Quarto risveglio al covo, quinto giorno.
La tenda della finestra, di fronte a me è appena scostata, e tra le tapparelle oblique scorre di tanto in tanto un sottile rivolo di pioggia. Procedono a zig-zag verso il basso, deviano il tragitto in prossimità delle sbeccature della vernice che lasciano intravedere il colore del legno, e terminano nel bordo inferiore, i cui cadono giù a ritmo, plick, plick, come una medicina da un contagocce. Al di là delle fenditure, in lontananza, s'intravedono solo i gonfi accumuli di grigio nel cielo, interrotti solo da striature rade e biancastre. Mi sento il freddo dietro al collo, e l'umidità sottopelle, anche se siamo al chiuso.
Mi tiro il cappuccio sulla testa, per acclimatarmi in questo disagio sia pure solo psicologico, e rilasso le spalle contro la superficie liscia del pannello. Adesso, ho proprio l'aria di un borseggiatore che sta appostato in un vicolo. Mi sporgo un'altra volta di lato, per affacciarmi all'indietro, nello pseudo-corridoio che divide la scrivania dalla cassettiera.
Ancora niente.
«Diamine.» Sospiro. Sarà almeno mezz'ora che me ne sto qui, nascosto, in attesa che qualcuno si decida a tirar giù la scala. Prima o poi qualcuno dovrà pur farlo, no? Mica vorranno rimanere tutto il giorno là sopra. O sì? Il dubbio mi formicola nelle viscere.
Certo, sarebbe tutto molto più semplice se andassi là sotto, usassi il dono della parola e facessi presente che voglio salire. L'altra volta, ha funzionato. Solo che... Dio, non mi va. Non mi va per niente di interagire con altre persone. L'unica cosa che voglio è... procedere a testa bassa, in silenzio, guardandomi i piedi, e andare dritto dal Mentore, rifugiarmi nel suo piccolo studio, guardarlo mentre lavora e non uscirne da lì per tutto il giorno. O... per sempre. È chiedere troppo? Sono proprio costretto a socializzare, se non voglio? Cribbio.
Mi sento uno straccio. La testa mi gira, e l'angoscia mi sta mangiando lo stomaco. Ho anche valutato di restare tra le pagine del taccuino, punto e basta. Solo che avevo paura che poi Florent sarebbe venuto a cercarmi proprio lì dentro, e io non avevo voglia di parlare nemmeno con lui. Tant'è che, prima di abbandonare lo scaffale, non mi sono nemmeno fermato per dargli il buongiorno. Non l'ho visto nei paraggi, ho dato per scontato che non si fosse ancora tra le due dimensioni, e me la sono svignata per venire qui.
Proietto lo sguardo all'indietro, di nuovo, verso l'alto.
Ancora niente.
Solo silenzio, lentezza, immobilità. Come sempre, qui al covo, di prima mattina...
Già. Se uno dovesse basarsi su questi elementi, parrebbe quasi che la situazione sia tornata alla normalità: la quiete, la lentezza. Se non fosse che non è così. Non c'è nulla di normale.
L'ho visto, Kurt, mentre venivo qui. Se ne stava seduto sul ciglio di un'agendina, sul suo scaffale, e dava le spalle alla stanza. Le spalle curve in avanti, il collo infossato. Era solo.
Aidan è fuori. Nessuno ha la più pallida idea di dove sia di preciso, né di cosa potrebbe accadergli. Proprio non lo so, cosa possa uscirne, da tutta questa storia. Però, se abbiamo fatto bene i calcoli, e se le nostre ipotesi sono corrette... allora, prima di scoprire qualcosa, dovremo aspettare... il prossimo risveglio.
L'ansia mi sta mangiando vivo. Diavolo, è un sacco di tempo. Già non ne posso più.
Okay, provo a fare mentre locale. È la terza volta che lo rifaccio, e ho già appurato che non mi tranquillizza, ma... se tutto è andato come doveva – credo lo sia, visto che Kurt è solo – Aidan è rimasto qui fuori, sveglio, quando noi rientravamo nei quaderni. Doveva essere più o meno l'una. Forse, a quell'ora l'autore stava rientrando; forse, in seguito è rimasto in casa e Aidan ha potuto osservarlo fino a sera. Poi, la mattina seguente – cioè, un'ora fa, o giù di lì – dovrebbe averlo seguito mentre usciva, prima che noi ci risvegliassimo. E, adesso, dovremo contare i minuti... e, a meno che anche al prossimo richiamo qualcuno decida di restare sveglio, quando Aidan tornerà, noi saremo già dentro.
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Incompleti
FantasyWill Donovan ha 17 anni. Sa di vivere a Vancouver, nel quartiere di Downtown Eastside. A parte questo, non ricorda nient'altro della sua vita. Da quando è finito 𝘲𝘶𝘪, la sua memoria è incompleta. E tutto ciò di cui gli importa è tornare a casa.