Capitolo 26

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Ryan's pov

Scatto rapido tra i coni posizionati a cinque metri di distanza tra loro. Zigzago tra gli ostacoli cambiando rapidamente direzione, seguendo movimenti costanti e decisi. Dopo aver terminato tre serie di drills a zigzag proseguo nel mio riscaldamento aggiungendo un altro giro di campo a ritmo moderato.

«Ehi amico.» Qualcuno mi affianca, correndo al mio passo. È Dave. I colori oro e blu reale della maglia della squadra si alternano in righe che si susseguono tra loro tappezzando la faccia anteriore della maglietta; sul retro, il numero per identificare il giocatore: Dave è il numero 4; io il 10.

«Ehi» ricambio il mio saluto con un cenno di testa per poi tornare a guardare dritto di fronte a me.

«Com'è?»

«Tutto okay, tu?»

«A posto.»

«Menomale,» percorro l'angolo del campo, «che ti serve?» Conosco abbastanza bene il mio amico da poter affermare che, se mi ha raggiunto, è perché mi sta per chiedere qualcosa.

Lui non risponde subito. Accelera un po', quanto basta affinché si possa piazzare più o meno di fronte a me e proseguire nella sua corsa, questa volta all'indietro. «Quella tua amica dell'altro giorno, sai se è fidanzata?»

Inarco le sopracciglia. Io non ho amiche. L'amicizia tra maschio e femmina non esiste. Se una qualsiasi ragazza provasse a chiedere al suo "amico del cuore" di scopare, lui non perderebbe tempo ad accettare. È una regola non scritta. Be', certo, a patto che l'altro non sia dell'altra sponda.

«Io non ho amiche.»

«So che te la sei scopata, ho detto "amica" tanto per dire» sbuffa lui mentre si gira e torna ad affiancarmi. «Non mi ricordo come si chiama. Era con te la scorsa settimana sugli spalti.»

Ripercorro mentalmente i giorni precedenti.«Kaylee?»

«Se è riccia e figa si, è lei.»

«Riccia lo è.» E figa pure, ma qualcosa mi blocca dall'ammetterlo apertamente.

«Ero troppo concentrato a guardarle il culo per ricordarmi il suo nome.» Dave la butta sul ridere ma non riesco nemmeno a fingere una risata. Il commento non mi ha divertito.

Poi, ripenso alle parole che il mio amico ha detto poc'anzi. «Non me la sono scopata comunque.»

«Impossibile» lui si blocca all'istante, come se avessi appena detto l'idiozia più grande dell'universo. Mi fermo a mia volta, voltandomi verso di lui. «Esistono quindi ragazze che non ti sei fatto? Non ci credo.»

«Che coglione» rispondo abbozzando un sorriso, per poi riprendere il mio riscaldamento con quella corsetta interrotta. Dopo qualche secondo Dave è di nuovo accanto a me.

«Non te l'ha data vero? Non vedo altra spiegazione. Se mi dici che non ti piace annuncio a tutti che sei gay, sappilo.»

La mia mente torna immediatamente allo scorso sabato e a quei minuti vissuti nel corridoio di casa mia, dopo che Kaylee ha accidentalmente aperto la porta del bagno mentre mi stavo cambiando. Ammetto che, per un millesimo di secondo, mi è balzata in mente l'idea di strapparle i vestiti e scoparla in una stanza qualsiasi, con gli invitati al piano di sotto ignari di quello che stava accadendo. Il suo sguardo non sembrava poi implorare diversamente, anzi in essi bruciava la stessa scintilla che ardeva nei miei... e, strano ma vero, non si trattava di odio. Mia madre però, con il suo tempismo straordinario, ha scoppiato quella bolla erotica in cui ci stavamo per rinchiudere, obbligandomi a scendere di sotto e a combattere con un'erezione che non aveva intenzione di ridimensionarsi, dettaglio di non poco conto dato che stavo indossando una fottutissima tuta aderente a una festa per bambini.

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