1. alicia

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alicia's pov.

È il Dna l'impronta irripetibile di un individuo, la sua traccia inequivocabile e nei delitti la firma incancellabile dell'assassino.
In molti casi l'analisi delle tracce biologiche presenti sulla scena del crimine ha consentito di risalire all'autore del delitto identificandolo da una traccia di sangue, un capello o materiale organico di altro tipo.
Il Dna ha rappresentato la vera pistola fumante in centinaia di delitti.
Le nuove metodologie di indagine, introdotte dal duemila, tuttavia, si sono rivelate preziose anche per la risoluzione di casi freddi.
Il Dna.. che cosa curiosa.

Sfogliai lentamente le pagine del libro che avevo tra le mani e un fuoco piacevole era davanti a me trasmettendomi un calore immenso, la casa era invasa nel silenzio e solitamente leggevo perché i libri mi capivano meglio delle persone.
Odiavo le persone.
Odiavo le persone ipocrite, egoiste, incoerenti.
Odiavo un po' tutte le categorie umane.
Quelle irriconoscenti sopratutto.
Ma già da diversi anni, lavoravo a stretto contatto con le persone e mi piaceva ciò che facevo perché si addiceva alla mia personalità estremamente autoritaria e apatica.
Tanto, cosa avevo da perdere in questo mondo? Nulla.
Alicia Sierra, encantada, sono vice ispettrice dell'Europol precisamente qui a Madrid e amo risolvere i casi e vedere quei luridi figli di puttana dietro le sbarre per i crimini che hanno commesso.
Di cosa si occupa l'Europol?
Cos'è esattamente?
É l'agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto, finalizzata alla lotta al crimine nel territorio degli Stati membri dell'Unione europea, divenuta operativa il 1º luglio 1999.
Al mio fianco avevo un bel bicchiere di vino bianco e lo afferrai portandomelo alle labbra, bevvi quel sapore meraviglioso rilassandomi ed era così piacevole che chiusi gli occhi per gustarmelo appieno, in tutta la sua essenza che ora scorreva nelle mie vene.
Mi portai le ginocchia al petto assorbendo le parole di questo libro dedicato alla mente dei criminali e amavo scoprire cose nuove nel mio ambito lavorativo, ero sempre una marcia più avanti rispetto ai miei colleghi che talvolta, neanche avevano voglia di azzardare dinanzi ai casi più complessi e difficili da risolvere.
Non ho mai lasciato che le cose esterne mi influenzassero a tal punto di soffrire di burnout anzi tutt'altro, più una cosa mi faceva stare male e più il mio fuoco interiore esplodeva facendomi lavorare come una macchina da guerra.
Grazie alla mia carriera avevo raggiunto ogni mio obbiettivo, ma ovviamente se n'erano aggiunti altri e quindi questo cosa comportava?
Competizione.
Non era una questione di superiorità perché non mi interessava di niente e di nessuno ma la mia vera sfida era quella contro me stessa e talvolta era estenuante, troppo direi.
Ma fino a dove poteva spingersi la volontà umana?
Dove potevo arrivare se l'avessi voluto davvero?
Chi poteva fermarmi? Assolutamente nessuno.
Una delle tante cose che amavo, oltre a me stessa, era l'alba.
Un nuovo giorno, un nuovo inizio, una nuova sfida da affrontare.
Dopo essermi fatta una doccia rigenerante andai davanti allo specchio e afferrai la spazzola incominciando a togliere ogni singolo nodo nei miei lunghi capelli rossi che mi arrivavano alla vita praticamente.
Una frangia impeccabile incorniciava il mio viso magro e la mia distesa di lentiggini quando ero senza trucco si notava ancora di più, addosso avevo instaurato un'orgoglio disumano per non parlare della mia autorità che apprezzavo più di ogni altra cosa al mondo.
Dovevo andare a lavoro, e come al solito tutto doveva essere perfetto.
Il telefono al mio fianco vibrò insistentemente e lo afferrai notando che si trattava del mio migliore amico, Matias, eravamo colleghi da quasi tre anni.
"Buongiorno." dissi pacatamente e sistemai la frangia in modo maniacale, continuando a prepararmi come se niente fosse.
"Buongiorno, luce dei miei occhi. Il tuo riposo è andato come speravi stanotte?" disse lui dall'altra parte del telefono e alzai gli occhi al cielo facendomi scappare un piccolo sorriso per quanto fosse idiota, però gli volevo davvero un gran bene e mi aveva aiutata quando le cose andavano veramente tanto tanto male.
"Claro, ieri è stata una serata particolarmente piacevole per me. Ho ascoltato della bellissima musica classica accompagnata da un bicchiere di garnacha cariñena vidadillo, il sapore era talmente sapido e avvolgente che credevo di raggiungere i Nirvana a momenti." dissi afferrando della crema e incominciai a spalmarla nelle mie lunghe gambe dato che i miei muscoli erano davvero rilassati.
Matias rise e mi ascoltò attentamente, da sempre avevo notato che le persone pendevano dalle mie labbra quando aprivo bocca, attiravo sempre l'attenzione in ogni caso anche quando non avrei voluto.
"Joder, ecco perché amo chiamarti di buon mattino già consapevole del fatto che sentendoti la mia giornata sarà impeccabile. Sono appena arrivato in ufficio e abbiamo un caso complesso non vedo l'ora che arrivi." disse ritornando ad essere formale e annuii già presa dalla sua affermazione, terminammo la chiamata e finii di prepararmi impeccabilmente.
La mia lunga coda oscillava insieme al rumore dei miei tacchi ed entrai in macchina, l'avevo acquistata da poco ed era nuova di zecca dato che il mio stipendio era sempre più elevato, perché? Perché crescevo sempre di più e lavoravo con persone importanti e andavo in dei posti davvero tanto privilegiati.
Abbassai un'attimo lo specchietto e i miei occhi verdi erano così accesi grazie al trucco evidente, sorrisi amandomi immensamente come ogni giorno e partii indossando gli occhiali da sole facendo retromarcia nel mio viale di casa.
Fortunatamente non c'era tantissimo traffico e mi fermai davanti ad un semaforo rosso tamburellando le mie unghie smaltate di rosso sul volante rivestito in pelle, risi appena nel vedere alcune persone guardare insistentemente la mia macchina e quando realizzavano che ero proprio io a guidarla spalancavano la bocca increduli.
Ripartii abbastanza tranquilla e in lontananza vidi Matias aspettarmi, parcheggiai facendo retromarcia e nel farlo abbassai di poco gli occhiali per guardare bene tramite gli specchietti concludendo il tutto perfettamente.
Slacciai la cintura uscendo dalla macchina e chiusi lo sportello sorridendo al ragazzo davanti a me che si avvicinò sorridendo felice, non ci vedevamo da un bel po' dato che fino alla settimana scorsa mi trovavo in America, precisamente a New York.
"Buongiorno, Alicia Sierra. Devo dire che oggi è davvero incantevole." disse facendomi ridere e si porse per lasciarmi un lungo bacio sulla guancia, strinsi leggermente le sue spalle possenti e gliene diedi uno anche io.
"Avrei preferito che usassi "abbagliante" ma ti perdono ugualmente." dissi staccandomi appena e gli sorrisi entrando dentro, mi tolsi gli occhiali andando direttamente in ascensore e Matias mi raggiunse appoggiandosi al mio fianco, sul muro.
"Beh? Non mi racconti nulla? Com'è andata?" disse tempestandomi di domande e sorrisi, mettendo la testa di lato osservandolo più attentamente.
Mi fidavo ciecamente di Matias e non avevamo mai avuto nessuna divergenza che ci permettesse di staccarci, la nostra amicizia era pura e non lo vedevo come un qualcosa in più nonostante avesse colmato tante giornate tristi.
"Una meraviglia, c'erano tantissime persone e il congresso era enorme. Ovviamente ho visto anche tante persone presuntuose che mi hanno un pochino urtata il sistema nervoso. Ma sai com'è.." dissi con lo sguardo fisso sui numeri dei piani che salivano e il palazzo dove lavoravo era immenso, c'erano quasi una ventina di piani e il mio ufficio si trovava nell'ottavo.
Le porte si aprirono di scatto e nonostante tutto il mio migliore amico mi inseguì perché quando mancavo così tanto voleva sapere ogni singolo dettaglio.
Mentre camminavo i miei tacchi facevano un rumore piacevole annunciando il mio arrivo e spostai di poco il mio capotto mostrando la gonna stretta a vita alta che portavo, amavo tenermi in forma anche perché volevo essere sempre attenta.
Lavorare contro le ingiustizie, non è sicuro.
Non è sicuro niente in questa vita.
Matias mi sorrise maliziosamente capendo già che avevo fatto qualcosa e sbuffai appena arrivando davanti al mio ufficio impeccabile, aprii la porta facendolo entrare e una luce immensa mi avvolse grazie alle vetrate altissime.
"Sulla trentina, alto, abbastanza muscoloso e i suoi occhi erano azzurri. Mi pare avesse un tatuaggio in tutto il braccio sinistro ma ritengo che questo piccolo dettaglio sia irrilevante, no? Lavora nell'FBI, Dios mi ha fatto passare una notte piacevole e ne avevo bisogno." dissi sedendomi nella mia poltrona e tutto era sistemato in modo impeccabile per il mio ritorno, i miei fascicoli erano pronti per essere letti e finalmente avevo dei nuovi casi interessanti.
Matias era estasiato.
Si sedette nella sedia davanti alla mia scrivania e lo guardai spostando la mia coda che ricadde alle mie spalle, lo scrutai incuriosita osservando ogni sua singola espressione facciale constatando che voleva sapere di più.
"Da quando scopi con i ragazzini? Io non ti piaccio?" disse indicandosi e non mi mossi guardandolo dritta negli occhi ma non resistetti e scoppiai a ridere ad alta voce perché tanto il mio ufficio si trovava alla fine del corridoio.
"Tu sei un bambino adorabile, e poi, cosa vorresti insinuare? Ho quarant'anni mica ottanta, non devo mai accumulare la tensione o potrei impazzire." dissi accendendo il mio MacBook e avevo la casella postale piena di email da leggere, ogni qualvolta che ero lontana dal mio impero perdevo un po' di contatti.
"E donne?" disse Matias ad una certa incoscientemente e la gola mi si chiuse appena facendomi mancare leggermente il fiato, ma mi ricomposi subito facendo spallucce.
Mi divertivo, ero una donna che manipolava chiunque per farlo cadere ai miei piedi quindi la mia sfera sessuale era molto aperta e tutto mi incuriosiva.
Però, c'era sempre quel tasto dolente che non riuscivo a controllare.
"Mhm? Nell'ultimo periodo non c'è stata qualcuna che abbia attirato la mia attenzione, gli uomini sono diversi perché ci amo giocare, sono deboli riguardo alla mia seduzione e poi, volevo un corpo maschile." dissi senza peli sulla lingua e il ragazzo davanti a me sorrise nel sentirmi parlare in questo modo, eravamo delle persone libere entrambi e con lui non avevo problemi a dire determinate cose.
Nonostante fosse più piccolo di me di quasi dieci anni, ha una maturità incantevole che mi affascina e talvolta la considero come una voce della mia coscienza interiore che sa essere razionale nei momenti più caotici.
"D'accordo, cosa abbiamo qui?" disse facendo un cenno con la testa al fascicolo che avevo in mano e lo aprii leggendolo velocemente, il tempo stava scorrendo e solitamente prima dell'ora di pranzo dovevo fare il punto della situazione o sarei impazzita.
"Villaggio olimpico di Monaco di Baviera, alcuni terroristi palestinesi appartenenti al gruppo di settembre nero, hanno preso in ostaggio 9 atleti." dissi leggendo i dati e tracciai le mie labbra dipinte da un rossetto rosso fuoco, molto acceso.
Il compito di un'ispettore che si occupa per la negoziazione è sicuramente quello di risolvere le cose senza usare la forza, o delle decisioni che possono sabotare tutto quanto quindi la mia migliore amica era la logica.
Il negoziatore principale deve avere la capacità di conquistare la fiducia dell'interlocutore, saper ascoltare e comprendere le sue esigenze, gestire le emozioni, in poche parole deve riuscire a creare una relazione empatica.
Un buon negoziatore deve dunque saper ascoltare e comprendere i bisogni dell'interlocutore, ma soprattutto deve essere bravo a bilanciare rifiuti e concessioni.
"Quando cazzo è successo?" disse Matias afferrando i fogli leggendolo velocemente e la data era di quasi due settimane, quindi la questione era molto fresca e non ero stata informata perché mi trovavo in America.
"Ma come hanno gestito la cosa? É un fottuto macello, non hanno saputo negoziare assolutamente nulla." sbottai alzandomi e gironzolai guardando molto bene le foto delle vittime, inarcai un sopracciglio interdetta quindi senza neanche perdere un secondo in più afferrai il mio telefono insieme a tutta la montagna di fascicoli.
Una carneficina orrenda.
"Ok whoa, dove stiamo andando?" disse il mio amico alle mie spalle e andai di nuovo in ascensore, Matias entrò per un soffio dentro con me e i miei occhi verdi ardevano talmente avevo una grandissima voglia di litigare.
"Lo sai, da chi ha gestito questa cosa perché c'è scritto proprio il suo nome qui." gli spiegai alzando il fascicolo indicandoglielo e alzò gli occhi al cielo, le porte si aprirono e i miei tacchi facevano un rumore assordante tant'è che alcune persone si voltarono a guardarmi dato il mio arrivo.
Mi fermai davanti ad una porta in particolare e l'uomo che mi interessava stava parlando al telefono, gli feci un cenno richiamando la sua attenzione e alzò la mano intimandomi di aspettare che finisse di parlare ma ovviamente non me ne importò.
Odiavo aspettare, odiavo non avere tutto subito quindi non in mia completa razionalità avanzai dentro al suo ufficio, sbattendo il fascicolo con forza sulla sua scrivania facendolo sussultare dalla sorpresa.
"Sierra, ti serve qualcosa? Non vedi che sono impegnato?" disse abbassando la voce e mi appoggiai contro quest'ultima mentre Matias era rimasto sullo stipite della porta con un sorrisetto estasiato nel vedermi così.
"Colonnello, però! Non lo trova ingiusto? Ho sprecato il mio tempo prezioso per venire qui da lei e osa addirittura parlare con qualcuno al di fuori di me?" dissi con una mano sul petto teatralmente con la mia solita ironia instaurata dentro di me.
"Prego?" disse con una smorfia infastidita e indicai il fascicolo sbattendoci la mano sopra, nel farlo, la mia coda rossa si mosse velocemente.
Alfonso Pietro, è a capo dei servizi segreti.
Un emerito coglione, non mi è mai piaciuto anzi, ha sempre pensato ai suoi comodi lasciando fare il lavoro sporco alle altre persone.
Dopo vari secondi terminò la chiamata appoggiando il telefono e si sedette nella sua poltrona mentre io facevo lo stesso, eravamo faccia a faccia e aprì il fascicolo.
"Sì, questo colpo è avvenuto quando tu non c'eri e ho lasciato il compito ad altre persone esterne di farlo. Quindi?" disse ridendo appena ma la mia espressione in viso rimase neutrale, poteva anche puntarmi una pistola alla tempia che sarei rimasta impassibile comunque.
"Hai per caso paura che una donna possa risolvere un caso così complesso? Inoltre vedo che avete fatto ogni singolo passaggio alla cieca, non c'è metodica e sai cosa mi da fastidio? Che un'aereo per ritornare qui l'avrei preso molto volentieri." sbottai nervosa e quando c'era di mezzo il mio lavoro mostravo tutto il mio fastidio.
Al di fuori di tutto.
"E sentiamo, Sierra cosa avresti fatto?" disse il Colonnello alzando le braccia imperterrito e tutti i miei colleghi erano consapevoli, dopo anni, che quando c'era di mezzo una discussione con me non avrei ceduto neanche sotto tortura.
Incrociai le mie gambe snelle con un sorriso sulle labbra e feci spallucce giocherellando con l'anello che indossavo sul mio anulare destro, avevo il pieno controllo di questa discussione e poi molto lentamente mi avvicinai al suo viso. Senza emozioni.
Usando il mio narcisismo dannato.
Perché io sono così, una donna senza pietà che non prova neanche un minimo di compassione neanche a chi osa, fare del male in questo mondo ed era estenuante vivere in questa maledizione che non mi lasciava andare.
Ero malata, del mio stesso dolore.

"Prima sparo, poi faccio le domande."

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