Capitolo 31

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«Ma sei andata a ballare stanotte?» indaga Ethan dopo il mio ennesimo sbadiglio. Il tintinnio del campanellino sopra la porta si diffonde nel bar, sovrastando il frenetico vociare degli studenti.

«Non proprio.»

Ci avviciniamo al bancone al livello del quale veniamo serviti da Margaret, che ci accoglie con un caloroso saluto. «Il solito?» si accerta e noi confermiamo.

Mi appoggio con la schiena contro la superficie del banco bar, gettando la testa all'indietro mentre aspetto il mio amato caffè.

«Ti vedo distrutta. Eri di turno?»

Annuisco. «Non so perché ma Helia non riusciva a dormire. Gli ho dovuto cantare una ninnananna mentre ci guardavamo i cartoni.»

«Dopo quanto si è addormentato?»

Faccio mente locale. «In realtà non dopo molto tempo. Io mi sono addormentata appresso a lui, solo che ho dormito male.» Mi massaggio il collo mentre mi guardo intorno.  Sono solo le nove del mattino ma il bar del college è gremito di ragazzi che, nonostante l'orario, sembrano avere tanto fiato a cui dare voce. Li invidio, io la mattina è tanto se trovo la forza di aprire gli occhi, cosa è accaduta specialmente oggi. Anche questa notte si sono ripresentati quegli incubi che ultimamente sono tornati a farmi visita e che oggi si sono mostrati rispolverando i ricordi che ho del giorno in cui mia madre è morta. Ho rimosso molti dettagli di quel trauma, ma quelli che sono rimasti ancorati alla mia mente non mi hanno risparmiato da una dormita inquieta. Il sogno era così vivido da sembrare reale, appariva come se stessi vivendo realmente quegli istanti di pura agonia: l'attimo in cui mi svegliai di soprassalto quando sentii il suono piatto e continuo emesso dall'elettrocardiografo che annunciava l'arresto cardiaco, l'orario del decesso segnato sull'orologio appeso al muro, l'irruzione degli infermieri nella stanza... ho trovato un po' di pace solo quando nel sogno è apparsa l'infermiera che, quel giorno, mi prese in braccio e iniziò a cullarmi fino a farmi addormentare, con tutte le forze ormai prosciugate dal dolore. Il suo calore sembrava reale, come se qualcuno mi stesse abbracciando davvero, e grazie a questo conforto sono riuscita a non sprofondare completamente nel baratro di quella malinconia che mi porto dietro ogni volta faccio incubi del genere.

Ricordo poco di quell'infermiera, che oserei definire il mio angelo custode. Mi ha lasciato solo quando mio padre è corso in ospedale e da quel momento non l'ho più vista. Di lei mi resta solo il ricordo di una donna alta, con dei folti ricci scuri che si è premurata di restare accanto a una bambina di dodici anni nel giorno più brutto della sua vita, regalandole quella consolazione che le è stata negata negli anni a seguire, specialmente dall'unica persona in famiglia che le è rimasta e a cui può far affidamento: mio padre.

Non ringrazierò mai abbastanza quella donna.

A parte questo, ieri sera ho fatto da babysitter a un Helia che si è dimostrato più vivace del previsto. Non voleva andare a dormire, insisteva di voler continuare a giocare e anche quando mi ero convinta di aver messo a tacere le sue richieste rimboccandogli le coperte e augurandogli la buonanotte, ecco che me lo ritrovo lì, in tutta la sua piccolezza, sulla soglia della mia camera a chiedermi se potevamo guardare dei cartoni animati in quanto non sembrava riuscire a prendere sonno. E così mi sono munita di tanta pazienta, ho cacciato via la stanchezza e gli ho fatto compagnia per una buona mezz'ora mentre gli sussurravo una ninnananna e gli accarezzavo i capelli nella speranza farlo addormentare. In realtà non ricordo il momento esatto in cui è caduto tra le braccia di Morfeo, probabilmente ero talmente stanca che siamo crollati insieme... sul divano. Come è possibile che mi sia risvegliata in camera mia?

Aggrotto la fronte. Magari Helia si è svegliato ed è tornato in camera sua da sé, ma io? Non ricordo di essermi svegliata ed essermi spostata nel mio letto.

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