L'ultimo groviglio di lacrima, rimasto incastrata tra le ciglia, precipita d'un tratto lungo la guancia e raggiunge il mento. Attendo a occhi chiusi che lo scavalchi, che scivoli dentro al collo della felpa e venga assorbito dal tessuto. Inspiro piano, fino a gonfiare i polmoni. Poi, torno a guardare. Di fronte a me, il tessuto ruvido dei pantaloni di Kurt è impregnato di tutto il mio sconforto. Con fatica, mi alzo in piedi. Il distacco da lui è quasi doloroso.
«Tu... credi...» sussurro, e la mia voce trema. «Credi che sia arrivato il momento di parlare... adesso.» Mi volto verso l'intruso. «Adesso, Morbus?!»
Lo spettro distoglie lo sguardo e si mette a esaminare, con aria vaga, gli oggetti attorno a sé, vicino al bordo dello scaffale. Quando solleva il braccio, le sue dita scheletriche sbucano dall'orlo della manica scura e sfiorano la costina rigida del primo dei libri illustrati appoggiati per lungo contro la parete interna. «The Pilgrim Fathers...» pronuncia tra sé e sé, con lentezza, come se stesse leggendo. Poi, si distacca e inizia ad avanzare piano verso di noi e, con un senso del diritto tale da sfociare nella più assoluta sfacciataggine, giunge di fronte alla nostra pila e accarezza, quasi con tenero languore, la copertina del quaderno di Kurt. «Povero ragazzo...» sussurra. E io avrei solo voglia di spaccagli quella faccia ossuta che si ritrova attaccata alla spina dorsale.
Serro i denti, nel tentativo disperato di trattenere l'ira. Per non diventare un animale.
Morbus, intanto, riprende a muove, con la medesima lentezza, lungo lo spigolo. Il suo dito mortifero struscia contro il cartoncino colorato. «Avrebbe dovuto prestarmi maggiore attenzione, a mio avviso. E invece... si è fatto fuorviare dai ruoli. Buoni, cattivi... Eroi, antagonisti... Spettri e persone vive. Non c'era alcuna possibilità di mediazione tra me e lui, dico bene...?»
E io, che vorrei solo saltargli addosso, e spingerlo via da qui, mi sento il sangue affluire nella testa, il cuore battere dentro i timpani, e devo fare uno sforzo atroce su me stesso per riuscire a trovare le parole giuste per ottenere lo stesso risultato
«Kurt... n-non...» Stringo i punti e inspiro dal naso. «Non ti avrebbe mai p-permesso di salire qua sopra» riesco a dire, ma la voce mi esce sottile come un filo.
«Eppure, gli avrebbe risparmiato tanta di quella fatica rivolgersi a me» continua serafico, come se non avessi detto nulla. «È proprio vero che, a volte, il pregiudizio rende ciechi. Era così evidente che io avessi un vantaggio rispetto alle altre forme di vita del covo, e che fossi a conoscenza di questioni che a lui sfuggivano del tutto. Come a chiunque di voi, del resto.»
«Dannazione, Morbus! Sei solo un ipocrita!» esplodo. «Nessuno ti impediva di parlare! Perché non l'hai fatto?! Perché continui a dare la colpa a noi, quando ti sarebbe bastato aprire quella fottuta bocca e dircelo! Tu hai solo finto di volerci aiutare! Non hai fatto niente per venirci incontro, o per metterci in condizione di ascoltarti! Sei solo un... mostro, Morbus! Tu volevi che finisse... così!» Indico, esasperato, verso Kurt. «Era questo ciò che volevi! E adesso il tuo nuovo gioco è divertirti a scaricare la colpa su di noi... Su Kurt! Quando almeno lui ci ha provato, ci ha messo tutto se stesso per fare qualcosa per gli altri!»
«Un mostro...» sibila lo spettro, quasi fosse divertito dalla definizione. Poi, sbuffa con sufficienza. «Già. Devo ammettere che, in effetti, provo una certa soddisfazione personale nel vedervi conciati così... e andare alla deriva, come derelitti senza timone. Tuttavia...» E stacca la mano dal quaderno per si erge dritto di fronte a me. «È innegabile che ci fosse un muro, tra me e voi. Un muro che non ho eretto da solo. Ora ti faccio una domanda, Will. Cosa sai dell'ambientazione da cui provengo?»
«L-la...» Corrugo le sopracciglia, confuso. Non sono sicuro di capire il senso di questo cambio improvviso di argomento. «L'ambientazione?»
«Sì, Will. La mia trama» mi risponde con semplicità. «Tutti noi, qui, siamo legati a una trama, no? Dunque, dimmi cosa sai della mia.» Fa una pausa studiata, e tiene gli suoi occhi cavi puntati su di me.
STAI LEGGENDO
Incompleti
FantasyWill Donovan ha 17 anni. Sa di vivere a Vancouver, nel quartiere di Downtown Eastside. A parte questo, non ricorda nient'altro della sua vita. Da quando è finito 𝘲𝘶𝘪, la sua memoria è incompleta. E tutto ciò di cui gli importa è tornare a casa.