Capitolo 37

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Lily non aveva mai voluto l'aiuto di nessuno.
Era sempre stata indipendente e coraggiosa. E guai a dire il contrario.
I suoi fratelli lo avevano imparato a loro spese, voler fare gli eroi con lei non funzionava. I cavalieri dall' armatura scintillante le davano l' orticaria.
Impedirle di fare qualcosa portava sicuramente ad una reazione contraria.
Cercare di proteggerla o pensare che non potesse togliersi da sola da un qualsiasi impiccio, poi, portava decisamente ad una reazione catastrofica.
Non poteva essere altrimenti. Era cresciuta in una famiglia di eroi: suo padre era l'eroe per eccellenza, l' intero mondo magico era stato salvato da lui e dai suoi zii; sua madre era stata tra i capi della resistenza di Hogwarts e quando lei e Neville, il padre di Alice, si mettevano a raccontare le storie di quei giorni, Lily si era sempre chiesta chi tra sua madre e suo padre avesse sofferto di più in quel maledetto 1997. Forse vinceva suo padre, ma solo per il fatto che era morto e tornato in vita.
I suoi fratelli avevano ereditato decisamente la vena del salvatore del mondo magico e sembravano sempre impazienti di metterla in atto con lei, e lei...bè, lei aveva dovuto imparare a difendersi da tutta quest' ansia protettiva e il risultato era stato: fargli capire bene e chiaro che lei non aveva bisogno di nessun cavaliere dall' armatura scintillante.
Era sempre andata avanti da sola, vendicandosi più di chi cercava di proteggerla o di parlare ed agire per lei che di chi le faceva del male o qualche torto.
Le sue idee erano chiare: io combatto le mie guerre. E dopo tanto penare era riuscito ad inculcare quell' idea anche nelle teste dei suoi fratelli.
Anche se, pensò con una fitta di dolore al petto, il suo fratellone James aveva impiegato molto tempo a farsela andare giù. Per lui era stata decisamente una medicina amara da digerire.
Guardò nuovamente la finestra, cercando di scorgere ancora la costellazione dello Scorpione, ma non era più visibile come prima e questo le fece chiudere gli occhi ripensando al suo amore.
All' amore che aveva un solo nome: Scorpius Malfoy.
Lui non aveva dovuto istruirlo, con lui non aveva dovuto litigare per ore per fargli capire che non aveva bisogno di protezione, lui aveva sempre compreso.
Per lui era sempre stata un libro aperto, lui sapeva che lei non voleva aiuto, l'aveva sempre appoggiata da lontano, era sicura che l' avesse sempre controllata e protetta, ma c' era sempre riuscito senza farsene accorgere. Tipiche macchinazioni da Serpeverde, pensò con un sorriso.
I suoi occhi non l' avevano mai lasciata, il suo sguardo l' aveva sempre seguita e le sue braccia sempre sorretta, ma sempre in silenzio, sempre senza opprimere, sempre senza farle pressioni.
Come se avesse sempre saputo quello che voleva, quello di cui aveva bisogno.
Si passò una mano sulle labbra indugiando con l' indice e il medio sul labbro superiore e cercando di sentire il tocco delle sue labbra sulle proprie.
Le sembrava quasi di non ricordarselo più ed odiava Aaron e tutto quello che le aveva fatto ancora di più, ma adesso non poteva permettersi di lasciarsi offuscare dalla rabbia. Doveva essere lucida e doveva fare affidamento su tutta la sua forza.
Forza che non aveva, pensò passandosi di nuovo una mano sopra al polso dolorante; far passare le mani davanti a sé e tagliare la corda con una piccola lametta era stata la classica ultima goccia, adesso era decisamente distrutta.
Oltre ai dolori e alle ferite, Aaron la teneva così debole e affamata che Lily si chiedeva se sarebbe riuscita davvero a trovare la giusta forza per sopraffarlo e ucciderlo.
Poteva provare a mettersi distesa come se non si fosse mai liberata, ma non era la scelta migliore, quella posizione avrebbe giocato a suo vantaggio per il fattore sorpresa, ma a suo svantaggio da un altro lato: era troppo debole per poter partire in quel modo e combattere con un uomo priva di bacchetta.
Aveva provato ad immaginare tanti di quelli scenari in quelle ore ed ognuno di questi finiva con la gola di Aaron squarciata e lui che gorgogliava soffocandosi nel suo stesso sangue mentre lei lo guardava dall' alto.
Eppure, nonostante le sue idee, aveva paura e, al contrario della volta precedente, non aveva paura solo per se stessa, se lei fosse morta, il suo bambino sarebbe morto e quel fantastico ragazzo che aveva conosciuto non sarebbe mai esistito.
Scosse la testa sentendosi sciocca, poteva davvero sentirsi orgogliosa di Pegasus sapendo che non l' aveva cresciuto lei, sapendo che in realtà il Pegasus che lei avrebbe conosciuto era ancora nel suo ventre?
Eppure per quanto sembrasse stupido, non poteva essere più orgogliosa di lui.
Nonostante tutto, nonostante quello che aveva visto o forse proprio per quello, Pegasus era nato e cresciuto libero e non c' era regalo più grande per lei.
Nonostante le costrizioni di quella donna, nonostante avesse cercato di farlo diventare un Killer non ci era riuscita, lui aveva un amore spropositato e lo vedeva da come si comportava con gli altri.
Aveva dei sentimenti profondi e un senso dell' onore spiccato.
Emily non era riuscita ad abbattere i sentimenti, non era riuscito a privarlo della pietà, un vero assassino a sangue freddo, non conosce amore, non conosce compassione e suo figlio non era così, in quegli occhi così uguali a quelli del suo Scorpius, poteva vedere tutto l' amore che aveva dentro.
Sì, doveva farcela, pensò con una fitta di rabbia.
Doveva uscire da quel maledetto posto e scappare, per lei, per Scorpius e Pegasus e per tutta la sua grande famiglia.
Si morse il labbro forte fortissimo e quando sentì la serratura scattare, pensò che, forse, in quell' esatto momento, un bel cavaliere dall' armatura scintillante le avrebbe fatto comodo.
Sentì il suo bambino scalciare e la bocca le si aprì per la sorpresa. Era la prima volta che si faceva sentire e sembrava quasi volerle ricordare che questa volta, a differenza delle altre nelle quali aveva affrontato quel maledetto, non era sola.
Annuì, quasi come se potesse farsi vedere dal suo bambino e poi si alzò in piedi appiattendosi contro il muro proprio dietro la porta.
***
James entrò dentro la stanza dove tenevano rinchiusa Cindy.
Odiava farsi vedere su quella sedia, soprattutto da lei che faceva parte delle persone che lo avevano ridotto così, ma il fuoco che gli ribolliva dentro le vene sembrava volergli far capire che, nonostante la sua condizione, era tutto tranne che debole.
Lei alzò gli occhi e, nonostante la paura glieli avesse fatti sgranare, non li abbassò. Era intelligente, sapeva che non doveva abbassare la guardia davanti al nemico. Soprattutto se armato e pericoloso come lui.
Sicuramente glielo avevano insegnato gli Apocalittici, pensò James, sentendo la rabbia affluirgli sempre più velocemente.
Da quando era stato liberato ed era tornato dai suoi famigliari, gli sembrava di avere una pentola a pressione al posto delle vene, gli sembrava di sentire il fuoco scorrere dentro di esse e non si sarebbe stupito se prima o poi fosse riuscito a farsi venire gli occhi rossi proprio come suo nipote.
" Cosa vuoi?" chiese lei e James strinse gli occhi, se non fosse stato per il leggero tremore del suo labbro, avrebbe potuto pensare che non avesse per niente paura, la sua voce non sembrava affatto turbata.
" Parlare" rispose secco.
" Interrogarmi" replicò lei.
James sollevò l' angolo del labbro superiore " può darsi" ammise e Cindy emise un sospiro, con quel mezzo sorriso sembrava meno minaccioso.
Probabilmente, senza quello sguardo carico d' odio e quelle labbra contratte, sarebbe stato uno stupendo ragazzo di venticinque anni.
" Sto aspettando...e comunque, mi dispiace deluderti ma non so niente, o il tuo amico omicida avrebbe ottenuto le sue risposte".
Non sapeva neanche lei dove stava raccogliendo tutto questo coraggio, ma due anni prima aveva imparato cosa voleva dire la dignità e adesso non era disposta a metterla da parte.
" Devo dire che i metodi di Pegasus devono essere ancora affinati, ma io sono convinto che tu sappia più di quel che dici..." la guardò fissa negli occhi " ad esempio come fare con mia madre o le mie gambe" continuò e il fatto che lei avesse abbassato gli occhi gli fece capire che aveva ragione.
" Ci pensavi proprio stupidi?" chiese sentendo di nuovo la rabbia pizzicargli la pelle " o forse pensi che i tuoi cari amici Apocalittici torneranno a prenderti?" lei scosse suo malgrado la testa " non sono stupida, so che mi ucciderebbero, anche se forse alla fine lo farete anche voi" sentenziò lei e James strinse la mascella " noi non siamo degli assassini..."
" Ah no?" scattò Cindy " se Cris non mi avesse salvata prima sareste stati tutti a guardare, proprio come loro..." prese un respiro " senti" cominciò guardandolo negli occhi " mi dispiace tanto per quello che ti hanno fatto, ma io non c' entro niente, io sono solo una scienziata, sono stata assunta e non mi sono mai interessata a loro, a me interessava solo studiare i cervelli..."
" Non ti sei interessata? Non ti sei interessata?" la voce di James era più incredula che arrabbiata.
Non riusciva a credere che si potesse essere così freddi, invece quella ragazza sembrava glaciale.
" Come fai?" le domandò in un sussurro " come fai a restare impassibile, non hai un cuore?" le chiese e lei quasi trasalì. Il cuore lo aveva, ma era pieno di dolore, così pieno che non restava posto per altro.
" Vedere come tenevano me e mia madre non ti ha fatto accapponare la pelle?" le chiese e Cindy si morse un labbro, sapeva benissimo che non avrebbe dato la risposta che voleva sentire lui.
" Due corpi" gli disse " eravate due corpi e non due persone...è così che spesso noi medici o scienziati cerchiamo di vedere le persone, se avessi tenuto presente che avevi un cervello non sarei riuscita ad isolare le tue urla dalla mia testa..." vide le mani che erano appoggiate sulle cosce stringersi a pugno " mi dispiace se non è quello che vuoi sentire, ma è la verità..."
" La verità" la voce di James era quasi un eco per come si era fatta profonda e vibrante di rabbia " vuoi saper qual è la verità?" le chiese, ma non aspettò la risposta " la verità è che il corpo qua..." iniziò indicando se stesso " ha perso due anni della sua vita, la verità è che le mie gambe non mi sostengono più per colpa dei tuoi stupidi esperimenti, la verità è che non sarai un' Apocalittica, ma sei peggio di loro" concluse e quasi non si accorse di aver alzato la voce.
" Non sono come loro, io facevo solo il mio lavoro..."
" Sei peggio di loro" la interruppe James " per lo meno loro non si nascondono dietro la facciata del sono un medico e non posso fare altrimenti, hai mai sentito parlare di misericordia? O nel tuo vocabolario da scienziata è stato depennato?"
Cindy cominciò a respirare pesantemente, non poteva paragonarla agli Apocalittici, lei faceva solo il suo lavoro e a volte le costava anche molto.
" Non potevo permettermi..."
" Non volevi permetterti" la riprese lui con rabbia " non volevi permetterti di provare misericordia, perché ti avrebbe impedito di arrivare al tuo scopo, anzi forse speravi che loro vincessero questa maledetta guerra e si impossessassero di tutto, speravi che i tuoi studi sarebbero stati pubblicati, la scienziata che ha ridotto a un vegetale il figlio del salvatore magico...immaginavi già i titoli, vero?" ormai James stava praticamente urlando " rispondi" le ordinò e Cindy strinse più forte le labbra.
Lei non prendeva ordini da nessuno, neanche a costo della vita, non avrebbe perso di nuovo la sua dignità.
James Potter pensava di sapere cosa sperava di ottenere lei con i cervelli, ma non sapeva niente, lei non aveva potuto fare a meno di studiarlo. Lei non voleva che ricapitasse a qualcun altro quello che era accaduto a sua sorella.
In fondo si dice che il fine non giustifica i mezzi, ma purtroppo non sempre è vero o realizzabile, lei non aveva altro modo per poter aiutare sua sorella.
Nessun altro modo.
Sua sorella. Il cuore le si strinse al pensiero. Chissà come stava e se la situazione era variata.
" Vi aiuterò" decise infine e per una volta vide lo sguardo pieno di rabbia di James Potter distendersi e divenire di sorpresa " dov' è la fregatura?" chiese, come poteva aver ottenuto in un' ora quello che non avevano ottenuto in giorni?
" Tornerai a camminare, ma per tua madre non posso assicurare niente, lei si era chiusa in se stessa già prima" la calma con cui lo disse lo fece quasi trasalire, parlava di sua madre come se fosse un qualsiasi caso clinico, nella sua voce non c' era pietà per la sua sorte.
" Non provi mai pena per le persone?" le chiese e per una volta capì che era davvero interessato alla risposta.
Credeva di aver inquadrato quella ragazza, ma invece, si rese conto che probabilmente l' aveva solo classificata e che in realtà vi era molto di più dietro.
" Non credo di avere più nessun sentimento dentro" rispose e James capì dalla sua voce che non era commiserazione e neanche lo stava manipolando per ottenere qualcosa, era solo un dato di fatto per lei.
Per la prima volta la guardò veramente negli occhi e si accorse che in quegli occhi verde menta c'era tanta tristezza.
Con un tuffo al cuore si rese conto che improvvisamente la rabbia era scemata per lasciare posto alla compassione e si maledì per non riuscire ad essere freddo quanto lei.
" Ho solo una richiesta" disse, ma James non la fece finire " pensi di farmi compassione? Hai la presunzione di credere che io abbia verso di te quello che tu non hai dimostrato verso nessuno?"
" Io non voglio fare compassione a nessuno" sillabò le parole una per una " voglio solo poter uscire di qua..."
James la interruppe scoppiando a ridere " devo darti atto che sei davvero divertente" le disse mentre la risata si spengeva.
" Devo farlo" rimarcò lei e James scosse la testa " e magari vuoi anche un gufo per poter scrivere ai tuoi amichetti e dargli il nostro indirizzo" disse canzonatorio, non sapeva se essere più arrabbiato perché lo considerava stupido, o provare davvero pena per lei, visto che per credere che lui potesse cascarci doveva avere una buona dose di follia.
" Potete controllarmi se volete"
" Come se la tua mente da scienziata non potesse fuggire al controllo".
" Potete far venire qualcuno con me"
" Lo faresti uccidere o catturare, quale modo migliore per rientrare nelle grazie dei tuoi amichetti?"
Cindy respirò, come poteva fare?
Era chiaro che James Potter non si sarebbe mosso a compassione e da come stava andando la conversazione era chiaro anche che non avrebbe ceduto.
" Per favore io..."
Si fermò passandosi una mano tra i capelli biondo rame " farò quello che vuoi, hai la mia parola che ti aiuterò a guarire".
James si passò le mani sulle gambe. Come avrebbe voluto poter sentire qualcosa, anche il minimo solletico sarebbe andato bene e gli avrebbe fatto capire che stava guarendo e invece erano lì, immobili e insensibili.
Purtroppo come diceva sempre suo padre, la scelta più giusta quasi mai è la più semplice.
" No" rispose James " non metterò in pericolo gli altri per tornare ad avere le mie gambe...non è così che funziona" le spiegò e la vide tremare.
Colse la sua immagine nello specchio alla parete e vide che i suoi occhi sembravano scuriti di un paio di toni, doveva essere la sua rabbia.
" Per favore" lo pregò Cindy.
In realtà non capiva neanche lei come mai si rivolgesse proprio a lui, tra tutti quelli che avrebbe potuto scegliere, proprio lui.
Poteva rivolgersi a Cris o a quel ragazzo gentile che le portava il pranzo, forse loro si sarebbero commossi, ma qualcosa dentro le diceva che lui era la persona giusta e che, pur con tutta la rabbia e l' odio con cui la guardava, il suo giudizio alla fine sarebbe stato onesto e leale.
" Ho bisogno di uscire...io...io devo vedere una persona" lo pregò e James sorrise di nuovo, Dio quel sorriso era falso e costruito, ma era bellissimo, si trovò a chiedersi come dovesse essere vederlo realmente sorridere.
" Certo, perché non l' hai detto e di cosa hai bisogno? Rose o cioccolatini?"
Cindy s' innervosì " non è un appuntamento razza d' idiota, non tutti sono come te, io devo vedere mia sorella, è importante... Tara è..." si fermò, come poteva spiegarlo?
Sua sorella? E perché per lei era così importante vederla?
Per un attimo il pensiero gli andò a Lily e il suo cuore fece un salto, s' imponeva ogni momento di non pensare a lei.
Doveva mantenere la lucidità e c' erano già Scorpius e Pegasus a impazzire per la sua mancanza, se anche lui fosse andato fuori di testa non avrebbe aiutato nessuno.
Guardò Cindy, avrebbe quasi voluto dirle che se lui non poteva vedere sua sorella, non poteva sapere se lei stava bene, non lo meritava neanche lei, ma come aprì le labbra la voce non gli uscì.
Era troppo onesto per fare una cosa del genere, gli sembrava quasi di sentire la mano di sua madre sulla spalla che con uno sguardo di disapprovazione gli diceva di non essere cattivo gratuitamente.
Solo che la sua cattiveria non era gratuita.
Gli sembrava di essere scisso, guardando quegli occhi verdi, ora disperati al pensiero di sua sorella, si accorse che non lo trovava giusto, come se ci fosse un palese errore nel suo viso.
Prese un respiro " lavorerai per farmi tornare in piedi e appena lo sarò ti accompagnerò da tua sorella..."
Alzò una mano vedendo che stava aprendo la bocca " non è negoziabile... prendere o lasciare" le spiegò e per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare vide le lacrime nei suoi occhi " prendo" disse in un sussurro e James uscì senza degnarla di un altro sguardo.
***
Scorpius rientrò in casa che fuori era già buio da un po'.
Si sentiva così pieno di rabbia che gli sembrava gli avessero dato fuoco facendo ribollire il suo sangue nelle vene.
Era impossibile che Lily fosse sparita nel nulla, era impossibile che non riuscissero a trovare uno straccio d' indizio, niente.
Condotto dalla rabbia e dalla frustrazione sbatté un pugno nel muro e poi si lasciò cadere sulla sedia.
Pegasus che era entrato subito dopo di lui lo guardò.
D' improvviso la preoccupazione si mescolò alla colpa, se solo non avesse perso tempo a litigare con sua madre in quel mondo onirico dove erano finiti qualche giorno prima, forse adesso ne avrebbero saputo di più.
Forse avrebbero saputo, addirittura, dove si trovava.
E invece adesso non riuscivano a cavare un ragno dal buco e, se la sua preoccupazione era alta, quella di suo padre era alle stelle.
Sentì una mano calargli sulla spalla e si voltò, suo zio Albus gli stava passando accanto, lo guardò e gli sorrise strizzando la mano e poi superandolo.
Pegasus cercò di ricambiare il sorriso, ma non era sicuro che gli fosse riuscito, poi si voltò verso il suo migliore amico.
Albus era davvero uguale a J.J., anche lui doveva essere preoccupato, in fondo era sua sorella e nonostante tutti i problemi che avevano avuto, sapeva che l' amava tantissimo, eppure era lì.
Era lì per suo padre e come se non bastasse, aveva avuto anche un pensiero per lui.
Quando lo vide sedersi accanto a Scorpius e cominciare a parlare fitto con lui si ritrovò con un grosso groppo alla gola e non resistette più.
Gli sembrava che la stanza fosse diventata troppo calda. Gli sembrava di soffocare. La testa gli girava e le orecchie si erano ovattate. Si voltò e cominciò a salire le scale.
Aveva fatto solo pochi passi quando sentì qualcuno raggiungerlo a corsa.
Non alzò gli occhi, non importava, sapeva già chi era.
Quando arrivò in camera lasciò la porta aperta e si distese sul letto, J.J. entrò subito dietro di lui e la chiuse appoggiandovisi contro.
" Siamo soli" lo informò e Pegasus, come se non avesse atteso che poter avere il via libera, si portò le mani al volto premendosi i palmi sugli occhi poi iniziò fece scorrere le mani in su e in giù e poi da destra a sinistra, più volte, cercando di respirare nonostante in quel momento gli sembrasse la cosa più difficile del mondo.
Sentiva come se tutto quello che aveva vissuto gli stesse cadendo addosso e oltretutto come se il peso che aveva nel petto fosse ricomparso.
Era come se sapesse che lui poteva aiutare sua madre, ma non riusciva a capire come.
Il peso del letto variò e Pegasus capì che J.J. l' aveva raggiunto. " Fatti più in là" gli disse spingendolo leggermente e distendendosi a sua volta.
Pegasus spostò le mani dal viso e respirò più volte, non aveva pianto, ma si sentiva come se lo avesse fatto, si sentiva prosciugato e senza forze.
Lanciò un' occhiata al suo migliore amico e vide le sue scarpe, J.J. era incredibile riusciva sempre a capire quello che provava e sapeva che in quel momento non aveva bisogno di qualcuno che lo guardasse e lo studiasse per sapere come stava e lui si era messo dal suo lato opposto come avrebbe fatto in una giornata qualunque, come aveva sempre fatto nei loro momenti di riposo nel futuro.
" Troveremo tua madre" gli disse e Pegasus annuì anche se sapeva che J.J. non poteva vederlo.
" La troveremo e tuo padre si riprenderà".
Aveva una voce talmente rassicurante che Pegasus si ritrovò a credergli, gli sembrava di essere stato solo uno stupido a preoccuparsi in quel modo.
Si morse il labbro e si rese conto di essere stato uno stupido egoista. J.J. c' era sempre per lui, proprio come in quel momento e lui invece lo aveva abbandonato.
Non gli aveva chiesto che effetto gli aveva fatto conoscere sua madre, non gli aveva chiesto niente di Zoe.
" Tua madre sembra gentile" disse, rompendo il silenzio e sentì una risatina sommessa " è favolosa" disse in un sussurro " non ho mai pensato che potesse essere così avere una madre".
" Già" convenne Pegasus.
Era incredibile come entrambi avessero scoperto di aver sentito la mancanza di qualcosa che non avevano mai conosciuto.
Alla domanda: si può sentire la mancanza di qualcosa che non si è mai avuto? Loro non potevano rispondere che sì.
" Sono piccole cose, piccole confidenze che non avevo mai avuto, ogni volta che porta il pranzo o la cena in tavola si appoggia al mio braccio, quando l' aiuto a sollevare qualcosa o a rimettere a posto qualcosa in alto, i suoi occhi s' illuminano come se non avesse mai visto niente di più bello, la voce con la quale mi parla è...bè, è molto materna" concluse e Pegasus si ritrovò a sorridere, era felice che il suo amico stesse prendendo confidenza con sua madre.
J.J. interpretò il suo silenzio come paura, o forse lo conosceva così bene da conoscere la reazione del suo corpo " succederà anche a te" sentenziò e Pegasus sorrise.
" Sì, sarà così" concordò e poi sospirò " allora cosa temi?" gli chiese J.J. e Pegasus deglutì, gli sembrava di nuovo di avere un groppo in gola, come se fosse una matassa di filo.
" Non so se riuscirò a farmi toccare da lei" gli spiegò e gli sembrò quasi di sentire il respiro trattenuto di J.J.
Lui più di tutti sapeva cosa aveva passato. Lui era l' unico che aveva sentito la sua storia, la sua intera storia e raccontata proprio da lui.
Non pezzetti edulcorati per non far sentire i suoi parenti a disagio, non la storia con parti mancanti per non far sentire suo padre o i suoi nonni in colpa, la sua storia, tutta la sua vera storia.
" Lei..."
" Lo so" quando interruppe J.J. la voce di Pegasus sembrava roca, come se fosse sul punto di piangere " ma come posso distinguere, J.?" Gli chiese.
" Come posso guardare quegli occhi che mi hanno fatto tanto male e dire: ah ok non sei tu, vieni qua e abbracciamoci".
J.J. non rispose e Pegasus riprese " e questo mi uccide, sto mettendo tutto me stesso per trovarla, perché è mia madre, perché lei era in realtà è la Emily dei miei ricordi, perché lei mi ha amato, consolato, preso tra le braccia e cullato quando stavo male ed io la amo...credimi, la amo più di me stesso, ma contemporaneamente i suoi lineamenti, il suo viso, sono quelli di quella maledetta donna..."
S' interruppe e si portò entrambi i palmi delle mani alla fronte " sono uno stupido, vero?" chiese e J.J. emise uno sbuffo " decisamente, ma non per quello che pensi tu" gli rispose.
Si alzò a sedere e Pegasus lo imitò guardando finalmente il suo amico negli occhi.
" Che ne diresti per una volta di smettere di pretendere di essere perfetto?" gli chiese e nei suoi occhi era comparso un luccichio.
Pegasus scosse la testa " non ho mai avuto questa pretesa" rispose e J.J. alzò gli occhi al cielo " come no" disse canzonatorio.
Ci fu un attimo di silenzio e Pegasus abbassò gli occhi sul copriletto sul quale era seduti. Era di un azzurro cielo e per un secondo gli occhi di Cris gli apparvero davanti al viso.
" Cris ha ragione".
La voce di J.J. gli fece rialzare il viso.
" Non vincerà mai il premio per miss delicatezza, ma ha ragione...stai abusando dei tuoi poteri...rischi di perderti" gli disse serio e Pegasus sospirò guardandosi le mani, anche in quel momento sembravano tremare di rabbia.
" Forse è colpa di quello che sono...forse è vero che sono solo uno squallido assassino...un ragazzo che non riesce a provare niente, se non odio, rabbia e voglia di uccidere".
J.J. scoppiò a ridere " sei proprio divertente, sai?" lo prese in giro, poi i suoi occhi si fecero di nuovo seri " non sei un assassino, sei uno stupido idiota quello sì, ma non un assassino..."
" Non riesco a mantenere il controllo" si oppose Pegasus.
" E' la rabbia, tutto quello che sta succedendo, il senso di colpa che ti assale e che allo stesso tempo ti provoca talmente tanta ira..."
" Nel futuro non era così, io comandavo sui miei poteri".
" Nel futuro non eri sottoposto a tutto questo...avevi...avevamo le nostre certezze e invece..." si fermò un attimo " mi hai salvato la vita due settimane fa e non era la prima volta, questo non è un comportamento da uno che non prova niente..."
" Ho ucciso un ragazzo a sangue freddo". Sapeva che lo aveva detto anche a suo padre, ma niente lo avrebbe consolato come sapere che J.J., Cris e Zoe, lo consideravano ancora il loro solito amico.
" Hai mai pensato a cosa ti ha spinto ad ucciderlo? L' amore" rispose immediatamente, quando lo vide scuotere la testa aggiunse " Hai ucciso la tua cameriera per amore, perché non volevi che la uccidesse la tua cara finta mammina, e hai ucciso quell' Apocalittico – perché non devi dimenticare che era un Apocalittico e che ogni Auror ha come ordine di ucciderli se non riescono a catturarli- perché minacciava Cris e tu la ami"
Pegasus annuì, poi parve rendersi conto di quello che aveva fatto e rialzò gli occhi " cioè...no...io non intendevo..." ma ormai era troppo tardi e il sorriso enorme nel volto di J.J. gli fece capire che non lo avrebbe fregato qualsiasi cosa gli avesse detto, ma non gli importava lui era suo fratello, il suo amico e l' unico che lo aveva sempre capito, inutile nasconderglielo.
Sollevò gli angoli della bocca in un sorriso malizioso " perché non mi parli di Zoe, invece?"
J.J. s' illuminò come un Albero di natale e Pegasus scosse la testa " sei davvero cotto" lo prese in giro e per tutta risposta J.J. gli tirò un cuscino " stai zitto, cocco di papà" lo prese in giro a sua volta.
Pegasus prese il cuscino e con una rincorsa gli si buttò addosso facendogli espirare tutto il fiato " non mi sfidare perché perderai".
J.J. se lo scrollò di dosso facendolo cadere dal letto e data la mole Pegasus produsse un bel botto " sei sicuro?" gli chiese affacciandosi al bordo.
Pegasus fece per rialzarsi " ' fanculo" disse prima di buttarglisi addosso.
Tutte le sue paure e le sue preoccupazioni per un attimo furono accantonate, succedeva sempre così, anche nel loro futuro devastato dalla guerra, quando loro due cominciavano a scherzare e a prendersi in giro, quando potevano permettersi di comportarsi come due diciottenni, in quel momento, tutto diventava più sopportabile.
***
Tammy si portò le gambe al petto allacciandosele con le braccia.
Era seduta su quella poltrona, la stessa dove Lily Potter l' aveva trovata durante il suo primo tentativo di fuga.
Si ritrovò a sperare che stavolta ce la facesse, non era giusto che quella povera ragazza venisse tenuta prigioniera in quel modo.
Stava cominciando seriamente ad odiare la madre e tutta la sua famiglia allargata.
" Dov' è Aaron?" chiese al ragazzo che entrò nella stanza, lui sorrise e poi la guardò in maniera quasi provocatoria " dalla prigioniera immagino" rispose porgendole un bicchiere.
Lei inspirò bruscamente. Merlino, era davvero dispiaciuta per Lily, anche perché sapeva cosa sarebbe successo appena avrebbe bevuto, ma non poteva fare altrimenti.
Prese il bicchiere e ne guardò il liquido scuro. Era rosa carne, dello stesso colore del cervello, ma non poteva rifiutarsi.
Tutto in lei sarebbe cambiato e, oltretutto, piano piano sarebbe morta.
Spero tu sia già fuggita, Lily, pensò, poi ingoiò il liquido tutto un fiato e aspettò a occhi chiusi che facesse effetto.
Una scossa le fece vibrare tutto il corpo e le irrigidì gambe e braccia prima di farle tornare alla normalità.
Infine aprì gli occhi e guardò il ragazzo di fronte a lei.
" Sei ancora qua?" gli chiese sprezzante e lui sorrise " la madre ti vuole" le comunicò.
Tammy si alzò in piedi e lo guardò, gli occhi freddi, calcolatori " dille che arrivo, prima devo avvertire Aaron" lo informò.
" E forse potrei fermarmi a divertirmi" gli comunicò, poi lo superò con una spallata e uscì nel corridoio.
Come era stupida quando cominciava a passare l' effetto della pozione, ma avrebbe rimediato, se la piccola Lily voleva giocare lei e Aaron avrebbero giocato.

E se domani...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora