13. Gli Eroi

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Serro le palpebre. Dio, che cerchio alla testa... Mi porto le dita sulla fronte, per massaggiarla. Il sollievo è immediato, ma... superficiale. Forse, se resto ancora un po' qui dentro, se ne andrà via da sé. No, no. Questo sfondo bianco e a righe non fa altro che peggiorare la situazione. Meglio prendere un po' d'aria. Spingo in avanti la copertina del taccuino; il mio nome, il mio indirizzo di casa si allontanano da me con lentezza, in silenzio. Metto un piede fuori, nell'intercapedine in penombra tra la sfilza di libri e il fondo del nostro scaffale. 

Questo è solo il terzo risveglio, qui al covo. Terzo giorno da quando io e Aidan abbiamo abbandonato la camera col letto singoli e tutti quei fumetti sul comodino. Mi sento... stanco. Stanco, sì. Ho i pensieri annebbiati, difficile da spiegare; mi sembra di avere la testa piena di ovatta... come se non avessi dormito bene. 

Eppure, non dovrebbe essere così. Non esiste il "dormire bene o male", in un posto del genere. Una volta che rientri dentro al tuo quaderno, dopo il richiamo, è come se tu fossi... spento. È insolito... non mi è mai capitato di sentirmi così, da quando... ho lasciato la mia casa. Che io stia sperimentando una sorta di riavvicinamento alla mia forma originaria? Come se fossi più reale di ieri, più simile allo Will in carne e ossa, e quindi tornassi a provare le sensazioni tipiche del mio vero mondo.

No... Mi alletta, il pensiero, ma sarebbe troppo strano. Forse, è solo autosuggestione. Eppure, la testa mi pesa sul serio.

Abbandono lo skate a terra, mi strofino le palpebre con le notte. 

Ieri. 

Già... Ne sono successe, ieri, di cose, e nessuna è stata positiva. I ricordi mi si accavallano in testa confusi. Becky che è stata male, tutto il covo che è accorso sul pavimento, il casino attorno... E poi, Kurt che si calava nel cestino, gli appunti recuperati...

Diamine, non volevo ripensare a queste cose. E se c'entrassero qualcosa col modo in cui mi sento? Se stessi subendo il contraccolpo dell'eliminazione di quelle parti della trama? In fondo, è vero: riguardavano anche me. Non nella stessa misura di Becky, certo, però...

«Florent?»

Silenzio. 

Sollevo lo sguardo, verso i tagli superiori dei libri. Strano, mi aspettavo di trovarlo lì seduto, come le altre mattine. Che sia ancora... A proposito, qual è il suo quaderno? Non mi sono mai preoccupato di chiederglielo. Alzo le spalle. In effetti, non mi cambia molto sapere dove sia.

Avanzo di quale passo, in direzione del varco che porta verso l'esterno. C'è uno strano rumore, nell'aria... Aumenta d'intensità, man mano che mi avvicino al fascio di luce che, a partire dalla fenditura, si allunga e sfuma sul legno... è un brontolio continuo, a bassa intensità, come se decine e decine di persone stessero bisbigliando tutte assieme, in diversi angoli dello studio. È strano, di solito a quest'ora c'è un assoluto silenzio, nella stanza.

Dio, sarà stato questo a farmi sentire così rintontito appena sveglio? Forse l'ho confuso con... Con una specie di brusio mentale.

Scuoto la testa, incurvo le spalle ed entro nel passaggio. Quando risbuco dall'altra parte, non mi sembra che ci sia qualcosa di diverso dal solito. Di fronte a me, c'è sempre lo stesso studio vuoto, la stessa porta socchiusa sulla parete opposta... e la luce azzurrognola tipica del mattino, che penetra dalla finestra. 

E c'è anche Florent. Stavolta, però, se ne sta in piedi sul ciglio, alla mia destra. Tiene le braccia distese lungo il corpo e l'espressione... attenta, incollata in un certo punto della stanza. 

«Florent...? Che... Che succede?»

Ma lui mi risponde solo con un piccolo cenno del mento. Mi volto. Là, seduto a gambe incrociate nel centro del tappeto, c'è... Kurt. Da solo. I suoi avambracci sono adagiati sulle ginocchia, le mani strette a pungo. Il suo collo è appena infossato nelle spalle, e lui guarda fisso nel vuoto, di fronte a sé. L'aria passa lenta, cadenzata, attraverso le labbra dischiuse. Inspira, espira... Inspira, espira... 

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