Capitolo 32

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Ho le mani che tremano, le gambe che tremano, le braccia che tremano, il cuore che trema. Sono un tremolio vivente. Mi tremano persino le palpebre che fatico ad alzare.

Non voglio nemmeno immaginare quanta adrenalina io abbia in circolo, ma capisco che è tanto quanto basta da non permettermi nemmeno di sollevarmi da questo sedile di merda.

«Kaylee? Tutto okay?» si accerta Rachel quando si alza dal suo posto, dopo aver disincastrato la barra di sicurezza. Tutti si sgranchiscono le ossa e esclamano commenti eccitati su quanto fosse stato figo salire su questa giostra. Per me non è stato figo per niente.

La mia amica deve aver notato che c'è qualcosa che non va in me, non so se l'ha dedotto dal fatto che il mio colorito può fare concorrenza a quello di un cadavere, oppure dagli occhi sgranati, o ancora perché sono l'unica rimasta seduta e non ho ancora fiatato.

Sento gli sguardi di tutti puntati contro, ma io presto la mia attenzione ai battiti di un cuore che sembra mi stia uscendo dal petto. Cerco di parlare ma pure il labbro prende a tremare. Sono piuttosto sicura di essere svenuta per qualche secondo durante una delle inversioni della giostra, in cui mi sono ritrovata a testa sotto e piedi all'aria.

«S-si» è l'unica cosa che riesco a dire, e non mi riesce nemmeno bene. Sento che la pressione mi è salita alle stelle.

«No che non è tutto okay» sospira Ryan frustrato con un tono che ha tutta l'aria di un "Te l'avevo detto". Sblocca la cintura al posto mio e porta un braccio intorno alle mie spalle mentre cerca di rimettermi in piedi facendo leva. Riesce a sollevarmi con solo la sua forza dato che la mia non so che fine abbia fatto.

Avanzo di qualche passo, il minimo indispensabile per uscire dal vagone e far spazio alle altre persone che vogliono salire. Osservo le mie gambe tremare, nemmeno dopo la scopata migliore della mia vita mi sono ridotta così.

«Non è che svieni?!» si allarma Taylor guardandomi preoccupata, ma la sua domanda è più rivolta agli altri che a me.

«Spero di no. Avete acqua?» Erica passa una mano sulla mia fronte sudata nonostante il vento che mi sfrecciava contro a non quanti chilometri orari fino a poco prima. Nessuno annuisce.

«Cazzo, ce la fai a scendere?» mi domanda, riferendosi alle scale che dobbiamo percorrere per scendere dalla pedana. Credo che se ci provassi affidandomi ai miei muscoli mi troverei col culo per terra. Mi sto tutt'ora aggrappando al fianco di Ryan contro il quale lui mi tiene stretta, sorreggendomi, e il fatto che io non stia protestando o non mi stia allontanando la dice lunga sulle mie condizioni.

«Ci provo» rispondo flebilmente, riprendendo un po' di fiato. Mentre salivamo la prima ripida collina, la nausea ha iniziato a serpeggiare nel mio stomaco e mi è sembrato che il tempo avesse iniziato a rallentare secondo dopo secondo fino a fermarsi del tutto nel momento in cui, raggiunta la cima, ho avuto la brillante idea di guardare giù. Le mie mani si sono strette convulsamente alla barra mentre i palmi sudati hanno preso lentamente a scivolare. Poi... la discesa: il vagone si è lanciato in picchiata e mi sono sentita come se il mio stomaco avesse ceduto il proprio posto a una sensazione di caduta libera che mi ha tolto completamente il respiro. La testa girava in modo vertiginoso, ogni curva e ogni inversione erano un assalto ai miei sensi, un miscuglio di terrore e disorientamento. Le mie orecchie ronzavano, il battito del mio cuore era tutto ciò che riuscivo a sentire oltre il frastuono delle rotaie. Mi sono aggrappata più forte, chiudendo gli occhi nel tentativo disperato di sfuggire alla vertigine che mi avvolgeva. Ma anche con gli occhi chiusi il movimento era inarrestabile, un tumulto incessante che sembrava non avere fine.

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