2. Macchia d'inchiostro

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Procedo carponi lungo l'asse obliqua di metallo cavo. Devo prestare la massima attenzione, o rischio di scivolare giù e andare a sbattere sul pavimento. Sulla mia testa, c'è la rete del letto a doghe orizzontali, in legno chiaro, a farmi da soffitto. A stare qua sotto ci si sente come in un immenso bunker militare, o in un grande laboratorio segreto sotterraneo da cui è stata fatta sparire tutta l'attrezzatura. 

Il lenzuolo, al mio fianco, scende morbido fino al parquet, come un tendone. Non lo guardo finché non raggiungo la fine della sbarra: il punto in cui l'asse si fissa alla gamba del letto, ad angolo acuto, tramite un bullone largo quanto un vassoio. Cerco di mettermi in equilibrio. Afferro un lembo di stoffa: prima una mano, poi l'altra. Guardo di sotto. 

Non è tanto alto. O meglio: la distanza tra me e il suolo è circa il doppio della mia altezza, e non salterei da qui neanche morto se non ci fosse il tessuto al quale aggrapparsi. Anche perché, in caso contrario, non saprei come risalire. No... non c'è un percorso meno rischioso di questo, per raggiungere il pavimento. Di certo, è più sicuro del gettarsi nel vuoto dal comodino nella speranza di acchiappare al volo la tenda della finestra. O del calarsi aggrappati al cavo del caricabatterie. O dell'usare la coperta come uno scivolo.

Così, con il lenzuolo tenuto a mo' di corda, punto i piedi alla gamba metallica e vado giù, a balzelli. Atterro al suolo, a pochi passi da un batuffolo di polvere grosso come un cane labrador. Batto insieme le mani per scuotere la polvere, mi avvicino alla coperta per sollevarla e passarle al di sotto. Risbuco nella luce diurna. Più o meno. Alzo subito lo sguardo per aria.

Aidan è lassù. La sua attenzione è ancora fagocitata dall'abito appeso a una gruccia, sul fianco dell'armadio. Si muove a destra e a sinistra e ne analizza ogni dettaglio. Si tratta di un'uniforme elegante, composta da giacca e pantaloni neri con rifiniture azzurre. Aidan l'ha scoperta stamattina. Il suo occhio-obiettivo si concentra sulla cravatta a righe oblique, appoggiata morbida sulla spalla. Ironia della sorte, va proprio a coprire metà dello stemma ricamato sul petto, all'altezza del cuore.

«Aidan, non credo che scopriremo altro da quel coso, per oggi. Le foto le hai già fatte... Perché non vieni giù?»

Aidan spegne la lucina rossa. Con un tenue ronzio, rivolge l'occhio verso di me e, dopo un attimo di titubanza, inizia a digradare nell'aria.

«Non per toglierti il divertimento, eh? È solo che non sappiamo quanto ci resti. Il richiamo potrebbe scattare da un momento all'altro... Non sprechiamo altro tempo prezioso, dietro a quella specie di... di divisa. Magari c'è qualcos'altro in giro, che ci stiamo facendo sfuggire. Uhm...»

È pur vero che la veglia non è mai durata tanto quanto oggi. Stamattina abbiamo visto la luce del Sole farsi tutto il viaggio verso l'alto, raggiungere lo zenit e sparire oltre il tetto... o meglio: questo è quello che abbiamo dedotto dalla sua inclinazione, attraverso le tapparelle. Da allora, è passato un bel po' di tempo. Non mi stupirebbe se, ormai, mancasse poco al tramonto. Avremmo dovuto sentire il richiamo già da parecchio... 

Tuttavia, è presto per dedurne che d'ora in poi saremo destinati a rimanere svegli per sempre, perciò meglio darsi da fare e raccogliere quanti più dati riusciamo prima che scada il tempo. Alla prossima occasione, la disposizione degli oggetti nella stanza potrebbe essere cambiata un'altra volta.

Hai ragione, Will. È solo che ho qualche difficoltà a decifrare lo scopo di quest'abito, e credo che sia importante.

Già, lo capisco. Non abbiamo mai visto nulla di simile.

Non che sia la prima volta che troviamo un capo di vestiario nella stanza. Sullo schienale della sedia c'è stata una maglietta, una volta. All'appendiabiti da muro, accanto alla porta, ogni tanto c'è un cappotto... Ah, e poi c'è stato il pigiama per terra. Solo che, in ognuno di questi casi, si è trattato di indumenti molto comuni: nessuno stemma, nessuna etichetta... nessun tratto distintivo, insomma.

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