38 - Un bacio improvviso.

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Punto di vista di Can.

Il sangue mi ribolle nelle vene. Serro le mascelle a più non posso e stringo le mani in due pugni, poggiati sulle mie gambe anziché sul volto di quello che credo sia l'ex di Elin. In primis, perché è l'ex di Elin e non avrebbe dovuto permettersi neanche di avvicinarsi a lei; in secondis, perché ancora una volta sarà motivo di rabbia per Elin. So che di lui non le interessa, ma di certo non le farà piacere sapere che scopa Polen da chissà quanto tempo. Ne rimarrà scossa, delusa, amareggiata e io farei di tutto perché ciò non accadesse.

Mi strapperei il cuore per lei. Dico davvero: se qualcuno mi chiedesse di amputarmi una gamba per dimostrarle il mio amore, io lo farei senza pensarci due volte. Le sue mani che accarezzano il mio petto, il suo profumo inebriante, le sue gambe che s'intrecciano alla mia vita, i suoi baci che mi mandano fuori di testa, la sua bocca candida e i suoi occhi che si mescolano nei miei. E un principio d'eccitazione attraversa tutto il mio corpo, facendomi rabbrividire. Emre, seduto ad un passo da me e proteso sulle mie spalle, sorride maliziosamente. «Elin ha fatto goal di nuovo e senza partecipare. Anche meglio di Ronaldo.»

So a cosa si sta riferendo; gli do una lieve gomitata. «Invece di pensare al mio c-» tossicchio ed in un attimo ricordo di essere in pubblico. Nonostante siano i miei amici, eviterei di gridare. Col mio vocione, rischierebbero di sentirmi per tutta "La Gabbia". «Invece di pensare al goal di Elin, perché non chiami Serkan? Magari Eda è tornata a casa, sa dirgli qualcosa riguardo Polen.»

«Gli ho mandato un messaggio, mi risponderà a breve.» Sussurra al mio orecchio strofinando la mano sulla mia schiena, per rassicurarmi.

«Dunque, dicevi?» Domanda Levent al dottore, sentendo silenzio dall'altro capo del telefono.

«Sì, eccomi. Dicevo, la signorina Polen si è confidata con me durante le analisi di controllo e mi ha raccontato la sua storia, che è una delle più inquietanti. Lei è fidanzata con Serdar da anni ormai, ma è costretta in una relazione di convenienza. Essendo una modella molto acclamata, l'agenzia pubblicitaria le ha teso una trappola: se non finge di essere fidanzata con Can Divit, non le permetteranno più di lavorare per loro. E Serdar accetta, perché ama la sua donna nonostante tutto. Che storia strappalacrime.»

«Sì, infatti sto per commuovermi.» Ribatte Levent, rosso di rabbia.

Non credo a ciò che le mie orecchie odono. Onestamente non so se ridere per la disperazione o se alzarmi dallo sgabello e andare a tramortire a Serdar. Non picchierei mai una donna, ma ora, se avessi davanti Polen, non so cosa non le direi. E non perché sta con un altro parallelamente alla nostra relazione, bensì perché ha fatto passare la mia famiglia per quella che non è. Mio padre la ricatta? Ma se non vede l'ora che se ne vada a 'fanculo con tutta la sua famiglia! Quante volte mi ha detto che non è la persona adatta a me e quante volte l'ho difesa anche da mia madre, che anch'ella non ha una buona considerazione di lei. «Troppo finta,» diceva, «troppo artefatta.»

Sono stato dalla sua parte sin dal primo istante, l'ho difesa a spada tratta mettendomi contro il mondo intero. Mi spiaceva che nessuno notasse la sua finta bontà, quanto mi facesse bene coi suoi finti modi di fare gentili e col suo finto costante preoccuparsi per me. Pensare che mi ha mentito, che ha recitato una parte che non le si addice affatto, mi fa rigettare il fegato.

«Ad ogni modo, io non so nient'altro riguardo questa faccenda. Ma posso assicurarti che la giovane non è incinta. Anzi, ti dico anche che per lei sarà molto faticoso avere figli... se non impossibile.»

Si mettono a parlare di cose di cui io, onestamente, non capisco nulla. La mia mente come per magia si dissocia dal contesto, volando verso Elin. Non riesco a non pensare alla situazione in cui siamo capitati pur non volendo, alle parole che ci siamo lanciati come frecce di fuoco e al nostro allontanarci per capire chi fossimo e cosa volessimo dalla vita; ci siamo incolpati di cose che non dipendevano da noi, ci siamo fatti scalfire da una pietra che non era rivolta a noi. Così, prendo un respiro profondo e mi aggrappo alla mano di Emre che stringe forte la mia spalla. Ed in un attimo, la mano di Ozan si poggia sul mio braccio. Come a volermi dire: «Andrà bene.»

Per il resto tutto beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora