I suoi occhi scuri sono impressi nella mia mente, le striature dell'iride che al sole cambiano leggermente di colore, assomigliando sempre di più al colore del caramello; le pupille che si allargano e si restringono in base alla situazione che lo circonda.
Mi ricordavo i suoi occhi, come dei occhi finalmente sereni, dopo anni in cui il tormento era sempre impresso nella sua vita. Ma quando stava con me...quando stava con me i suoi occhi cambiavano, il suo sguardo rilassato e la fronte mai corrugata.
Ieri quando gli sono passata accanto, dopo mesi in cui non lo vedevo, nei suoi occhi ho letto ancora quel tormento, lo stesso tormento che ho anche io. Il tormento per aver ucciso una persona. Mi ero promessa di cambiare strada, di diventare una persona migliore, una persona che non fa del male, una persona che non uccide, semplicemente desideravo una vita normale, senza più sangue sul corpo e soldi sporchi nel conto in banca a sei cifre.
Invece mi ritrovo qui con mio padre, al mio fianco, mentre stiamo escogitando un piano per trovare l'assassino di mia madre. La sua morte ha rotto, spezzato ,come un righello quando provi a piegarlo, sgretolato, come sabbia che scivola sulle mani, l'equilibrio sottile che legava noi e le varie bande criminali del mondo.
In tutto sono cinque: "Crew" con sede a Oslo, in Norvegia, una banda che è attiva da molti anni, forse un secolo. "Dine" a Madrid, sono criminali giovani, ma addestrati perfettamente, potrebbero spaccare il braccio di una persona con una stretta di mano, mettendoci solo più pressione. "Warà"a Tokio, usano delle tecniche particolari per la tortura, come fare sdraiare la vittima su un letto di bambù, aspettando la morte lentamente mentre il bambù cresce sempre di più, fino a perforare il corpo. " Cloud9" La rispettiva banda di Rio, il padre biologico del mio ex ragazzo, che mi aveva rapita l'anno scorso. In fine ci siamo noi: " AKAJ" le iniziali dei nomi della mia famiglia: Alessandro mio padre, Ariana mia madre, Kylie e Jonny.«Hai scoperto qualcosa?» chiedo mentre consumo le mie ciabatte rosa di pelo, continuando a camminare sul pavimento in legno. « Oslo non è stato, ha un alibi, il capo era ad una riunione dove ha partecipato anche Kumiko». Kumiko è la presidente e capo della banda di Tokio, l'unica donna capo. «Inoltre con loro abbiamo dei patti, dei patti che non possono non essere rispettati, patti antichi, che hanno fatto i vecchi capi, che ha fatto tuo nonno.» Spiega, alcuni patti sono fatti per essere rispettati, e questi patti sono legami indistruttibili tra fazioni rivali. «Cosa dobbiamo fare adesso?» Chiedo, papà guarda dei documenti, poi li poggia sul tavolino in vetro del suo studio.
«Se vogliamo evitare la guerra, dobbiamo indagare.» Risponde. Dobbiamo indagare solo su due bande, tra cui una è quella del padre del mio primo amore. Non so come prenderla, tutta questa situazione mi pare assurda, ho passato alcuni giorni con Rio, non l'ho conosciuto bene, ma mi sembrava spietato, un uomo che combatte. Un uomo che sa uccidere.
Mentre discuto con papà noto una presenza a qualche metro da noi, in questo periodo ho affinato sempre di più i miei sensi; l'udito è più sviluppato, in modo che riesco a percepire anche i minimi spostamenti di un corpo. Mi giro verso la persona che ci sta spiando e scorgo i capelli castani chiaro, messi in un ciuffo poco pettinato, di mio fratello. «Tony, te lo abbiamo già insegnato, non si arriva mai alle spalle di un alleato.» Gli dico, in questo modo è più difficile che si ferisca uno che è dalla nostra parte.
«Non me lo avete insegnato perché non volete che anche io possa partecipare a questa missione, non mi avete mai reso partecipe del vostro lavoro. Sono anche io parte della famiglia». Urla, papà si versa l'ennesimo bicchiere di Scotch, l'ennesimo della mattina.
«Pensi che a me faccia piacere uccidere le persone? Pensi che a me faccia piacere allenarmi ogni giorno per picchiare, torturare e ammazzare delle persone? Il mondo in cui viviamo fa schifo Tony, devi solo ringraziare che io ti ho tenuto lontano. Perché ho pregato io papà affinché non ti facesse lavorare con noi. Io ho impedito che tu vedessi la merda che vedo io ogni giorno. »urlo, non sono mai stata abituata ad urlare, non mi è mai piaciuto alzare la voce, tantomeno con la persona a cui voglio bene più di tutti, alla persona che mi fa andare avanti. «Mi dispiace Kylie che tu non mi ritieni pronto, ma io so tutto quello che accade in questo mondo, credimi lo so. E più di tutto vi vorrei aiutare. Era mia mamma Kylie!» Le urla sono incessanti, il suo viso è diventato paonazzo per lo sforzo arrecato dalle parole pronunciate con un tono adatto ad una persona arrabbiata.
«Pensi che non lo sappia? Mamma era il nostro pilastro, stiamo tutti affondando. Ma questo non vuol dire che tu debba entrare a far parte di tutta sta merda, ti ho tenuto fuori per quindici anni e lo farò ancora per tutta la vita.» Esclamo, il suo sguardo è così arrabbiato che penso mi voglia trucidare. «Tu non sai un cazzo di quello che io so fare, potrei stupirti sai. È giusto che anche io aiuti per trovare chi ha ucciso la mamma» . Stanca di continuare a litigare pronuncio l'ultima frase: «Fai quello che ti pare, sei grande abbastanza per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Scusa per averti protetto in tutti questi anni, ma vedo che non te n'è mai fregato niente di quello che ho fatto per te, cercando di proteggerti.»
Mi volto dandogli le spalle e in poche falcate raggiungo la porta in legno scuro, dell'ufficio di mio padre. In tutta questa litigata non si è espresso neanche una volta, ci ha lasciati litigare senza mai intromettersi. Si è limitato solo a consumare bicchieri su bicchieri di alcool, affogando tutto il dispiacere, subito in questi ultimi mesi. La morte di mamma lo ha distrutto sempre di più, rendendolo un uomo senza più un'anima, ma solo un corpo che puzza come una distilleria. Lo capisco, come posso non capirlo? Oltre ad avere perso mia madre, un pilastro fondamentale della mia vita, ho perso anche il ragazzo che amavo, il mio primo amore.
Mi sdraio poco elegantemente, sul mio letto avvolto dal copriletto rosa, afferro il cellulare, ma non faccio neanche in tempo ad aprire Tiktok, che mio fratello è entrato nella mia stanza e si è seduto accanto a me. «Scusa, non meriti le parole che ti ho detto. Ero preso dalla rabbia e non ci ho più visto.» E' sempre stato così tra di noi: litighiamo e dopo pochi minuti ci scusiamo. Non riusciamo a rimanere arrabbiati per tanto tempo, non possiamo. «Siamo solo noi due Kylie, possiamo contare solo su di noi. Non ci possiamo separare.» Ha ragione, papà ormai si è perso, quindi possiamo contare solo su di noi per non rimanere soli.
«Mi dispiace per averti trattato così, da stupido, non lo sei. Volevo solo proteggerti, ma sei diventato grande e puoi decidere tu.» Non nego che se decidesse di incominciare a lavorare con me, mi dispiacerebbe. « Ti voglio bene Kyl», mi abbraccia e poi lo guardo andare via e richiudersi la porta alle spalle.
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Un'altra volta mia
RomanceCONTINUO DI "FAMMI TUA" Kylie Genovese una ragazza di diciotto anni, con un passato difficile che ormai é diventato il suo presente e il suo futuro. Dopo due anni passati in Alaska, dove ha incontrato un affascinante ragazzo con cui ha condiviso tu...