«Non me ne fotte un cazzo di chi sei. Fuori da casa mia! Adesso!» Sta urlando talmente forte da costringermi ad arretrare di un passo, intimorita. Lui sembra notarlo. «Non lo ripeterò due volte» pronuncia adesso con una calma che fa da maschera a una minaccia.

Mi accovaccio raggiungendo l'altezza di Helia. «Senti piccolo, io adesso devo andare, va bene? Ci rivedremo presto.» O almeno spero.

Non attendo una risposta di Helia per sollevarmi e girare i tacchi. Non mi preoccupo nemmeno dello stipendio mai ricevuto. In questo momento, vorrei solo non mettere più piede in questa casa.

Quasi corro via lungo il vialetto e mi dirigo a passo spedito verso casa senza attendere un possibile taxi o autobus. Ho bisogno di camminare, di sbollire tutto quell'uragano di emozioni intense che mi hanno mandato in fumo il cervello. Sono così stravolta dai miei pensieri da non rendermi nemmeno conto della pioggia che aveva preso a cadere furiosa contro le persone, costringendomi a correre sebbene, in tutta onestà, non mi dispiaccia.

La pioggia scivola delicata lungo il mio corpo, lasciandosi dietro scie bagnate che vorrei trascinassero via quella confusione che domina nella mia testa. La paura causata da quei rumori sconosciuti, l'ansia nel sapere che qualcuno si era introdotto in casa, la sorpresa nel realizzare si chi si è trattato e il nervosismo dovuto alla maleducazione di Ryan e alle sue parole strafottenti alimentano i battiti del mio cuore all'impazzata e l'adrenalina circola veloce nel mio corpo. Se solo non si trattasse di emozioni sgradevoli, quasi apprezzerei questo stato d'animo.

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