44 - Un piano B.

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«Siamo sicuri di aver preso tutto?» Gli domando, mentre giro il sugo che bolle in padella. O, almeno, credo lo stia facendo. Non saprei, si muove tutto...

«Amore, abbiamo svaligiato il supermercato!» Esclama Can, comparendo in cucina dal nulla. Io, di scatto, mi volto verso la sua direzione. È a torso nudo con un jeans addosso. La patta è aperta, segno che si stava cambiando prima che cominciassi a parlargli. «Sette buste di cibo ed i giochini vari che gli abbiamo comprato... starà bene per qualche mese. Non è un ippopotamo, è un cane, amore.»

«Lo so, ma voglio che stia bene.»

«Starà bene, qui con noi starà benissimo. Devi rilassarti, Elin.»

Non appena è abbastanza vicino, Can poggia le mani sulle mie spalle ed inizia a massaggiarle. I suoi movimenti sono lenti, scanditi dalle lancette dell'orologio che si muovono inesorabili. Socchiudo gli occhi, beandomi di questo contatto tanto intimo quanto piacevole. Lo sento sorridere e così sorrido anch'io. Getto la testa all'indietro e lui mi bacia una guancia, avvolgendo la mia vita con entrambe le braccia. Poi, poggia il mento nell'incavo del mio collo. Lancia un'occhiata ai fornelli per assicurarsi che non stia mandando a fuoco la cucina. Annusa l'aria e curioso, si gira verso me. «Cosa tenti di cucinare?»

Continuo a mescolare il sugo; non so esattamente cosa stia facendo, però lo faccio ugualmente.

«Piano, Elin. Usando una tale irruenza, finirai per rovesciarci addosso la cena.»

"Una tale irruenza", che esagerato. «Mi hai forse presa per una incapace?»

«Devo proprio risponderti?» Scoppia a ridere. «Andiamo, non farmi essere-»

Non finisce di parlare, perché la padella cade rovinosamente a terra; Can, velocemente, afferra il mio polso e mi trascina lontano verso sé. Tesla, dal canto suo, corre verso di noi per capire di che morte deve morire. Il sugo è schizzato dappertutto, anche su noi e su tutto il piano cottura. Rimango imbambolata a fissare il casino che c'è sul pavimento e mi chiedo come farò a pulire i danni al muro bianco. Non noto macchie chissà quanto grandi ma, sebbene siano piccole, sono comunque ben visibili accanto al frigorifero. «Io non-»

«Tu non dire niente, che è meglio.» Borbotta Can, passandosi una mano tra i capelli.

«Ti aiuto!»

«Per carità, amore, ferma!» Esclama, allungando le mani in avanti per farmi desistere dall'idea di muovermi. «Potresti aiutarmi stando ferma. Davvero, hai già fatto abbastanza. Tu e la cucina non siete compatibili... e di questo me n'ero accorto. Ma finire per bruciarci tutti, magari no.»

Can si china sulle ginocchia ed apre una dispensa. Ne estrae una pezza che neanche sapevo di avere, poi la bagna sotto il getto d'acqua del lavandino. La strizza più che può ed io accuso una quasi irrefrenabile voglia di essere quella dannatissima pezza. Le sue mani sono opere d'arte e con quegli anelli importanti, belli da morire, ancor di più. M'incanto a guardarlo mentre si piega e cerca di smacchiare la parete, concentrandosi. Chinato, i suoi jeans si allargano di dietro ed i suoi boxer neri appaiono avanti ai miei occhi. Sento improvvisamente caldo, un caldo atroce ed è così che mi costringo a concentrarmi su qualcos'altro. Tipo su Tesla, che saltella vicino a lui e annusa la parete, credendo vi sia dell'interessante. Can gli afferra il muso e lo bacia, dicendogli di stare attento al sugo che ancora campeggia sul pavimento. «Amore,» si gira di poco verso me e m'indica il casino a terra con un cenno del capo. «Puoi, per favore, togliere quel sugo? Tesla, curioso com'è, potrebbe ingerirlo e non è il caso.»

«Sì, certo.» Annuisco, asciugandomi la fronte che inizia ad imperlarsi di sudore. E non perché in casa percepisco quaranta gradi con tutto il condizionatore accesso.

Per il resto tutto beneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora