Capitolo 9

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Questa notte non ho chiuso occhio. Ho trascorso le restanti ore che mi separavano dal suono della sveglia a fissare un soffitto nel cui angolo in alto a destra una piccola crepa dello stucco si dirama per pochi centimetri. La mia mente era troppo impegnata a rivivere gli attimi che hanno spazzato via ogni accenno di sonno. Ho percorso e ripercorso quella mezz'ora trascorsa appresso a Ryan, e in nessuna di queste infinite volte sono mai riuscita a giungere a una conclusione sensata che spiegasse i suoi comportamenti. Un secondo prima mi allontana aspramente come al suo solito, un secondo dopo implora il mio aiuto e un secondo dopo ancora ammette che sono bellissima. Sapevo che l'alcol avesse effetti collaterali se assunto in quantità eccessive, ma non pensavo che tra esse rientrasse l'essere lunatico.

Alla fine decido di dar pace al mio cervello e alzarmi dal letto per prepararmi, anticipando il risveglio dei due fratelli. Come al solito, raccolgo i miei ricci in uno chignon alto, mi trucco quel che basta per dare colore al mio viso pallido e marcato dall'assenza di sonno e infine indosso i vestiti che mi ero portata come cambio: dei semplici jeans e una maglietta bianca over-size con una piccola scritta nera all'altezza del seno. Conservo tutte le mie cose nello zaino e scendo al piano di sotto, illuminato dalle prime luci del mattino.

Accendo la macchinetta del caffè per ricaricare le mie pile e vado alla ricerca di una tazza disponile. Alla fine ne scelgo una completamente bianca con una scritta gialla in spagnolo. Proprio in questo istante, la porta d'ingresso si apre e Christine fa il suo ritorno a casa.

«Buongiorno Kaylee, già sveglia a quest'ora? Spero tu abbia dormito bene.»

«Oh si, assolutamente.» Spero che il naso non si stia allungando.

«Ne sono felice. Helia ha dato problemi? Di solito la notte dorme come un angioletto.»

«Così è stato infatti, non l'ho sentito completamente» la informo con un sorriso rassicurante. "Quello che ha creato problemi è stato il fratello" avrei voluto dire, ma evito.

«Menomale. Adesso perdonami se non ti faccio compagnia ma sono distrutta, in questo momento vorrei solo dormire» confessa massaggiandosi la nuca con una mano.

«Non lo devi neanche dire. Buon riposo Christine.»

«Ti ringrazio cara. Ho lasciato la paga sul solito mobile all'ingresso.» Questa è l'ultima frase che pronuncia prima di sparire, lasciandomi sola con la mia tazza fumante di caffè, di cui assaporo il profumo mischiato alle note di rugiada ed erba bagnata che la leggera pioggia notturna ha lasciato dietro di sé, concedendola al mattino.
Mi lascio cullare dalla placida quiete delle prime ore della giornata, addolcita dal cinguettare dei passeri e dal sussurro del vento che si fa spazio tra le foglie degli alberi che ondeggiano silenziosi.

«Sei entrata in camera mia, ieri sera?!»

Che illusa. Dimenticavo di trovarmi in casa Clarke, dove il termine "pace" non esiste.

«Buongiorno anche a te» rispondo di getto in uno sbadiglio, ingoiando un sorso di caffè senza smettere di osservare il mondo che si estende al di là della finestra della cucina.

«Ti ho fatto una domanda» ringhia piazzandosi in mezzo al mio campo visivo, oscurandomi così la vista del cielo terso e limpido fatta eccezione per qualche nuvola grigia. Inspiro socchiudendo appena gli occhi che poi sollevo verso di lui. «Ti stavo aiutando, nel caso in cui non te lo ricordassi.»

«Non ho mai chiesto il tuo aiuto» sbotta furioso, sentendo la propria privacy invasa.

«In realtà» mi metto in piedi strisciando via la sedia contro il pavimento, producendo un rumore stridulo, «è stato proprio quello che hai fatto, ma non mi stupisco che tu non te lo ricorda...» Mi avvicino di un passo verso di lui, il minimo indispensabile da permettermi di mettermi in punta di piedi e sfiorargli l'orecchio con le labbra. «Eri ubriaco da fare schifo.»

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