Capitolo 13

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Sono tutti giù.
Per quanto abbia cercato di fare il prima possibile, come immaginavo alla fine mi sono ritrovata ad essere l'ultima.

Finisco di allacciare i tacchi alla schiava e do un'ultima occhiata al mio riflesso. L'abito aderente nero che indosso arriva qualche centimetro sotto il sedere e lascia la schiena scoperta, mentre anteriormente il vestito si dirama in due fasce larghe allacciate dietro il collo che si incrociano per reggere i seni.
Non sono del tutto convinta, ma non ho più tempo per pensarci.

Poi, qualcuno bussa alla porta.
«Si, sto arrivando!» esclamo recuperando di fretta la borsetta a tracolla che avevo poggiato poco prima sul letto.

«Sono io, tranquilla» mi assicura la voce di Erica prima di aprire la porta. La mia amica aveva raccolto le lunghe treccine in una coda alta che le conferiva un aspetto mozzafiato.

«Ma sei bellissima» ammette quando mi vede. Si avvicina poi alla sua scrivania e prende un profumo che si spruzza in modo indefinito addosso. «Mi ero dimenticata di questo» mi dice, prima di spruzzare un po' della fragranza anche su di me.

«Perché hai quel faccino?» domanda afferrandomi le guance tra i suoi palmi caldi, notando la mia espressione.

«Che faccino?»

«Il faccino che dice "non mi piaccio proprio".»

Mi svincolo dalla sua presa e mi osservo di nuovo allo specchio. «Non so, c'è qualcosa che non mi convince.»

«A me sai cosa non convince?» Faccio cenno di no con la testa. «La tua vista. Dovresti provare a usare gli occhiali. Sei una dea, parola di Erica.» Le rivolgo un sorriso grato e sincero. «Anche tu.» Poi mi scocca un bacio sulla guancia e stringe la mia mano. «Ora andiamo prima che i ragazzi ci lascino a piedi.»

«I ragazzi?» indago confusa. «Pensavo andassimo con la macchina di Taylor.»

«All'inizio si» spegne la luce della sua stanza e avanziamo lungo il corridoio, mentre un vociferare acceso si fa man mano più vicino.
«Poi però ho convinto Jason ad andare con due macchine e a dare un passaggio pure a noi» ammicca prima di iniziare a scendere le scale.

«Signori, sono arrivate le dive!» afferma sollevando le braccia verso l'alto, con ancora le mie dita strette tra le sue, mentre prosegue scalino dopo scalino facendo ondeggiare i fianchi.
Sono tutti in prossimità dell'uscita: Taylor e Rachel discutono tra loro, allo stesso modo i ragazzi. Quando Erica richiama la loro attenzione tutti puntano lo sguardo verso di noi. E quando dico tutti, intendo anche Ryan, che fa cadere lo sguardo direttamente su di me come se fosse un magnete attratto da un altro metallo. Incrocio volutamente i suoi occhi, i quali non si fanno scrupoli a squadrami dalla testa ai piedi senza alcun ritegno.

«Era ora. Vi stavo lasciando qua» risponde Ethan estraendo le chiavi della macchina e varcando la soglia di casa per primo. Lo seguiamo tutti a ruota nel giardino dove troviamo una serie di macchine diverse posteggiate. Io, Erica, Taylor e Rachel seguiamo i passi di Ethan, mentre Ryan e Mason vanno con Jason.

«Scelgo io la musica!» ci riferisce Taylor catapultandosi nel sedile del passeggero, di fianco al guidatore.

«Attenta a quello che devi mettere» la ammonisce Ethan, ma invano.
Ben presto, ritroviamo infatti a sfrecciare per la strada, io e le altre a cantare a squarciagola Bang Bang con i finestrini abbassati mentre Ethan si sorregge la testa in un gesto disperato, col braccio sinistro poggiato sul bordo del finestrino.
«Salvatemi, vi prego» implora lui quando, ad un semaforo, veniamo affiancati dalla macchina di Jason.

«Peggio per te che hai accettato di dare loro un passaggio» dice di tutta risposta Ryan indicandoci con un gesto di testa. Poi scatta il verde del semaforo e non appena il mio amico preme l'acceleratore, mi sporgo con il busto al di fuori del finestrino e rivolgo il dito medio ai ragazzi. O meglio, solo a Ryan, ma è impossibile per loro constatarlo.

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