46 - «Sei in cura presso qualcuno?»

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Punto di vista di Can.

«Siete liberi, ragazzi, potete andare.»

Aspettavo questo momento da quando abbiamo cominciato, se devo essere sincero. Mi piace il clima di quest'azienda, conosco Sevim da quando ero bambino e ci sono i miei amici con me. E c'è Elin, la donna che amo e che mi deve qualche spiegazione prima che rompa il camerino con un pugno. Ma devo condividere l'aria con Polen, che si è presentata con una pancia enorme e che mi lancia occhiate malefiche da quando è arrivata.

Quando scendiamo da questa specie di palco su cui ci hanno messi per prenderci le misure, mi appresto a raggiungere Elin. Qualcuno, però, mi afferra un polso e mi costringe a fermarmi. Chi può essere, se non lei? «Credo che tu debba darmi delle spiegazioni, Can.»

«Io?» Sollevo le sopracciglia, ridacchiando. «Hai una faccia di bronzo, Polen, davvero. Ma visto e considerato che sono una persona educata e corretta, ti darò le spiegazioni di cui necessiti. Io e Elin ci siamo fidanzati, abbiamo adottato un cane e stiamo convivendo. Non credo al tuo essere incinta e non credo a questa pancia; nel caso lo fossi davvero, invece, non credo sarebbe mio.»

Siamo appartati in un angolo della sala, mentre il resto dei presenti si appresta ad uscire dalla stanza. Le sarte mettono apposto i loro effetti personali sui carrelli, togliendo anche i vestiti; Elin e Leyla, invece, si occupano di sistemare alcuni fogli di cui non conosco la provenienza e si confrontano riguardo gli abiti che abbiamo indossato io e Polen, suppongo. Dal modo in cui Leyla gesticola ed indica qualcosa su quei fogli, credo proprio si tratti di lavoro.

Polen incrocia le braccia al petto, guardandomi come se volesse uccidermi adesso. I suoi occhi, di un verde scuro che non vedevo da tempo, hanno perso di luminosità ad ogni mia parola. «Ah, avrei dovuto immaginarlo che tra te e Elin ci fosse del tenero. Mi hai tradita, quindi, e non credi che in grembo abbia tuo figlio.»

Vorrei dirle che so che è una stronza, farla vergognare davanti a tutti e andarmene via. Però devo mantenere la calma, avendo già un progetto in mente che la riguarda. Dunque mi limito a sorridere amaramente, passandomi la mano sulla faccia come a voler togliermi di dosso la stanchezza. Devo resistere un altro po' di tempo, alla sfilata non manca molto. «Polen, non farmi essere ripetitivo. Non facciamo sesso da mesi e per quanto ne sappia, è impossibile ingravidare qualcuno con lo sguardo. Usando la logica...»

«Pensala come ti pare, mi hai stancata!» Fa spallucce, raccattando la sua borsa. «Non godrai di questa gioia, fatti tuoi.»

Dopo aver battuto un piede a terra, se ne va. Non ha saputo argomentare le sue ragioni e come volevasi dimostrare, avere un dialogo maturo con lei è impossibile. Ma poco m'importa. Prima il mio pensiero principale non era lei, figuriamoci ora che conosco la verità. Mi guardo intorno e noto che i nostri amici sono andati via, così come Leyla, la mia famiglia e Sevim. Quindi, mi avvicino a Elin. «Mi aiuti a togliere questo completo, per favore?»

«Certo,» annuisce, entrando insieme a me in camerino.

Chiudo la porta con un colpo secco e mi volto verso lei, lasciandola armeggiare sul mio corpo. I suoi movimenti sono lenti, precisi, per non rovinare il completo ancor prima che vada in scena.

«Posso chiederti se c'è stato qualcosa tra te e Osman che non mi hai detto, Elin?»

Lei inarca le sopracciglia, mostrando una tranquillità che un po' mi rasserena. «No, Can. Perché mi fai questa domanda? Come ti è venuto in mente.»

«Mi è venuto in mente vedendoti scherzare in modo poco opportuno con lui davanti a me, Elin. Sembro pazzo, forse? Se ti pongo una domanda simile, evidentemente ho i miei buoni motivi.»

Per il resto tutto beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora