12. Gli scartati

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«Kurt, per favore, fermati... Solo un secondo!» Rahel accelera l'andatura per stargli dietro. Si sbraccia, nel tentativo di farsi notare. «Ti rendi conto di quello che vuoi fare?! Dio mio, Kurt! Ascoltami un istante!»

Ma lui tiene lo sguardo fisso di fronte a sé. Incede senza incertezze, nella lunga striscia di pavimento che divide il tappeto dalla libreria. «Sì che me ne rendo conto.» 

Rahel gli afferra l'avambraccio, esasperata. «Ne dubito, Kurt! Ne dubito davvero, o non agiresti così d'impulso!» 

Io e gli altri li seguiamo a debita distanza. Man mano che avanziamo, sempre nuovi personaggi sbucano dagli scaffali e vengono a infoltire le fila della processione. Alcune facce... non le ho mai visto prima. Sopra le nostre teste, due figure incombono sulla piccola ressa. Da un lato, c'è Aidan, che rotea lento su se stesso con la luce gialla accesa, e lancia segnali sonori a intermittenza, nei pressi della scrivania; dall'altro... c'è un grosso uccello dalle ali asimmetriche e dal piumaggio azzurro. Effettua un moto circolare, nella zona della porta e della poltrona fiorita.

«Kurt... ti prego, ripensaci!» Rahel continua ad agitarsi. Poco dietro di lei, Iskandiar e Nevan fissano il volto duro di Kurt. Non hanno il coraggio di intervenire.

«Professore...» Allungo il passo e mi porto a fianco del Mentore. «Ma di cosa stanno parlando? Non riesco a capire. Perché sono tutti così spaventati...?» 

Il signor Pierce spinge all'indietro il ponte dei suoi occhiali. La sua faccia è macchiata in più punti dal nero del pastello che utilizza per scrivere e, sulle tempie, l'alone scuro si è mescolato al sudore. I suoi occhi sono piantati sulla nuca di Kurt.

«Il fatto...» borbotta, «è che nessuno, prima d'ora, ha mai tentato di calarsi dentro al cestino...»

Continuo a non capire. «E... quindi? Credevo che loro avessero esplorato... qualunque posto, ormai.» 

Il Mentore scuote la testa. «No. Il cestino non è un posto come gli altri. C'è... C'è il sospetto... che quello sia il passaggio intermedio... prima della cancellazione, il luogo in cui... si sparisce. In cui ci si trasforma in personaggi scartati.»

«In... cosa?»

«Cristo, Rahel!» Kurt si blocca e grida, all'improvviso. Strattona il braccio più volte, si libera dalla presa di lei, e fa un passo indietro. «Da loro, che non mi conoscono così bene, potrei anche comprenderlo!» Indica Iskandiar e Nevan. «Ma da te...! Tu dovresti capirlo! Possibile che, che...»

«Che cosa?! Che non ti voglia assecondare in questa follia?!» 

«Che tu non ti fidi!»

«Dio mio, Kurt! Non è questione di fidarsi o meno!» grida lei.

Kurt distoglie lo sguardo con rabbia. «Te lo ricordi, quando gli agenti della Panopticorp portarono via Ute?!»

«Sì, ma–»

«Ma, ma! Ma forse non lo ricordi così bene come credi! Sono stato io, a mettervi in pericolo... Io volevo che accoglieste Aidan, io vi ho promesso che non avremmo corso alcun rischio, io vi ho assicurato che lo avrei riprogrammato da cima a fondo prima di renderlo operativo! Non volevo che mi rompeste le scatole, che mi lasciaste fare come mi pare, e vi ho tenuto nascosto il, il... Il casino che avevo combinato!»

Rahel digrigna i denti, stringe i pugni lungo i fianchi. «Ma perché ritiri fuori questo discorso, ora?!»

«...Di averlo acceso per errore, mentre il software che lo teneva agganciato alla Torre del 12-Schnega era ancora...» Si blocca. Morde il labbro inferiore con una tale violenza che sembra se lo voglia strappare. «Sono... Sono rimasto connesso con il loro database centrale... per sette minuti, prima che se ne accorgessero. Sette, Rahel! E io ho fatto finta di niente!»

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