31. Tra le macerie

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Certo, non ne posso essere sicuro. Potrebbe anche essere stato il discorso di Morbus a gettarmi in questo stato d'angoscia, come se tutto potesse volgere al peggio nel giro di un istante. Quando sono rientrato nel taccuino, a seguito del richiamo, ero ancora un fascio di nervi, preda di una suggestione mortifera che mi ribolliva nella pancia, e sono precipitato nell'incoscienza che non avevo ancora smesso di tremare, e non potevo che risvegliarmi così, con un senso di presagio.

Eppure, credo ci sia stato dell'altro. Ho percepito che qualcosa dentro di me era cambiato, come un tassello del puzzle che è andato perso, prima ancora di scivolare fuori dalle pagine del quaderno.

Me lo sentivo, da prima.

Da prima di volgere lo sguardo verso la postazione di Kurt, e di trovarla vuota. Prima di far caso al quaderno, girato al contrario, con la parte del taglio rivolta verso la parete. Segno della manomissione.

E non ho avuto la forza – sarebbe stato superfluo – di trattenere le conclusioni. Di andare lì, aprirlo, controllare che la pagina del suo ritratto ci fosse ancora, in mezzo agli appunti di biologia. Lo sapevo già che era stato strappato. 

Lo so già.

Sono solo crollato a terra, in ginocchio. E non mi sono più mosso di qui.

L'intervento di Leyton nell'arco di tempo in cui siamo stati incoscienti mi è così chiaro che mi pare quasi di vederlo, mentre si avvicina al nostro scaffale, afferra il primo quaderno della pila, lo trae a sé, e si accorge del block-notes di Aidan, che per tutto questo tempo è rimasto lì sotto, al sicuro. "Ah, ecco dov'era finito" deve aver pensato. "Però non ricordo di averlo messo qui. Quando l'ho spostato dal mio comodino...?" Una domanda così, che chiunque si farebbe di fronte a qualcosa che credeva di aver perso. Un pensiero di poco conto, che non dà seguito ad alcuna indagine, e che svanisce così com'è comparso. 

E ora, non so più da quanto tempo me ne sto qui, immobile, a ripercorrere gli ultimi istanti della sua vita, prima dello scarto. E a chiedermi: "Come avrei potuto impedirlo? Ci deve essere stato un modo. Quale? Cosa avrei dovuto fare in modo diverso? E se fossi stato io, per primo, a strappare quella pagina? Se l'avessi piegata in quattro e nascosta dalla mia parte prima che Leyton la trovasse, avrei fatto bene? Oppure avrei solo danneggiato il suo supporto, facendo del male a Kurt? E se avessimo messo il quaderno intero in fondo alla pila, anziché lasciarlo lì dov'era, si sarebbe comunque ricordato di quel disegno? O sarebbe solo caduto nell'oblio, per chissà quanto tempo? Magari gli avremmo dato qualche settimana in più, e adesso sarebbe vivo... Sarebbe vivo. Ma è troppo facile ragionare a posteriori, quando le cose sono già accadute. Quando ormai è tardi per riportarlo indietro.

Il covo è sveglio. Lo è da un pezzo, ma non so come l'ho capito, né quando. Il brusio degli abitanti degli scaffali non ha alcun modo di raggiungermi. È solo un rombo ovattato, al di là della bolla. Per quel che ne so, potrebbero essere le nove del mattino come mezzogiorno. Ma non m'importa. Io non voglio alzarmi, e non lo farò. Perché forse non posso far nulla affinché, fuori di qui, il tempo si fermi; ma, all'interno confini di questo scaffale, posso far sì che non esista. Che sia solo un susseguirsi del medesimo istante, che si ripete per sempre. L'istante in cui io sono qui, mi sono appena sveglio, e potrei ancora aver capito male. Kurt potrebbe ancora svegliarsi. 

Poi, un'ombra si proietta sulla mia faccia. C'è una sagoma, tra me e la finestra, che oscura la luce. Chiunque sia, lo odio. Perché ha portato il tempo qui.

«Will...?»

E mi domando cosa accadrebbe se me ne stessi zitto. Se rimanessi immobile, e fingessi di non essermi accorto di lui. Se ne andrebbe, forse. Si rassegnerebbe alla mia scelta di rimanere bloccato in questo momento di stasi, e non verrebbe più.

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