24. Ed ecco arrivare Carlo

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Ero stato preso all'ultimo secondo da mia madre,caduta e slogandosi una caviglia per riuscire a salvarmi.

Ero rimasto illeso ma ero scoppiato in lacrime.
Perché non potevo finirla li?
Perché non avevo il diritto di liberarmi da quell'infame marchio sulla mia pelle?

Vedevo mia madre disperata,piangente che,nonostante il dolore lancinante, mi aveva dato un bacio sulla fronte e ,sincerandosi, ha pronunciato:
-Sei salvo,grazie a Dio.
Che ti abbiamo fatto di male per farti pensare questo?-

Avevo pianto ancora di più,stringendomi tra le sue braccia in uno degli abbracci che ricorderò per sempre nella mia esistenza.

Abbiamo chiamato l'ambulanza e l'ho accompagnata in ospedale dove in qualche ora le hanno messo un gesso.
Mio padre era a New York per il suo lavoro di consulenza informatica e,a causa di un uragano che imperversava sugli Stati Uniti in quel periodo,non poteva spostarsi.

Era venuta quindi la sorella di mia madre a darle una mano rimanendo in casa nostra per il mese successivo.
Un venerdì,nel quale non c'era la zia, mi ha chiamato chiedendomi:

-Non ho detto nulla a tuo padre per non farti preoccupare,ma ora dimmi per quale motivo hai compiuto un simile gesto.
É per colpa mia?-

Sapevo che non c'erano modi di sfuggire a quella conversazione ed ero ormai deciso a raccontare l'accaduto.

Ho detto con molta educazione che il prete mi aveva toccato ,che mi sentivo sporco in quanto avevo interesse per gli uomini e che volevo farla finita in quanto non volevo più essere il suo giocattolo sessuale.

Era rimasta perplessa,non credendo né al fatto che il prete mi avesse toccato, né al fatto che fossi gay.

Poi le ho sussurrato:
-So che hai tradito papà.
Lui mi ha minacciato con questa affermazione,che gli avrebbe riferito in un secondo momento -

Le sue lacrime sgorgavano dagli occhi.
Si era messa le mani in faccia in segno di vergogna ed era stata capace di dire soltanto:
-Scusami-

Le avevo spostato le mani verso l'esterno,dicendole che l'avrei protetta fino alla morte,come stava per avvenire.
Era però arrivato il momento di difendere me.
Avevamo preso la decisione di parlare con mio padre di tutto.

Sebbene all'inizio fosse rimasto deluso dal tradimento, aveva ammesso che si era dimenticato di noi due a causa del raggiungimento di un importante obiettivo lavorativo.

Mi ero commosso davanti ai miei genitori piangere di gioia e baciarsi,proferendosi amore eterno nonostante le avversità.

Poi ,davanti al mio coming out, avevano reagito bene, accettandolo purché io fossi felice con loro e me stesso.
Rimaneva però una rabbia incontenibile verso il prete schifoso.

Mio padre lo avrebbe ammazzato alla prima occasione ma siamo andati a denunciare alla polizia.
Dovevano però avere delle prove e,in tutta sincerità, avrei goduto nel beccarlo in flagranza di reato.

Perciò ho inserito una microcamera nella camicia che ho indossato qualche giorno dopo per la mia sessione notturna da chierichetto.

Come previsto lui mi ha toccato con le sue sudicie mani ma,prima che io potessi abbassarmi ai suoi pantaloni, la polizia lo ha arrestato in flagranza di reato, ponendo per sempre fine all'abominio.

Per evitare maldicenze,oltre al fatto che mio padre aveva ricevuto un aumento di stipendio migliore, ci siamo trasferiti dalla Lombardia al Veneto,in una tranquilla cittadina vicino Padova, dove potevo iniziare una nuova vita.

Nonostante le numerose sedute dallo psicologo non sono riuscito a superare del tutto quel trauma,anche se sono riuscito ad accettare quasi del tutto la mia natura,non considerandomi sbagliato.

Ho sempre avuto una grande attrazione per i ragazzi più piccoli di me,forse perché in cuor mio avevo bisogno di rievocare quei momenti che rimarranno comunque scolpiti come monito.

Nel frattempo avevo imparato i rudimenti del BDSM e,in particolare, ero interessato alle pratiche dom-sub.
Mi divertivo a torturare i più grandi di me,anche di trent'anni, frustandoli o bloccandogli l'orgasmo senza mai soddisfarli.

Sentivo che,così facendo,avrei ferito quel bastardo che mi ha reso ciò che sono ora.
Non riuscivo a fidarmi più dei ragazzi,nonostante tutto.

Facevo naufragare le possibili storie perché ero naturalmente portato ad incontrare più persone nella stessa settimana e di certo questo non faceva piacere a chi voleva una relazione seria.

Grazie al supporto dei miei genitori sono cresciuto con l'idea che se mi impegnato potevo farcela in tutto , e così é stato.
Mi sono diplomato e laureato con il massimo nel settore informatico e dopo pochissimo tempo mi hanno chiamato presso un'azienda di Verona.

Il mio profuso impegno era stato notato e nel giro di un anno sono diventato team leader, date le mie spiccate doti di comando,comprensione dei problemi e di acquisizione di talenti.

Il mio team andava benone,avevo collezionato molti elogi da parte dei superiori e tutti i membri del team,tranne uno, erano affiatati.

Sono rimasto deluso dal motivo per il quale dopo un anno si era allontanato dall'azienda: non poteva sopportare di lavorare e prendere ordini da un uomo gay,dopo che tale confidenza,fatta solo a lui, mi era scappata ad una cena aziendale nella quale avevo alzato un po' il gomito.

Sarà perché aveva pensato che volevo provarci,o perché doveva difendere la sua mascolinità tossica, se ne é andato circa venti giorni dopo.

Ero deluso e,se già avevo paura di esprimermi in un contesto diverso da quello amicale e familiare, la situazione non era di certo migliorata.

Avevo ringraziato non so quale entità per il fatto che non ne aveva parlato con nessuno del mio segreto, ma la ferita rimaneva.

Avevo passato un paio di mesi evitando di formare nuovi collaboratori, cercando di recuperare il lavoro che riusciva a svolgere in modo egregio.

Ma l'aumento vertiginoso del carico di lavoro mi aveva spinto ad accettare la presenza di un nuovo ragazzo.
Ed ecco arrivare Carlo.

Era un ragazzetto appena ventenne,mentre io ne avevo già ventisette, ed era appena diplomato.
Un bel tipo,un bel cervello e tanta voglia di imparare.

Era molto a suo agio con il gruppo e non mancava mai di proporre uscite,feste e scampagnate in montagna.

Dal canto mio rifiutavo sempre, adducendo alla scusa del lavoro pressante.
Mai avrei immaginato,però , che l'avrei trovato proprio nel posto in cui non mi aspettavo di incrociarlo.

L'avventurieroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora