11. Love Interest

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«Oh, mon Dieu, eccolo!» Con un fragoroso scalpiccio di tacchetti sul parquet, il vampiro rotea il busto all'indietro, e fa compiere alla giacca un ampio giro attorno alle culottes. Indica in lontananza, verso il centro dello studio. «Lo ha trovato! Sono tornati!»

Rahel e Becky sussultano. Trattengono il fiato e si voltano all'indietro. Laggiù, poco oltre la cartellina-palchetto, nella direzione in cui Florent sta puntando il dito, l'armatura del guerriero brilla per un istante sotto a un filo di luce filtrato dalla tenda. Iskandiar, a passo sostenuto, incede in nostra direzione, con la mano stretta attorno all'impugnatura della sua spada, che sbatacchia dall'interno del fodero contro il tessuto spesso dei pantaloni. Assieme a lui, a poca distanza, c'è il leader del covo. 

«Kurt!» Rahel molla la presa dalle mani di Becky e si solleva in piedi. Tira un sospiro di sollievo. «Oh, Dio, meno male, Kurt! Sbrigati, vieni qui!»

Il guerriero rallenta il passo, si ferma di fianco al vampiro e, senza dire una parola, si lascia superare dal capo. Le pupille filiformi di Kurt si muovono frenetiche, confuse, tutt'attorno a lui. 

«Rahel... Iskandiar mi ha detto che c'era un'emergenza» Parla in fretta, in tono concitato. «Ho mollato subito tutto quel che stavo facendo, e... siamo corsi qui! Ma di che cosa si, si...» 

I suoi occhi cadono sulla figura di Becky. Sconvolta e tremante, se ne sta rannicchiata sul pavimento, le ginocchia strette sul petto. 

Kurt sbarra le palpebre. «B-Becky! Che cos'hai?! Che è successo, stai bene?!» Poggia il ginocchio a terra, proprio di fronte a lei. La sua mano fa un guizzo in avanti, come se volesse afferrarle il mento per guardarla meglio in viso, ma subito ci avesse ripensato.

«No.» Rahel scuote la testa, cupa. Si ravvia all'indietro le treccine, solo da un lato della testa. «No, Kurt. Non sta bene. Ha... Ha iniziato a...»

«S-sei.» Becky lo guarda negli occhi, stringe le dita convulse attorno al laccio del suo stivale. «S-sei... d-dollari.» Serra i denti, in un moto di rabbia sterile e priva di scopo. Le lacrime, contro il suo volere, ricominciano a scorrerle lungo le guance. Perché ogni sillaba che cerca di pronunciare resiste al suo tentativo di piegarla, di renderla coerente con i pensieri che ha in testa... con la sua volontà; e tutti i suoi muscoli facciali, da meta volto in giù, sono tesi, gonfi, impotenti, disperati, è... Dio, è uno strazio! Non... Non riesco nemmeno a guardarla!

Kurt, invece, solleva le sopracciglia, e la osserva ancor più da vicino «C-come...?» Cerca, smarrito, lo sguardo della sua compare. «Rahel, ma che cosa...?»

«Ha-ha iniziato a ripetere queste solo quattro parole: "Sei dollari e quarantacinque, sei dollari e quarantacinque, sei..."» Si umetta le labbra, preme il palmo sulla fronte. «C-così! E, ed è... È come se non riuscisse più a parlare in modo normale! Non ci riesce! Dio, Kurt! Ci ho provato, a farle delle domande, ma sembra... Sembra che non possa dire nient'altro!»

E Kurt, ancor più attonito di quanto già non fosse, resta a fissare Rahel, in silenzio... non so per quanto. I suoi occhi si spostano alle spalle di lei, su Florent, su Iskandiar. Non trova le risposte in nessuno dei loro volti. «Becky...» Torna sulla ragazza. «È... è la verità?»

E lei annuisce. Le sue labbra sono strette in una linea. Forse vuole smettere di parlare. Restare muta, solo per non sentire quella frase di nuovo. Per non dargliela vinta.

Kurt deglutisce. Il suo sguardo resta sospeso nel vuoto; i suoi occhi sono su Becky, ma è come se si proiettassero altrove... o fossero ciechi. E, sul loro fondo... c'è il terrore. 

Lo ricaccia indietro, all'istante. Si solleva in piedi, le volge le spalle. Passa in rassegna tutti gli alti: Rahel, Florent, Iskandiar... «E da quanto tempo sta così?»

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