Capitolo 17

145 9 0
                                    

Kaylee's pov

Se i miei pensieri potessero concretizzarsi, assumerebbero la forma di una grande nube nera che aleggia intorno a me. Ho trascorso tutta la domenica pomeriggio a incolparmi per la poca attenzione prestata nei confronti dell'unico ricordo concreto che ho di mia madre. Avevo perso la sua collana, quella collana che mi regalò prima di morire e che rappresentava la chiave d'accesso al mondo d'infanzia in cui mi rifugio dallo schifo del presente.

Perdendo quella, ho perso l'unica parte di me che amo, la parte migliore di me.

Mi trascino quindi come una ameba verso l'aula di chimica. Ho persino rifiutato il passaggio di Rachel questa mattina, sentendo il bisogno di cullarmi nel silenzio del senso di colpa. Allo stesso modo, ieri non ho risposto a nessuna chiamata e a nessun messaggio.

Lo sto facendo di nuovo: mi sto richiudendo nel mio piccolo mondo soffocante e angusto escludendo chi mi sta intorno. Ma fingere di stare bene, mascherare la vera sofferenza in situazioni come queste mi risulta più difficile del solito e allontanarmi - per il momento - da chi mi conosce bene mi sembra la soluzione più rapida e accessibile.

Fortunatamente, il progetto laboratoristico di chimica è slittato di una settimana: il blackout dell'ultima volta ha costretto tutti gli studenti a rimandare il lavoro, anche a causa di alcune filtrazioni di acqua piovana che si sono verificate nel laboratorio.

Arrivo così in aula e mi accomodo in qualche fila più in alto, lontana da occhi curiosi e indiscreti che potrebbero disturbarmi.

«Questo è il mio posto.» Come non detto.

Inspiro profondamente cercando di trattenere l'urlo che spinge contro le labbra per manifestarsi in tutta la sua frustrazione. Ryan è l'ultima persona con cui voglio avere a che fare, adesso.

Mi volto lentamente mentre traggo un bel respiro profondo che fa gonfiare il mio petto. «Non mi sembra ci sia scritto il tuo nome da qualche parte.» Sollevo il volto verso il suo, che invece mi osserva indifferente dall'alto.

«Di solito mi siedo qua, quindi solleva il tuo culo e fai spazio.»

Kaylee, no alla violenza. Ricordatelo.

«Ci sono un'infinità di posti liberi. Perché non cambi per una volta?»

«Perché non ti sposti tu invece?»

Dio, lo odio. «Ryan, proprio oggi non sono in vena di litigare quindi, per favore, lasciami in pace» getto le armi con fare arreso e torno a guardare dritto di fronte a me.

Sento un rumore provenire dalla mia sinistra a causa di un movimento che non identifico, rumore che poco dopo viene sostituito dai passi di Ryan che si fanno sempre più distanti, segno che si sta allontanando. Lo vedo infine sistemarsi qualche fila più avanti della mia.

Serro gli occhi cercando di trattenere le lacrime che sono riuscita a non lasciar fuggire via in questi giorni, reprimendole seppur con qualche fatica. Solo le bambine piangono.

Poi, con la coda dell'occhio, qualcosa giacente sulla superficie del banco attira la mia attenzione: qualcosa di piccolo, di sottile, di dorato... Il mio cuore perde un battito. Prendo quello che sembra il regalo di mia madre giacere sul banco e, quando riconosco il ciondolo, una lacrima ribelle sfugge al mio controllo. Scivola lungo la mia guancia fino a gocciolare sul dorso della mia mano, nella quale stringo gelosamente la mia collana.

Ce l'avevo ancora. Non l'avevo persa.

Asciugo la scia bagnata che marca la guancia prima che qualcuno se ne possa accorgere. Sollevo il viso verso di lui, verso l'unica persona che può avermela riportata indietro appoggiandola su questo banco. E' stato Ryan, la persona che meno sopporto mi ha restituito il regalo più prezioso che mi sia mai stato fatto.

AliveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora