Per il resto tutto bene

Prologo - Un problema che sembrano due.

Avete idea di quanti brutti nomi esistano al mondo? Ce ne sono veramente troppi e alcuni, poi, sono addirittura più brutti di altri! Penserete che la soluzione sia semplicemente non metterli e quasi evitarli come la peste. Ma, udite bene, non è così: esiste gente che si diverte a segnare il destino, l'esistenza e la dignità di poveri individui - che, detto tra noi, non hanno fatto niente di male per meritarlo - chiamandoli proprio con quei nomi orridi. Ebbene, tali individui vivono una realtà parallela - perché inconsapevoli dell'entità del problema - con disinvoltura fino a quando al college non prendono coscienza del disagio a cui dovranno far fronte per l'eternità a causa degli sfottò - da condannare, ovviamente - da parte dei loro compagni. Dopo di che, le soluzioni sono tre: utilizzano diminutivi per sopperire alla vergogna; si arrendono all'evidenza e affrontano a muso duro la realtà; cambiano nome.

Secondo il mio modesto punto di vista, è una vera e propria cattiveria e andrebbe denunciata. I motivi sono i seguenti: se voi, genitori, non avevate voglia di procreare perché lo avete fatto? Io non credo sia giusto fargliela pagare nel modo più barbaro possibile, dopotutto non è colpa sua se è venuto al mondo; inoltre, il nome talvolta descrive perfettamente la persona che lo porta e in alcuni casi è angosciante sentirsi tanto nudi. Farei firmare una petizione contro i brutti nomi; se io fossi presidentessa di qualcosa, farei scolpire sui muri di ogni città il divieto di usarli.

Vi chiederete cosa c'entra tutto questo con la mia storia. E fate bene, perché è esattamente ciò che state pensando: non c'entra nulla. Mi sembrava solo giusto dirlo, difendere chi non ha voce e non sa come reagire difronte a tale disgrazia.

E, invece, avete idea di quante persone respirino al mondo? No? Ve lo dico io: troppe. Parliamo di 7,837 miliardi di anime vaganti in cerca di uno scopo che per non cedere a delle crisi di nervi epiche, danno capocciate agli spigoli dei tavoli, dei muri, ai sassi ripetutamente. E perciò tante, troppe di loro non hanno un cervello funzionante: è ammaccato. Poi, se oltre ad essere stupide hanno anche dei brutti nomi, beh, il problema è irrimediabile. Ora, però, bisogna fare una scrematura bella e buona di tutte queste anime. Vi chiederete come c'entra tutto questo con la mia storia e se anche non ve lo steste chiedendo, ve lo direi ugualmente. Ebbene, c'entra eccome. Perché non so voi, ma di queste 7,837 anime vaganti riesco a reggerne massimo tre - io non mi sono contata, non faccio parte del gruppo.

I motivi per i quali non mi sopporto sono qui accanto riportati: sono una persona estremamente altalenante, penso A ma faccio B ma dico C - non mi hanno ancora messo una camicia di forza, ma non escludo che i miei genitori o amici prima o poi lo faranno; sono bravissima a fare brutte figure ed a cadere da ferma, definirmi "disastro" è un eufemismo; sono convinta di non essere mai abbastanza in qualsiasi situazione, per nessuno. Esatto, sì, è difficile essere me.

Immagino il mio angelo custode steso a terra, disperato, con tanto di mani nei capelli, affogato nelle sue stesse lacrime. Con me ha fallito su tutti i fronti; essendone consapevole si è lasciato morire come segno di rivolta, preda di spasmi, tra stenti e privazioni. Affinché si sappia e lui sia di esempio all'altro che vorrebbe accogliermi sotto la sua ala protettiva. Al momento non penso di aver un angelo custode a disposizione. Quando c'era, mi andava tutto male; ora che ne sono sprovvista, ad occhio e croce morirò.

Forse anche voi avete la sindrome della crocerossina e leggendomi starete pensando ad un modo per aiutarmi. Beh, vi svelo un segreto: è impossibile. Non applicatevi troppo, non ponetevi degli interrogativi inutili, quesiti a cui neanch'io so rispondere perché non ha alcun senso.

Tornando alle 7,837 anime vaganti, ce n'è una in particolare che proprio non sopporto. Ma, mio malgrado, è anche l'unica di cui m'interessa. Per il resto però, tutto bene.

🌻

«Buongiorno!»

Ferma, dando le spalle alle porte ridondanti dell'azienda, lo guardo con occhi assottigliati e una voglia di andare dritta in curva più accentuata del solito. «Non mi sento di condividere, sai? Ma comunque, se pensi che lo sia davvero, buongiorno anche a te!»