Le porte dell'ascensore si aprono e quasi rimpiango il momento in cui io e Can eravamo vicini. Torno a respirare regolarmente nel momento in cui si allontana da me e mi fa cenno di uscire dalla scatola prima di lui. Io così faccio: lo guardo per un secondo ed esco a testa bassa, imbarazzata come mai prima d'ora in sua presenza.«Venite, secondo me questa terrazza è perfetta per le vostre necessità.» Ozan si volta verso la nostra direzione e sorride fiero. Se non dovesse piacermi la location, non so come farei a dirglielo. Ci tiene così tanto che mi spiace solo pensare che non sia bella come dice.
Il piano di sopra è formato da un mini salone in cui vi è qualche poltrona sparsa qua e là, con i tavolini al centro di esse; la maggior parte dello spazio lo occupa appunto la benamata terrazza di Ozan. Proprio lui spalanca le vetrate come se spostasse delle tende e lo spettacolo a cui sono sottoposti i miei occhi è del tutto surreale. Mai avrei immaginato che "La Gabbia" celasse un gioiello come questo; mai avrei immaginato di restare a bocca aperta davanti a qualcosa del genere.
La loggia è enorme, sembra quasi un salone all'aperto; come anche dentro, i tavoli sono tanti e tutti perfettamente distanziati l'uno dall'altro, centritavola identici a quelli che abbiamo visto al piano di sotto ed eleganza ovunque. Affaccia sullo skyline di Istanbul ed aveva ragione Ozan: al tramonto, uno spettacolo del genere, è di tutt'altro livello. La mia città è coperta dal sole che a poco, a poco si fa sempre più basso; la investe di un arancione intenso che sfocia nel rosso. Ed io rimango incantata davanti ad una meraviglia di tali dimensioni, mi sembra di avere la città ai miei piedi. Poggio le mani sulla lastra di marmo abbastanza calda e mi affaccio beandomi di un accenno di vento che si fa timido sulla mia pelle, mentre i miei capelli si muovono insieme a lui e a me sembra di stare meglio. Socchiudo gli occhi e sorrido, respirando a fondo. «La amo!»
«Sapevo che l'avreste apprezzata, questo è il nostro cavallo di battaglia.»
Mi volto verso Ozan e lo trovo a sorridere, con le braccia incrociate al petto, più dietro rispetto a me ed il mio amico. Can è fermo al suo fianco e mi guarda; un accenno di sorriso sul suo volto e un paio di fossette a renderlo di una dolcezza disarmante. «Credo sia il posto perfetto.»
«Assolutamente!» Ribatte Osman, guardandosi attorno con aria incantata. «Questo posto è stupendo, non abbiamo neanche bisogno di lavorarci su.»
«Se lo ritenete opportuno, potete-»
«Direi proprio di no, Ozan,» il mio amico non gli consente di terminare la frase, poiché ha capito e sa dove vuole andare a parare. «Le luci a led che hai installato sono abbastanza; sono le stesse che si mettono sull'albero di Natale, giusto?»
«Sì, non mi sono impegnato molto per trovarne altre migliori.»
«Perché non ce n'è bisogno, semplicemente!» Osman fa spallucce, spostando lo sguardo da una parte all'altra della terrazza. «Se aggiungessi altre luci o altre decorazioni di qualsiasi tipo, te lo dico con tutto il cuore, rovineresti la bellezza di una loggia tanto elegante quanto questa. Ora, il punto è: fino a che ora possiamo tenerla occupata?»
«Fin quando volete. Conosco Sevim, ci metteremo d'accordo io e lei riguardo questo aspetto.» I suoi modi di fare così gentili e pacati, mi fanno sperare che al mondo sia rimasto del bello.
Osman, prende appunti sulla sua agenda, disegnando subito dopo uno schizzo della terrazza. Il sole continua a calare inesorabile, mentre la città si prepara alla sera; nel cielo s'intravedono le stelle ed io mi fermo a guardarle. Sembrano piccole da quaggiù, ma chissà quanto sono grandi. E al pensiero mi sento piccola io, adesso, rispetto a loro.
«Allora... è vostra?» Domanda Can, risvegliandomi dal coma.
Osman estrae dalla sua valigetta il contratto e lo porge ad Ozan. «Firmiamo?»
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Per il resto tutto bene
Fanfic[...] Tornando alle 7,837 anime vaganti, ce n'è una in particolare che proprio non sopporto. Ma, mio malgrado, è anche l'unica di cui m'interessa. Per il resto, però, tutto bene! [...] Ha spalancato la portiera e avrei voluto essere quella portiera;...