«Sono carichissima Lee!» e queste parole mi riempiono di gioia. Mi trovo da sola, in piena sera, su un autobus che mi avrebbe condotto fino a casa Clarke. A farmi compagnia, in compenso, sono le mie amiche dall'altra parte dello schermo, dirette verso la loro destinazione mentre Escapism di 070 Shake e Raye rimbomba dentro l'abitacolo dell'auto di Taylor.
«Mi raccomando Rachel, vietato pensare stasera» la ammonisco io, sentendo un peso in meno di fronte alla vista della mia migliore amica in un umore decisamente diverso rispetto a quello del giorno precedente.
«Gliel'abbiamo ripetuto fino alla morte, credo l'abbia capito!» mi informa Erica dopo essersi ripresa il telefono di cui la mora si era impossessata. Il suo naso a patata e le labbra carnose occupano interamente il primo piano della videochiamata, avendo avvicinato il telefono alla bocca per farsi sentire e sovrastare la musica.
«Ragazze vi devo salutare, sono arrivata!»
«Buona fortuna con quella peste.»
«Non è una peste, non toccatemi Helia» e, per finire, clicco la cornetta rossa terminando la chiamata.
Sono le otto di sera e, mentre suono il campanello, mi domando se la famiglia non stia cenando in questo momento. Alla fine, scopro che avevano appena terminato e Christine era pronta ad andarsene. Puntualizza le solite cose - ormai è di routine - e dopo aver salutato affettuosamente me e il figlio, vengo lasciata sola con la sua fotocopia in miniatura. Di Ryan, invece, nemmeno l'ombra, e questo non può che rassicurarmi.
La serata trascorre tranquilla. Ho potuto constatare che Helia non è un bambino con troppe pretese, fatta eccezione per la piscina, costantemente oggetto di sue richieste alle quali, però, sto imparando ad oppormi fermamente. Non mi lascerò più abbindolare da un po' di lacrime, soprattutto non dopo averne sfiorato le conseguenze.
Bastano solo un paio di ore prima che il piccolo Helia inizi a sbadigliare rivelando il suo sonno. In perfetto orario: Christine aveva imposto il coprifuoco alle dieci e mezza di sera.
Imbocco le coperte al bimbo e, dopo avergli dato la buonanotte, faccio per uscire dalla stanza, ma vengo richiamata. «La mamma mi dà sempre un bacio sulla fronte quando faccio la ninna.» Così torno subito sui miei passi. Gli scosto dalla fronte candida alcuni ciuffi biondi scompigliati per rivelare un lembo di pelle su cui appoggio le mie labbra abbandonando un dolce bacio. «Buonanotte Helia.»
Spengo la luce e chiudo, senza far rumore, la porta, sulla quale appoggio per qualche attimo la testa. Chiudo gli occhi e nel buio dell'oscurità vengono proiettate immagini di un passato gioioso e felice, in cui mia mamma esisteva ancora e mio padre mi amava, ancora. Riesco ancora ad assaporare il sapore dolce e malinconico delle fiabe che mia madre mi raccontava prima di andare a dormire, per poi sigillare il mio sonno con un bacio, anch'esso abbandonato sulla fronte. Stessa cosa faceva mio padre che, quando non lavorava, ci osservava con occhi apparentemente colmi di amore restando appoggiato allo stipite della porta. Un sogno destinato a svanire ben presto senza che io potessi rendermi conto che le labbra di mia madre non avrebbero più toccato la mia fronte e che non avrei più rivisto mio padre regalarmi uno sguardo tanto affettuoso e fiero.
Ricaccio indietro le lacrime che minacciano di cadere. No Kaylee. Tu non piangi. Solo le bambine piangono e tu non sei più una bambina... purtroppo.
Devo distrarmi in qualche modo.
Inizio a vagare per la casa con la sola luce del corridoio accesa. Osservo le porte che celano le stanze in cui è stato proibito che io entrassi: quella di Ryan e quella di Christine. Alla fine, decido di gettarmi di peso sul divano e stare al telefono in attesa che il sonno giungesse a farmi visita. Christine, prima di andarsene, mi ha mostrato la camera degli ospiti, e proprio in questa stanza avrei dormito io, questa notte. E' piuttosto spoglia e monotona, il bianco sporco delle pareti si riflette nel letto a una piazza e mezza e nell'armadio, mentre la scrivania fa da contrasto con il suo nero. Ma per dormire per una notte direi che non è male. Ho già sistemato il borsone contenente tutte le mie cose.
STAI LEGGENDO
Alive
RomanceKaylee Carter aveva solo dodici anni quando sua mamma venne a mancare. Da quel giorno niente fu più lo stesso, tutta la realtà a cui si era abituata si sgretolò in uno schiocco di dita. Sette anni dopo, Kaylee non è più la bambina vivace di un temp...