39) Un viaggio nei ricordi di Titan

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La cella fu regnata da un silenzio tombale, quando Titan cominciò ad esporre la propria vicenda. Persino il Terrore dei Dannati parve prestare attenzione, nonostante la sua indole generalmente distaccata e disinteressata dagli avvenimenti che lo circondavano.

Titan si accingeva a raccontare l'intera vicenda della sua lunga e triste vita: "Sono nato in una grande città del nord, in un piccolo ospedale. Già dalla nascita, possedevo un grandissimo potenziale, nettamente superiore a tutti gli altri bambini Saiyan. Mia madre si chiamava Pearl, mentre mio padre Cronos. Entrambi erano Saiyan legati da un amore incondizionato, non solo verso di me, ma anche verso la razza umana. Loro credevano fermamente che gli umani non fossero deboli, bensì solo creature con un disperato bisogno di aiuto. Questo insegnamento mi fu trasmesso sin dalla più tenera età. La nostra famiglia era molto benestante e la mia vita, inizialmente, era davvero agiata. Spesso mi allenavo con i miei genitori, accrescendo la mia forza in maniera esponenziale. Inoltre, venivo istruito dai migliori insegnanti che potevamo permetterci... Si vede che la mia vita era troppo bella! Qualche mese dopo aver compiuto tredici anni, mia madre si ammalò stranamente ai polmoni. Non mi è mai stato rivelato con esattezza di quale malattia si trattasse. A volte, smetteva persino di respirare e solo dei macchinari riuscivano a farla rimanere in vita... Era una fredda giornata d'inverno e fuori nevicava, quando mio padre bussò alla porta della mia camera, mentre io ero intenzionato a studiare. Feci accomodare mio padre all'interno, non ancora preparato a ciò che intendeva riferirmi. Lui mi disse che mia madre avrebbe dovuto operare ai polmoni la settimana seguente e che l'intervento, conseguito da un gruppo di medici esperti umani, sarebbe stato rischioso. Quel maledetto giorno, cominciai a provare il terrore di perdere mia madre. In quella snervante settimana di attesa, non riuscivo a studiare e tantomeno ad allenarmi con mio padre: il mio pensiero era sempre rivolto verso la mia genitrice... Durante quei giorni, incontrai mia madre, distesa sul suo letto. Lei mi disse di dover essere forte nei momenti critici come quello. Mi spiegò anche il significato del mio nome: Titan, forte e tenace come un titano! Io non riuscivo a trattenere le lacrime, mentre lei mi parlava... Infine, mi baciò sulla fronte e mi promise che sarebbe andato tutto bene... Giunse il temibile giorno dell'intervento, la vigilia di Natale. Mentre tutti gli altri bambini festeggiavano assieme ai loro genitori, io mi ritrovavo a soffrire un'angoscia indescrivibile. Ricordo perfettamente i minuti di snervante attesa trascorsi assieme a mio padre, in quello spoglio corridoio di ospedale. Non discutevamo, rimanemmo solo tesi ed ansiosi per tutto il tempo... Non ricordo esattamente quante ore attendemmo, ma improvvisamente, dalla sala operatoria, uscì un medico, che si avvicinò in modo sospetto a mio padre. Non ascoltai interamente il discorso, ma, appena i due terminarono di parlare, mio padre iniziò a versare delle lacrime di disperazione e coprì il suo viso con la propria mano. Senza riferirmi nulla, mi portò fuori dall'ospedale e, con una tristezza inconsolabile, entrambi facemmo ritorno a casa... Il pomeriggio di quello stesso giorno, lo trascorsi riposando sul mio letto, dopo aver versato fiumi di lacrime... La sera, quando mi risvegliai dopo ben quattro ore di sonno, mi ci volle qualche secondo per realizzare che la morte di mia madre non risultasse solo il frutto di un brutto incubo. In quel momento, cominciai a sviluppare i primi pensieri di risentimento ed odio contro l'umanità! Fu per colpa di medici umani se mia madre non era più presente ad accudirmi ed amarmi! Giunse l'ora di cena ed io, come di consueto, mi diressi verso la sala da pranzo. Io e mio padre ci accomodammo sui nostri rispettivi seggi, mentre quello di mia madre rimase vacante. Fu una delle sensazioni più strane ed avvilenti mai provate! Mia madre, che anche durante i momenti più duri della malattia si era sempre presentata a tavola, mancava... I nostri cuochi ci servirono le ottime pietanze, lasciando il posto di mia madre vuoto. Quel posto non fu mai più utilizzato! Nonostante non avessimo fame, cominciammo lentamente a mangiare quell'enorme pasto natalizio. Mio padre era in preda all'angoscia e alla tristezza, io, invece, ribollivo di rabbia e risentimento. Non ne potei più di quel silenzio straziante e, ad un certo punto, cominciai ad affermare che la morte di mia madre era avvenuta solo a causa degli inutili medici umani. Mio padre tentò di calmarmi, ma io non ne volevo sapere. Non riuscivo a sopportare la perdita di mia madre a causa di quei medici! Urlai a mio padre di fare silenzio, scagliando al suolo il piatto servito dinanzi a me, fracassandolo. Un domestico si apprestò immediatamente a pulire quel disastro. Mio padre ordinò a quel poveretto di non avvicinarsi a me, ma si rivelò tutto vano... Appena il domestico fu a qualche centimetro di distanza dal mio seggio, afferrai il suo collo e chiesi a mio padre il motivo di tali inutili casalinghi umani. Lui tentò di fermarmi, nel frattempo che il domestico attorcigliava le mani attorno al mio braccio, supplicando disperatamente pietà per aver salva la propria vita. Non aveva mai commesso nulla di male nei miei confronti, anzi, era sempre stato gentile con me, eppure decisi di stringere leggermente la mia mano, spezzando il collo di quel povero domestico e finendolo senza concedergli alcuna possibilità. Gli altri domestici, che assistevano impotenti alla tremenda scena, ne furono inorriditi. Mio padre mi raggiunse con una velocità spropositata, e, tramite un colpo netto alla nuca, mi fece perdere conoscenza... Quando rinvenni, ero rannicchiato nel letto della mia camera, completamente scura. Le lampade erano spente, io ero avvolto dalle morbide lenzuola di velluto del mio comodo letto e mio padre era seduto sotto i miei piedi ad attendere la mia ripresa. Egli mi informò che i medici avevano tentato di tutto per aiutare mia madre e che non meritavano il mio odio. Dopo quelle sagge parole, io trattenni il mio stupido risentimento verso gli umani ed abbracciai mio padre, piangendo assieme a lui e percependo finalmente il dolce calore della mia famiglia. Ciò di cui avevo disperatamente bisogno! Gli chiesi, poi, cosa fosse avvenuto a quel povero domestico e come avesse gestito la situazione. Mio padre rispose che aveva disfatto il corpo e chiesto agli altri domestici di omettere ciò che era accaduto, appellandosi alla nostra dolorosa perdita. Loro conoscevano a pieno la bontà di mio padre. Pur essendo completamente scandalizzati e spaventati, i fedeli domestici decisero di non tradire la fiducia di mio padre, poiché lui aveva sempre aiutato loro e le famiglie in vari modi durante i momenti di necessità. Inoltre, mi fu rivelato che, alla famiglia di quel povero domestico, mio padre aveva riferito che egli fosse morto a causa di un brutto incidente. Di conseguenza, venne mandato loro un enorme compenso economico per colmare la tristezza. La famiglia non sospettò nulla: mio padre non era solito nel mentire! Per diversi mesi, io e mio padre trascorremmo un gelido periodo di lutto. I domestici, inoltre, mi guardavano con occhi assai diversi... Prima di quell'incidente, essi mi trattavano come un figlio... Dopo, mi fissavano come un mostro. Mi fissavano come il mostro che ero! Si riusciva a percepire distintamente il terrore nei loro occhi, nonostante mi fossi scusato. Decisi comunque di non farci molto caso..."

La vicenda raccontata da Titan non era giunta ancora al termine. Tuttavia, tutti cominciarono ad apprendere le reali motivazioni del sovrano, non legate al potere, bensì alla sua travagliata vita.

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