34 - Confusione.

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«Sono incinta.»

Il mio cuore batte talmente forte che lo sento pulsare nelle orecchie, impedendomi di ascoltare ogni altro rumore presente in sala. Di confusione ce n'è tanta, ma la percepisco lontana da me. Come se fossi sott'acqua ed i rumori non mi riguardassero. Abbasso lo sguardo e lo porto su quello scioccato di Eda, poi mi sposto verso Leyla e lei non è scioccata tanto quanto gli altri. Sembra che sappia già, che non la stupisca la notizia. Un fiume di lacrime mi riga copiosamente il volto senza che realizzi in tempo, senza che trovi il modo di fermarle. Mi volto verso Can, e trovo subito il suo sguardo puntato su di me: è dispiaciuto e sconvolto allo stesso momento, come se lui fosse estraneo a tutto ciò. Poi, nessuno parla. Se i bambini non facessero un po' di confusione, sembrerebbe il deserto del Sahara, il nostro tavolo. Non uno che sorrida, non uno che si complimenti con loro.

«Tesoro, ti sei commossa!» Esclama Polen, con altrettanta finta commozione. Si volta verso di me e mi abbraccia, stringendomi forte. Can solleva lo sguardo e si passa le mani tra i capelli, sospirando.

«Sono davvero felice per voi,» mi stacco da lei e faccio per asciugarmi le lacrime, quando vedo che i segni del mascara si sono fatti più marcati lungo le mie guance. «Mi sa che devo andare a lavarmi il viso, sono tutta nera.»

Sorrido ad ognuno dei presenti e corro verso il bagno; non do a nessuno il tempo di proferire parola, poiché non sarei in grado di gestire la situazione. Attraverso la sala sbandando un po', dando anche qualche gomitata a destra e a manca; chiedo scusa, ma proseguo soprattutto quando sento le grida di Can perseguirmi. Io faccio finta di non sentirlo e non appena raggiungo la meta, m'infilo dentro. Il bagno delle donne e quello degli uomini sono accomunati da un'unica sala in cui trovo lavandini, un paio di poltrone su cui rilassarsi ed un tavolinetto da caffè sul quale trovo dei giornali di ogni tipo. È una grande botta di culo, questa: Can può tranquillamente entrare, non posso neanche impedirgli di farlo. Cerco di non pensarci, piuttosto mi concentro su una ragazza che ha appena finito di piangere e si appresta a sistemarsi per uscire dal bagno. La guardo con tenerezza, posso capirla. Prendo una salvietta umidificata e inizio a passarla sul mio viso, stando attenta a non togliere anche il resto del trucco.

«Secondo te sono presentabile? Si vede che ho pianto?» Frigna la ragazza, torturandosi le dita.

Mi volto verso lei e le sorrido. «Abbastanza. Non che tu debba vergognartene, comunque.»

Lei sorride amaramente, sedendosi sulla poltrona accanto al lavandino su cui sono poggiata io. E in nel tonfo sordo della poltrona, sbuffa sentitamente. «Penso sempre che gli altri siano disposti a fare ciò che io sarei disposta a fare per loro, e quando vedo che ciò non accade ci rimango male.»

«Anch'io qualche anno fa ero come te: davo il mio cento a tutti indistintamente e in cambio ricevevo il venti. Ne soffrivo, mi chiedevo dove sbagliassi e pensavo di essere io l'unica sbagliata. Col tempo, però, ho capito che non ero io il problema... ma loro.» Faccio spallucce, strofinando la salvietta sulla guancia. «Non devi sentirti in colpa di essere buona, di dare amore incondizionato alle persone a cui tieni. Devono sentirsi in colpa le persone a cui tieni, che ti fanno credere di tenerci di conseguenza e che non ti danno il giusto valore come dovrebbero.»

Tira su col naso facendo spallucce, ha la testa china verso il basso e gioca ancora con le sue stesse dita. «Hai ragione.»

Dopo aver controllato di avere il viso pulito per quanto possibile sia, butto la salvietta nel cestino ed avanzo verso la sua direzione sedendomi accanto a lei. «Non devi permettere a nessuno di farti star così, tesoro. Non dare a nessuno il potere di farti piangere.»

«Dovrei tornare al tavolo e lasciarlo?»

«Dipende, cos'ha fatto per meritare di essere lasciato?»

«Mi ha tradita,» porta il suo sguardo sofferente sul mio. «Nella nostra casa, nel nostro letto. Forse a tutti può succedere d'inciampare nella vita, chi è che non ha mai sbagliato? Chi può dire di non aver mai fatto soffrire qualcuno? Solo che non riesco a superarlo, ho paura che possa farlo di nuovo.»

Per il resto tutto beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora