Lo skateboard corre sul tappeto, al centro del corridoio.
Kurt. È con lui che devo parlare.
Forse è troppo presto...? Prima di riavviarsi verso il covo, il professor Pierce ha detto che sono ancora scosso dagli eventi e che, per elaborare, mi servirebbe tempo. Tempo... Certo, perché quando una verità viene rivelata all'improvviso, non se ne possono estrarre tutte le implicazioni in una volta sola. Bisogna pensarci, e ripensarci; trovare i fili, sciogliere i nodi...
E magari ha ragione, in parte. In un nanosecondo, sono passato dallo sconforto all'euforia. È bastato che lui mi ponesse la questione da una prospettiva diversa. Non c'è stata riflessione di mezzo, solo... la fretta.
Tuttavia, non m'importa. Non voglio rimandare, voglio parlarci... adesso. Anche a costo di non sapere come mettere in fila le parole. Voglio che lui sia il primo a sentire, che sia...
La consapevolezza di ciò che mi muove si agita dentro al mio stomaco fino a prendere una forma confusa di fronte ai pensieri. È importante che sia lui. Quando mi ero ormai quasi convinto che non ci sarebbe mai stata alcuna simpatia tra noi, c'è stata... quella specie di tregua. Era cambiato qualcosa, l'ho sentito; e non credo fosse solo un'impressione. Anche se, in fondo, non ho fatto niente di concreto per meritarlo, a parte proporre quel piano, lui aveva cambiato idea su di me. E io... non voglio tornare al punto di partenza. Deve... saperlo...
La fine del primo tratto di corridoio è a meno di un passo. Rallento l'andatura dello skate, inclino il peso per svoltare a destra. Il secondo tratto si spalanca di fronte a me, il cielo azzurro oltre la finestra; e, appena alzo lo sguardo...
C'è qualcuno alla porta.
Freno.
Proprio come ho fatto io neanche un'ora fa, Kurt esita sulla soglia, con metà del corpo ancora al di là dello spiraglio, e si guarda indietro con circospezione. Ma per caso... non vuole essere seguito? È strano. Oppure, al contrario, controlla che il resto della squadra gli stia al passo? Potrebbe trattarsi di un altro sopralluogo...
Stavo cercando proprio lui. Dovrei chiamarlo, andargli incontro, approfittare della fatalità. Eppure, qualcosa mi blocca. La sua postura, il modo in cui si è guardato alle spalle... tutto mi dà la sensazione che lui non sia consapevole di avere un testimone. È come... guardare da una serratura.
Per alcuni istanti, ogni cosa resta sospesa in uno stato di incertezza. Poi, Kurt si distacca dalla porta. Non c'è nessuno dietro di lui. È da solo.
Forse ora si girerà. Volgerà la testa nella mia direzione, e vedrà che sono qui. Del resto, ci sono solo io. Impossibile non notarmi.
Mezzo secondo, la bocca dello stomaco chiusa di colpo per l'aspettativa. Che gli dico? Come esordisco?!
E... come non detto.
Non solo Kurt non viene da questa parte, ma nemmeno gli cade l'occhio, troppo concentrato a tenere sotto controllo qualunque cosa ci sia, al di là dello spiraglio. Si scosta allontana, dapprima con cautela; e poi, appena superato il punto cieco, a passo svelto, verso la finestra.
Diamine. Non credo proprio di essermi sbagliato. Kurt... davvero non voleva essere seguito.
Mi sento come una spia. Non dovrei, perché non è colpa mia se mi trovavo qui proprio ora. Anche se, in un certo senso, c'è qualcosa di colpevole nel non emettere un fiato. Il buonsenso mi dice che al suo posto vorrei che l'altra persona si palesasse, così potrei regolarmi. Ma... farei davvero bene? E se attirassi l'attenzione anche degli altri? Non posso chiamarlo a voce alta...
Attaccato al muro, sotto la finestra, ci sta il solito mobiletto di metallo a tre ripiani, sormontato da alcuni vasi di fiori. È lì che Kurt sta andando. Si avvicina al ripiano più in basso, quasi rasoterra; allunga la mano e, da dietro una pilla di vassoi in plastica verde infilati l'uno nell'altro, estrae un, un...
STAI LEGGENDO
Incompleti
FantasiWill Donovan ha 17 anni. Sa di vivere a Vancouver, nel quartiere di Downtown Eastside. A parte questo, non ricorda nient'altro della sua vita. Da quando è finito 𝘲𝘶𝘪, la sua memoria è incompleta. E tutto ciò di cui gli importa è tornare a casa.