Punto di vista di Can.«Puoi smetterla di acconciarti i capelli, Elin? Sto cercando di legarti un fazzoletto sugli occhi. E, se continui a pensare alla piega, non ci riuscirò mai.» Borbotto, prendendo di nuovo il pezzo del tessuto che è scivolato.
«Scusa! È che se li schiacci, prendono la forma del fazzoletto.»
Alzo gli occhi al cielo, sopprimendo una risata. Forse, tra un po' le tapperò anche mani e bocca. In ogni modo, prendo il fazzoletto - piegato più volte per ridurlo ad una fascia - e copro gli occhi con lo stesso e lo lego dietro la sua testa; cerco di non stringere la presa come mi ha chiesto di fare, ma tento comunque di renderlo abbastanza stretto da non poter cadere. Una volta finito il lavoro, mi pongo difronte a lei e alzo indice e medio, formando un "due". «Quante sono, Elin?»
«Nove?» Tenta, fallendo miseramente.
«Perfetto, possiamo andare.» In un abbraccio da dietro, la stringo a me e le afferro entrambe le mani. «Adesso dovrai fidarti di me, esclusivamente. Sono io, i tuoi occhi.»
«Questo dovrebbe rassicurarmi?» Chiede, inciampando subito dopo su di un sasso minuscolo.
Ridacchio anch'io della sua battuta, senza farmi sentire. «Ti ricordo che hai gli occhi bendati ed è un attimo che ti riduca a brandelli e che nasconda il tuo cadavere da qualche parte. Cara Elin stai molto attenta a quel che dici, valuta prima di aprire bocca.»
Lei annuisce, ridendo di sé stessa.
Il percorso che prendiamo è estremamente terroso, perciò le ho chiesto d'indossare degli stivali vecchi e usati, e di armarsi di pazienza. Ci troviamo in aperta campagna; non si odono rumori se non quelli degli uccelli che cinguettano, delle fronde degli alberi che si muovono al vento e degli animaletti che vi sono qui. Come, per esempio, i cani. Ce ne sono due che stanno giocando tra i mucchi d'erba, nascondendosi e trovandosi a vicenda; poi, delle oche si rincorrono. Sorrido, nel constatare quanto belli siano gli animali e la natura. Attorno alla proprietà, vi sono dei cespugli, floridi e rigogliosi, pieni di frutti di bosco. O, almeno, penso lo siano. In lontananza, vedo il posto verso cui siamo diretti: una grande e moderna residenza, fatta di piccole e semplici cose che, a parer mio, sono quelle che contano di più.
Avanziamo lentamente, le indico le buche che deve evitare e la dirigo io affinché non le prenda. Lei ogni tanto ride, perché non sta capendo nulla di quel che succede, e io rido assieme a lei. Il suo passo è incerto, si aggrappa totalmente a me per non cadere o per non sbattere da qualche parte. Lei, patita del controllo, in questo momento è vulnerabile e esposta alle mie vulnerabilità e credo che ciò la renda frenetica. Difatti, ogni dieci minuti mi chiede di cosa si tratta, se siamo arrivati e dove siamo. Così facendo spera di sfinirmi e che io molli la presa, ma non ha capito di che pasta sono fatto e che non mollerò fin quando non sarà giunto il momento di sbendarla. Le sorprese sono soprese per un motivo, e non sarà di certo lei a rovinare ogni cosa.
«Stiamo arrivando ai confini del Nicaragua a piedi, per caso?»
«Hai indovinato!» Esclamo, fingendo stupore. «Tra un po' sentirai il gloglottio dei tacchini che, in coro, ti daranno il benvenuto ballandoti attorno.»
Mi dà una lieve spinta che, chiaramente, non sposta neanche l'aria. Non le conviene che cada: i miei occhi adesso sono i suoi e se finissi tramortito al suolo, lei verrebbe giù con me. «Vuoi, per favore, essere serio, Can?»
«Lo sono,» annuisco, anche se non può vedermi. «Se parli, però, non sentirai il gloglottio.»
Elin muove la testa, come a voler dire: certo, come no. Ma non risponde alla mia provocazione.
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Per il resto tutto bene
Fanfiction[...] Tornando alle 7,837 anime vaganti, ce n'è una in particolare che proprio non sopporto. Ma, mio malgrado, è anche l'unica di cui m'interessa. Per il resto, però, tutto bene! [...] Ha spalancato la portiera e avrei voluto essere quella portiera;...