MIRTILLA

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Cari lettori ben tornati.
Scusate la troppa attesa.
Spero di esservi mancata.
Buona lettura.
🖤

~

Anno scolastico 1942-1943.
Mirtilla Warren è stata la sua ultima vittima.

Tic tac.
Tic tac.

Tom non faceva altro che leggere.
Arrivato a Hogwarts cercava solo informazioni sulla sua famiglia. Isabella lo prendeva in giro dicendo che non importasse quale dei due genitori fosse magico, aveva comunque commesso un atto contro la popolazione magica. Ma Tom voleva sapere, e iniziò a cercare informazioni a riguardo con una fame insaziabile. Si concentrò esclusivamente su suo padre, convinto che fosse lui il genitore con abilità magiche. Isabella, nonostante tutto, lo aiutò a cercare il nome di suo padre nella stanza dei trofei, nei registri dei prefetti di Hogwarts e nei registri di storia magica, ma non trovarono nulla che suggerisse che suo padre avesse mai frequentato Hogwarts. Alla fine Tom si convinse ad accettare che suo padre fosse un Babbano, e che sua madre era il genitore magico. Quando arrivarono a questa conclusione, Isabella notò l'amarezza nel viso di Tom. Tipica espressione di quando vieni sconfitto è ciò ti causasse odio e disprezzo, soprattutto vergogna.

«Perché fai così?»
«Sono nato da una donna debole, che ha ceduto alla morte come fosse un essere umano. Penoso.»
«Un giorno morirai anche tu.»
«Non sono destinato a morire.»

Nonostante ciò, continuò le sue ricerche partendo dal suo secondo nome, Orvoloson.
Vecchi libri sulle famiglie magiche. Dopo lunghe e faticose ricerche, trovarono quel nome in riferimento ad una famiglia di maghi: Gaunt.
Orvoloson era il nome di suo nonno.
Sua madre invece si chiamava Merope.
Ma la cosa più importante che riuscì a trovare fu la connessione della famiglia Gaunt con Salazar Serpeverde.

«La mia famiglia è discendente di Salazar.»
«Salazar si vergognerebbe.»
«Lo penso anche io.»
«Adesso che hai scoperto chi è la tua famiglia, cosa vuoi fare Tom?»
«Mi creerò un nuovo nome, cosicché nessuno possa più chiamarmi con questo lurido nome da Babbano.»

Tic tac.
Tic tac.

Passarono un paio di mesi.
Isabella si trovava nei corridoi a passeggiare con le sue compagne quando all'improvviso una voce chiamava il suo nome.
Era Tom, che la aspettava in piedi in mezzo agli altri studenti. Isabella invitò le ragazze di proseguire senza di lei, felice di passare il suo tempo insieme al ragazzo orfano con la divisa usata.

Non sapeva che quel pomeriggio avrebbe firmato un contratto indissolubile. Un contratto che avrebbe bruciato il suo futuro, e qualche anno più in là anche il suo passato, diventando cenere.

«Ho scoperto una cosa» annunciò fiero.
«Altro sulla tua famiglia?»
«Meglio.»
Lo seguì fin dentro al bagno delle ragazze al secondo piano.
«Se ti vedono ti mettono in punizione Tom!»
Ma Tom non ascoltava.
Andò vicino ad uno dei rubinetti ci giocò e disse una paola in serpentese, come per magia si aprì un passaggio. Tom posò subito il suo sguardo sul viso scioccato di Isabella. Isabella dal canto suo vide un ombra malvagia sul volto di Tom, potere, occhi rosso sangue: indietreggiò per la paura. «Ho trovato la camera dei segreti
L'aveva trovata da solo, non le disse mai come ce l'aveva fatta.
Si ritrovarono nell'ingresso di una sala molto lunga, debolmente illuminata. Pilastri di pietra torreggianti, formati da alti serpenti avvinghiati fino al soffitto, perdendosi nel buio e gettando lunghe ombre nere nella strana oscurità verdastra che avvolgeva il luogo.
«Salazar ci teneva molto a estirpare il sangue sporco dalla scuola» Isabella si guardava intorno con fare curioso. Tutto di quella struttura metteva i brividi, soprattutto la poca illuminazione.
«Il bello non è ancora arrivato.»
«In che senso?»
Un rumore fece tremare le pareti «Eccolo.»
Un basilisco sbucò da una conduttura, e strisciava feroce verso i due ragazzi. Era enorme, aveva grandi occhi gialli, e una bocca spaventosa, probabilmente le sue zanne potevano essere della stessa altezza di un uomo. Isabella rimase immobile, pietrificata, perché vedeva Tom sicuro di se, quindi scappare a gambe levate era fuori discussione: lei doveva essere meglio di Tom.
Tom, invece, fece solo due cose allungò la mano e iniziò a parlare in serpentese. Il basilisco si fermò, Isabella tornò a respirare.
Tom intanto lo guardava con aria beffarda continuando a conversare con un essere che avrebbe potuto mangiarlo in solo boccone.
Ma lui era calmo, anzi era divertito, sembrava aver capito che non importava quale fosse il suo sangue, lui poteva essere più di un mago.

Male senza fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora