1. La Luna oltre la finestra

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Tendo le mani di fronte alla faccia, a palmi aperti. Mi concentro, esercito una piccola pressione contro le righe...

Ed eccolo, il prodigio! Il biancore che si dilania in lontananza, e si squarcia in due; è come assistere al miracolo della creazione, con le acque che si dividono dal cielo, e lo spazio tra loro che si allarga, ancora, ancora...

E bum!

La copertina del taccuino sbatte contro la parete di fianco.

Mi riempio i polmoni d'aria.

Resto disteso sulla pagina ancora per un po'; mi passo le dita sulla felpa, alla ricerca della tasca anteriore. Mi carezzo la pancia, come se il gesto potesse darmi sollievo.

Adesso, sopra di me, a più di quaranta iarde di distanza, c'è il soffitto.

Sempre il solito soffitto. Bianco. Altissimo. Irraggiungibile.

Aspetta, c'è qualcosa di diverso.

Il colore: non è bianco. È grigio scuro.

Ma che è successo?!

Sollevo la schiena di scatto. Frenetico, mi guardo attorno; a destra, a sinistra...

Mio Dio, ma... è buio. È tutto buio!

Questa non me l'aspettavo proprio.

No, rettifico: è quasi tutto buio. C'è una fonte di luce artificiale, al lato opposto della stanza. È la lampada da tavolo, in plastica arancione, appoggiata all'angolo sinistro della scrivania.

Non sono sicuro che i miei ricordi siano affidabili, ma... credo che non sia mai stata accesa. È sempre stata laggiù, ma... spenta.

E, del resto, non c'è neanche mai stato bisogno che fosse accesa, perché non è mai capitato che fosse... notte.

Cavolo. Questo è strano. Non è mai capitato che fosse notte. Non ci avevo mai riflettuto prima di questo momento... Anche perché la situazione era già abbastanza assurda per conto suo, quindi è naturale che una simile sottigliezza sia passata in secondo piano. Però, è senza dubbio così. Fuori dal taccuino, c'è sempre stata una luce simile a quella del giorno, a rendere visibili i contorni e i colori delle cose. Una luce, proveniente dall'altra parte delle tapparelle, sul muro alla mia destra...

Certo, a volte la luce era più intensa, come accade con un cielo sereno; e altre volte era più tenue, come in una giornata di pioggia... Ma mai... Mai... ho visto la notte.

Perché questa volta è notte?!

«Aidan...?»

Abbandono lo skate a metà pagina, mi spingo fino all'estremità del foglio. Lascio ricadere le gambe dal bordo e, come sempre, le suole trovano subito un appoggio sulla più vicina delle copertine sporgenti. Il mio taccuino è appoggiato sulla cima di una pila di fumetti.

Mi sporgo. Getto lo sguardo in basso.

Aidan, di regola, è da laggiù che esce: da quel block-notes giallo chiaro, appoggiato sopra a un mucchietto di dépliant.

Tuttavia, ora non è qui. Non vedo nemmeno dei movimenti, sotto la carta.

Che sia ancora privo di sensi?

Okay, adesso sono un po' in ansia. Uno a uno, discendo i fumetti a mo' di gradinata, raggiungo il penultimo e, con un balzo, atterro sul supporto di legno chiaro.

Ci faccio caso con la coda dell'occhio.

«Cavolo...»

Non è solo l'ora del giorno a essere diversa. Ci sono un sacco di cose fuori posto... Il gigantesco letto, accanto a noi, è disfatto. Le lenzuola si sollevano in volute azzurre per oltre sedici piedi, il cuscino è abbandonato in diagonale... e laggiù, sotto di noi, sul lungo tappeto... c'è un pigiama appallottolato.

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