1 - «Non curarti di me, curati tu.»

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Ricordate anche solo vagamente il nonno di Heidi? Quell'uomo burbero, solitario che viveva sul cucuzzolo della montagna lontano dalla civiltà, che non sopportava le persone, che si circondava solo di animali e che a fatica parlava con il panettiere quando aveva bisogno di comprare il pane? Ecco, lui. Lo abbiamo criticato tanto, pensavamo che fosse un po' strano, ci chiedevamo come facesse a vivere lontano dal mondo in solitudine. Ebbene, ora lo capisco. Lui era il più furbo di tutti, altroché pazzo. Si faceva i fatti suoi lassù, non dava fastidio a nessuno e parlava con gli animali perché sapeva che fossero più intelligenti delle persone. Si affacciava alla civiltà solo se necessario, per il resto si teneva tutto il giorno impegnato con le sue cose sul cucuzzolo della montagna. Ed è la scelta migliore, a mio avviso; la farei anch'io una vita del genere, se solo potessi.

Guardo il ragazzo accanto a me, stravaccato sul divano di Sevim come se fosse in un'osteria. Io proprio non capisco come faccia a star comodo seduto con la schiena curva e le gambe aperte, neanche fosse un teppista di GTA. Gli mancano un sigaro e del whisky e possiamo considerarci all'Havana, praticamente. Quella camicia aperta per metà lascia poco spazio all'immaginazione ed i miei occhi, sebbene tenti di spostarli verso Sevim, si posano lì ogni volta che apre bocca.

«Potresti, per favore, non invadere il mio spazio personale con le tue gambe e le tue braccia? Io mi chiedo come tu possa arrivare fino alla mia parte del divano. Cosa sei, un trattore? Menomale che Leyla si è seduta sull'altro, o l'avresti soffocata. Sembri un orso bruno in letargo.»

Il ragazzo mi osserva attentamente, ma non si muove di una virgola neanche per sbaglio. Con il volto preoccupato, si volta subito dopo verso Leyla. «Temevo fosse grave, ma non così tanto. Io se fossi in te, una bella capatina dallo psicologo me la farei. Giusto per scrupolo.»

«Non curarti di me, curati tu piuttosto.» Ringhio, guardandolo negli occhi con la stessa intensità con cui mi sta guardando lui. Il suo sguardo è così profondo che sembra trapassarmi, ma senza neanche sfiorarmi. Perché, per quanto sfrontato possa essere, resta comunque delicato.

«Bambini!» Sevim ci richiama all'ordine, battendo le mani cosicché l'ascoltiamo entrambi. «Non vorrei disturbarvi questa mattina, ma se ci sbrigassimo ognuno di noi tornerebbe al suo daffare in pochi istanti. E la smettereste di prendervi a capelli, soprattutto.»

«Le chiedo scusa Sevim.» Mi alzo dal divano lanciando un'occhiataccia all'energumeno che, col suo solito sorriso beffardo, osserva i miei movimenti. Cos'è, una radiografia? Se ne avessi avuto bisogno, mi sarei rivolta a qualcun altro e di certo non a lui. Ma che incivile! «Ho portato le bozze degli abiti che abbiamo in sala, quelli che non ha scelto per la sfilata di quest'anno.»

«Quelle che ti avevo chiesto,» mi sorride. «E dammi del tu, Elin! Ci conosciamo da tempo ormai, mi fai sentire vecchia così.»

«Va bene, scusami!» Sorrido anch'io, cominciando a giocare con le mie stesse dita.

Sevim prende le bozze che le ho portato e le sfoglia giusto per assicurarsi che siano loro. Con il suo paio di occhiali che non fa che scivolare dal ponte del suo naso, lancia occhiate ovunque. Annuisce una volta aver finito, rialzando lo sguardo su di me. «Perfetto come sempre, Elin.»

«Grazie.» Tolto un dente, leviamone un altro! Veloce e indolore. «Volevi dirmi qualcosa? Leyla oggi è molto euforica, sarà per via di qualche evento che hai intenzione di organizzare?»

La mia collega sorride, facendomi l'occhiolino. Non c'è niente di cui esaltarsi, proprio niente. Vorrei ricordarle che l'evento non è solo bere, festeggiare e ascoltare musica - se si può definire tale quella successione di note suonate a casaccio; per noi l'evento è soprattutto organizzazione, una serie di telefonate asfissianti per cercare il DJ giusto ed i tecnici che monteranno la scenografia... quindi, lavoro in più. Con il mio sguardo di fuoco, le lancio un'occhiata; devo farle capire che non sono entusiasta di lavorare al progetto dell'evento, perché ne ho già tanti altri da seguire. E non c'è niente di cui essere felici.

Per il resto tutto beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora