Capitolo 38

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Quando la porta si aprì Lily si lanciò letteralmente contro Aaron, non doveva dargli vantaggio, non poteva permetterselo.
La sorpresa iniziale lo fece cadere a terra e, per una volta, Lily poté leggere nei suoi occhi lo smarrimento totale. Merlino, quanto odiava quell' espressione di sicurezza che ostentava in tutti i momenti e, finalmente, era riuscita a cancellargliela.
Purtroppo però, si riprese piuttosto velocemente e mentre lei stava per gettarglisi nuovamente contro, lui le afferrò le mani e la fermò.
Guardò la lametta tra le sue dita e sorrise. Sembrava che nei suoi occhi ci fosse euforia pura.
In quella posizione, lei quasi distesa su di lui e le mani di lui che le bloccavano i polsi, Lily non riusciva a pensare nitidamente, le sembrava che i ricordi le riempissero la mente, buttando fuori tutto il resto.
"Alla gattina piace graffiare" le disse riportandola alla realtà e Lily avrebbe voluto vomitare, erano le stesse parole che aveva usato quel maledetto giorno.
Invece raccolse il fiato e con disprezzo gli sputò addosso, lui le lasciò immediatamente le mani e la spinse lontano da sé. Lily atterrò sul sedere mettendo le mani a pararsi e tagliandosi nettamente il palmo con la lametta.
Lui si alzò e le andò davanti, torreggiando su di lei.
Il suo cervello sembrava gridare che era stata una stupida, che doveva agire subito, che ora l'avrebbe picchiata e torturata fino ad ucciderla. Nel migliore dei casi.
Nel peggiore sarebbe tornata ad essere una prigioniera ed una schiava per il suo divertimento.
Non poteva permetterlo, ma non sapeva come fare.
Non poteva fare come nella sua prima aggressione, adesso non si trattava più solo della sua vita.
Si portò una mano al ventre, ma lui l'afferrò per i polsi alzandola letteralmente di peso.
"Sei così bella in questo momento" le disse passandole l'indice sulla guancia, su e giù, su e giù. Esattamente come faceva il suo stomaco con il poco cibo che aveva dentro, su e giù.
"Ho sbagliato a tenerti inabile, non c' è niente di più eccitante che vederti combattere".
Il suo tono era lascivo e Lily provò a liberarsi, ma la morsa ferrea con la quale teneva i suoi polsi non accennava a cedere, anzi sembrava renderlo sempre più allegro, allora strinse i pugni per la frustrazione del non trovare una soluzione, per la rabbia di non avere abbastanza forza e sentì il sangue caldo scorrerle sui palmi.
Aveva ancora la lametta. Se ne era quasi dimenticata, invece quel pensiero la rasserenò per un momento.
"Dovresti vederti adesso" le disse e la sua voce roca dall' eccitazione le faceva venir voglia di vomitare.
"I tuoi occhi sono così fieri, così duri..." le leccò una guancia e Lily chiuse gli occhi schifata "non vedo l'ora di vederli pieni di lacrime".
Forse furono quelle parole, o forse il fatto di sentire la sua saliva e il suo fiato pieno di eccitazione sul suo viso, ma a Lily balzò un'idea in mente.
Era rischiosa, poteva rivoltarglisi contro, ma non aveva intenzione di essere stuprata, torturata e uccisa.
Si scansò per sottrarsi a quello schifo e in quel modo riuscì a darsi la spinta necessaria per dargli una testata con tutta la forza che aveva.
Adesso, nella sua mente, sarebbe dovuta saltargli addosso e tagliargli la gola, peccato che il colpo l' avesse rintronata.
Si appoggiò al muro portandosi una mano alla testa, ma dopo pochi secondi si accasciò piegandosi sui talloni e restando ancorata al muro con una mano, era davvero tanto stordita.
Cercò di aprire gli occhi e, pur con la visione offuscata, vide Aaron portarsi una mano al naso che stava sanguinando parecchio.
Probabilmente glielo aveva rotto, ma seppur dolorante, era sicuramente più reattivo di lei.
Cercò di alzarsi mentre lui ancora gemeva di dolore, ma non fece in tempo a fare più di un passo verso la porta che si ritrovò Aaron davanti.
Il suo viso era una maschera di sangue e odio e questo lo rendeva ancora più pericoloso.
" Ti ho mai detto quanto amo spezzare le persone che non si arrendono?" le chiese e nonostante la difficoltà nel parlare riuscì ad imprimervi una nota minacciosa. Una cosa che con lui significava: dì le tue preghiere.
Lo vide alzare una mano e Lily, non potendo indietreggiare, portò una mano davanti al viso per pararsi dal colpo, ma lo schiaffò non arrivò mai.
La potenza sprigionata dal suo ventre fece letteralmente volare Aaron contro il muro opposto.
Con un urlo di dolore lui si ritrovò a terra, ma nonostante il forte colpo, riuscì a mettersi carponi.
Lily lo guardò inorridita. Era davvero troppo forte e lei, lei non aveva alternative.
Non perse altro tempo, non voleva rischiare che lui si riprendesse dalla sorpresa e tornasse nel pieno delle forze. Con la velocità della paura lo raggiunse immediatamente e con la forza della rabbia alzò la mano con la lametta e, senza darsi neanche tempo di pensare, la calò violentemente sulla sua gola, accompagnando al gesto un urlo liberatorio.
Le sembrò all' improvviso che la notte si fosse rischiarata e che il sangue avesse ricominciato a fluirle nelle vene.
L' espressione di lui mentre si portava la mano alla gola era qualcosa che Lily avrebbe ricordato per sempre.
Quegli occhi sgranati e finalmente pieni di paura di una persona che riusciva a dare la morte senza pensarci un attimo, ma che non avrebbe mai creduto di trovare la morte.
Non per mano di Lily. Non per mano del suo giocattolino.
Lily regolarizzò il respiro ma non riuscì a far niente per il suo battito cardiaco, batteva e batteva come se volesse festeggiare nel suo petto.
L' adrenalina e l'euforia per quello che aveva fatto e per ciò che voleva dire la stavano tenendo in piedi, impedendole di soccombere alla stanchezza.
Sapeva che appena fosse stata al sicuro e avesse ripensato a questo momento, probabilmente, si sarebbe spaventata per la sua freddezza, ma adesso non le importava.
Adesso contava solo tutto il sangue che stava inondando la maglietta gialla di Aaron.
Si chinò sulle ginocchia " simpatiche le armi da taglio" gli disse con un sorriso sadico " te ne devo davvero dare atto" continuò e lui mosse la mano che non teneva la gola per afferrarle il braccio, ma a Lily bastò scansarsi leggermente perché lui non riuscisse a prenderla.
Poi parve ripensarci e piegò la schiena di modo che il suo sguardo si potesse riflettere in quello di Aaron " io non mi piego a te" gli disse e nei suoi occhi le parve di vedere la paura.
Non sapeva se fosse per lei, o per la morte che lo stava raggiungendo, ma vedergli quell' espressione le rischiarò leggermente la mente.
Lo guardò un ultima volta: le mani alla gola che divenivano sempre più rosse, man mano che il sangue defluiva inondandole, gli occhi spenti e il viso già pallido, sentì le sue labbra aprirsi in un sorriso " buona morte, pezzo di merda" gli disse e la sua voce in quel momento aveva poco di umano, ma lo odiava troppo. Detestarlo non rendeva l' idea, lui meritava di peggio, per tutto quello che aveva fatto a lei e alla sua famiglia. Non aveva mai creduto più di tanto nella legge del taglione, ma lui andava sopra qualsiasi legge, o almeno era quello che si stava dicendo per non guardarsi le mani sporche di sangue e dirsi che era diventata come loro.
Per smettere di pensare si girò per andarsene, ma non aveva fatto neanche un passo quando un coltello le si conficcò nella caviglia facendola urlare e cadere battendo la bocca sul duro pavimento.
Stavolta fu lei a sentire in bocca il sapore del sangue e facendo forza sulle braccia per alzarsi vide che aveva macchiato il pavimento di sangue.
Maledetto. Si voltò verso Aaron e lo vide con un sorriso diabolico, quel maledetto, era pieno di sangue, addirittura i suoi denti lo erano, eppure aveva trovato la forza per tirarle un coltello.
E menomale che da quella posizione la sua mira non era stata al meglio. Doveva essere così perché era convinta che avrebbe mirato allo stomaco o meglio ancora al fegato, in quel modo sarebbe morta dissanguata insieme a lui e, probabilmente, nella sua mente malata sarebbe stata una consolazione.
Si sedette gemendo di dolore e afferrò l' estremità del coltello stringendo i denti " farà male" disse per incoraggiarsi.
Prese un paio di respiri, ma al momento di estrarlo si fermò, prese di nuovo un respiro " devi farlo" s' impose.
Guardò Aaron che adesso aveva gli occhi chiusi, anche se il petto continuava ad alzarsi e abbassarsi al ritmo furioso del suo respiro, segno che quel maledetto era ancora vivo.
Espirò altre due volte e poi guardò la porta della cella, non sentiva passi, non le sembrava di udire anima viva, ma doveva comunque fare veloce.
Sapeva che quando Aaron giocava con lei nessuno lo disturbava, ma non poteva rischiare.
Ogni volta che Aaron era venuto a torturarla, lei non era riuscita certo a prendere il tempo, per cui non aveva la più pallida idea di quanto quel maledetto restava solitamente nella sua cella.
A lei sembravano ore, ma forse erano poche decine di minuti.
Al tre. Sorrise, pensando ai suoi amati film e decise di fare come quei personaggi.
Afferrò il manico del coltello " uno" contò con la voce affannata dal dolore e la paura " due" mise anche la seconda mano, doveva dare un colpo secco per estrarlo " tre" tirò con tutta la forza che aveva e il coltello venne fuori.
Avrebbe urlato se ne avesse avuto il fiato, invece non ci riuscì.
Si ritrovò ad ansimare e guardare il coltello sporco del suo sangue per cercare di non perdere i sensi.
Puntini neri le si stavano ammassando davanti agli occhi, uno sull' altro fino a oscurarle la vista.
" Non svenire" sussurrò. Non poteva permetterselo.
Con uno sforzo enorme si mise a quattro zampe, doveva prendere la bacchetta di Aaron, come si avvicinò lui rantolò e si mosse e lei fermò la mano a mezz' aria, poi quando vide che non si muoveva più l'afferrò e si sbilanciò per tornare seduta.
Si chiese come mai non fosse ancora morto e quanto ci volesse perché una persona con un taglio alla gola morisse dissanguata, forse non l' aveva colpito bene?
La paura l' assalì e avrebbe quasi voluto controllare, ma quando il dolore sordo le pulsò nella testa capì che era troppo ferita per restare a controllare, doveva uscire di lì.
Sibilò di dolore e si portò una mano al ventre, era caduta in avanti e la paura di aver perso il suo bambino le diede l' adrenalina necessaria per alzarsi in piedi.
" Resisti, Pegasus".
Ormai non era neanche più sicura di parlare, non era neanche sicura di pensare.
Andava avanti per inerzia, solo pensando che era viva e con quello stesso pensiero cercò di uscire di lì.
Si appoggiò alla porta della cella e piano piano strusciò fino al muro.
Imprecò, zoppicava notevolmente, senza contare che perdeva talmente tanto sangue che anche un bambino di tre anni ne avrebbe potuto seguire le tracce.
Maledetto Aaron se non l' avesse già ucciso lo avrebbe fatto di nuovo.
Si voltò indietro, ma come puntò la bacchetta per fare l' incantesimo che cancellasse ogni traccia del suo passaggio, la testa vorticò e lei cadde semisvenuta.
Si appoggiò con la mano sul muro e si tirò su piano piano, le gambe molli che minacciavano di farla cadere di nuovo.
Fece qualche altro passo e poi sentì un rumore. Era un rumore forte qualcosa che rimbombava o forse era il suo cuore?
Si voltò di scatto tenendo la mano tremante appoggiata al muro, non poteva essere Aaron vero?
Lui era morto. Era morto. Era morto.
Strinse di nuovo la bacchetta per provare a fare un Patronus, prima di ricordare che non aveva l' energia per fare magie.
Non poteva rischiare di svenire e farsi trovare in mezzo al corridoio.
Sentì di nuovo un rumore, ma anche stavolta non sapeva se era prodotto dalla sua testa.
Era così forte e le rimbombava dentro il cranio come se fosse un martello pneumatico.
" Basta" sussurrò, non riusciva a muoversi, non riusciva a pensare.
Si voltò di nuovo verso il rumore e le parve di vedere Aaron: i suoi occhi completamente folli e la maglia gialla sporca di sangue.
Spalancò la bocca e istintivamente si ritrasse di un passo. Lui parve avvicinarsi e lei continuò ad indietreggiare. Non era possibile.
Strizzò gli occhi e quando li riaprì, lui era effettivamente sparito.
Erano allucinazioni. Per il sollievo le gambe le cedettero e si permise qualche secondo per respirare a fondo.
Stava forse impazzendo? O era il senso di colpa per quello che aveva fatto?
" Ti aiuto io" disse una voce e Lily alzò il viso verso di lei.
" Tammy" ansimò cercando di metterla a fuoco.
Arrivava da dietro di lei, eppure là c' era solo la prigione dov' era rinchiusa, da dove era passata? E soprattutto, da dove veniva?
" Sono felice che ti ricordi il mio nome" le disse cordiale e Lily sorrise " puoi aiutarmi?" le chiese e Tammy annuì " dammi la bacchetta, cancello le tracce del tuo passaggio."
Lily la guardò, era quasi sul punto di darle la bacchetta, in fondo l' aveva aiutata già due volte, ma poi qualcosa la fermò.
Una voce: " Non fidarti di nessuno, neanche di me".
E se non riusciva a fidarsi dei suoi occhi e delle sue orecchie come poteva affidarsi a lei?
In fondo le aveva detto questo quando l' aveva liberata. Non fidarti di nessuno, neanche di me.
Ed in quel momento la sua voce era controllata e decisa e non fintamente cordiale come ora.
" Non posso" replicò " è l' unica cosa che ho, per fuggire" specificò e quando la vide annuire si rilassò. Forse si era sbagliata, forse era solo paranoia.
" Lo capisco" le disse, si avvicinò e Lily si ritrasse leggermente, era come se il suo corpo agisse con una volontà indipendente dalla sua testa.
" Non posso aiutarti se non me lo permetti" si oppose lei, piuttosto esasperata " e appena noteranno che Aaron non torna, avrai tante belle visitine" la informò " magari la madre in persona, se sei fortunata" la schernì e Lily rabbrividì.
Avrebbe voluto non farsi vedere impaurita, ma la realtà era che era ad un passo dal perdere i sensi, senza contare che nessuno tranne lei poteva aiutarla.
Certo, vi erano tipo una ventina di persone sulle quali avrebbe messo la mano sul fuoco, mentre lei non le dava per niente sicurezza, ma loro non erano qua, lei sì.
Tammy le tese una mano e lei l' afferrò.
" Tu appoggiati qua" le disse spingendola lievemente contro il muro " io torno subito" le disse e la vide infilare dentro la cella.
Lily aspettò qualche secondo e poi la paura che fosse tutta una trappola l' assalì di nuovo e cominciò a camminare.
In fondo cosa sapeva di questa Tammy? Niente.
Un bel niente. E mai parole furono più sagge di quelle dette proprio da lei: non fidarti di nessuno neanche di me.
Era nella tana del nemico, aveva appena ucciso uno di loro e quindi, poteva solo fuggire.
Camminava piano piano, appoggiando il peso sul piede sano e trascinando quello ferito, così facendo si sarebbe stancata più in fretta, ma almeno poteva evitare di svenire per il dolore.
Sentì di nuovo quel rumore fortissimo e si guardò di nuovo intorno, sicura di vedere di nuovo Aaron e infatti così fu.
Era davanti a lei e Lily si ritrovò con le lacrime agli occhi.
Era così vivido. Sembrava così vivo. Poteva esserlo davvero?
Lui la stava guardando serio, nessun sorriso di trionfo, nessuno sguardo di paura, solo odio puro.
Il fatto che non le saltasse addosso per ucciderla però le fece capire che non era reale.
Avrebbe voluto urlargli di andarsene, ma non ce la faceva, aveva paura che qualcuno la sentisse.
Sentì di nuovo quel rumore e si voltò per paura che stesse arrivando qualcun altro, ma alle sue spalle non c' era nessuno e quando riportò la testa davanti a sé scoprì che non vi era più neanche Aaron.
Merlino, stava impazzendo. Doveva uscire di lì, farsi curare prima che fosse troppo tardi.
Appoggiò la mano sul muro e lasciò un' impronta sanguinante, imprecò silenziosamente, già la sua andatura era simile a quella di una tartaruga centenne, se poi continuava a lasciare anche le tracce, poteva davvero consegnarsi subito al capo o meglio alla Leader a quanto pareva.
La madre. Aveva detto la madre, non mia madre, doveva essere un nome con il quale identificavano il loro capo. Doveva cercare di memorizzare tutto quello che aveva sentito da Aaron o da Tammy. Era importantissimo, voleva che suo padre riuscisse a prendere tutti quei bastardi e, stavolta, sapeva che con le sue indicazioni ci sarebbe riuscito.
Vide davanti a sé una biforcazione e si permise di appoggiarsi al muro per riprendere fiato, dopo non avrebbe potuto farlo o avrebbero capito la strada che aveva intrapreso.
Si guardò indietro e vide che continuava a lasciare una scia di sangue: era la caviglia perforata dal coltello di Aaron, che fosse maledetto.
Si chinò e quasi urlò per il dolore alle costole, si dovette concentrare sul suo respiro affannoso per evitare di farsi trascinare nell' oscurità. Avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi, riposarsi e riprendere le forze, ogni parte di sé le faceva male e la caviglia pulsava e continuava a perdere tanto sangue, il taglio era sicuramente profondo, senza contare la sua testa confusa e le allucinazioni che continuava ad avere.
Strappò la parte inferiore della sua divisa e sibilò alla vista dello squarcio, aveva ragione: era davvero profondo e continuava a buttare sangue come se fosse una damigiana non chiusa che continua a dispensare vino.
Si strappò un pezzo di maglia e, mordendosi il labbro inferiore per non urlare, lo legò sopra al taglio, poi ne strappò un altro pezzo e lo legò sotto, con la prima manovra sperò smettesse di sanguinare, con la seconda che non lasciasse più gocce di sangue perché raccolte dal fazzoletto..
In quel momento le venne in mente Rose, avrebbe voluto aver seguito meglio le sue lezioni di primo soccorso.
Era veramente una pessima Auror. Si era fatta beccare, per la seconda volta.
Sentì de passi e si appiattì contro il muro stringendo forte la bacchetta. Sapeva che l' unica magia che sicuramente avrebbe potuto fare prima di svenire sarebbe stato un semplice Expelliarmus perché tutto il resto avrebbe richiesto troppa energia, ma, Merlino, in fondo suo padre aveva vinto una guerra con quell' incantesimo, quindi non tutto era perduto.
Era appiattita contro il muro e sicuramente non potevano vederla, ma si stavano avvicinando e non sarebbe riuscita a restare inosservata ancora a lungo.
Quando sentì di nuovo quel rumore avrebbe voluto piangere. Si tappò le orecchie con forza, come se isolare quel rimbombo potesse servire a non vedere di nuovo Aaron e per un po' parve funzionare, Aaron non apparve, al suo posto c' era Tammy.
" Cosa state facendo?" chiese e Lily sapeva che non stava parlando con lei, seppur era sicura che anche se guardava davanti a sé, l' avesse vista.
Si lasciò scivolare lungo il muro, non poteva cadere di nuovo in mano loro, non lo avrebbe sopportato ancora.
" Stavamo venendo a cercare Aaron" rispose la voce di un uomo, Lily spalancò gli occhi e attese l' inevitabile risposta di Tammy.
" E' con la Potter e sapete che non vuol essere disturbato quando è con lei".
Sentì dei rumori soffocati e trattenne il respiro. Stavano ridendo? Davvero?
Strinse più forte la bacchetta tra le mani per resistere all' impulso di uscire e affrontarli, non sarebbe sopravvissuta, ma in quel momento il rombo della rabbia le lasciava pensare che invece, avrebbe potuto fare tutto.
Ma prima che potesse fare qualsiasi cosa il cuore le si fermò nel petto. Eccolo Aaron.
Era a fianco di Tammy e la stava guardando fisso. Di nuovo quegli occhi piombo nei suoi, di nuovo l' odio.
Doveva pensare che non era reale e il fatto che Tammy non lo vedesse nonostante lui le fosse accanto glielo faceva pensare ancora di più.
Si impose di spostare lo sguardo da lui e lo posò su Tammy che le aveva salvato la vita per la seconda volta.
La guardò mentre continuava a parlare con quei ragazzi, non sentiva più quello che stava dicendo, visto che era completamente assorbita nei suoi pensieri, ma vedeva la sua espressione: autorevole e sicura, attenta a non guardare mai nella sua direzione.
Appoggiò la testa tra le ginocchia. Era salva? Poteva contare su di lei?
" Ti avevo detto di aspettarmi".
Lily alzò la testa e vide gli occhi verdi di Tammy guardarla dall' alto, Aaron era sparito di nuovo.
" Non potevo perdere tempo" si giustificò Lily strusciando la schiena e i palmi delle mani contro il muro di modo da trascinarsi in piedi.
Strizzò gli occhi appena appoggiò completamente il peso sui suoi piedi e espirò violentemente. Il dolore alla caviglia non accennava a diminuire.
Guardò in basso. Il sangue filtrava di nuovo dai pantaloni. Cristo, se avesse continuato così si sarebbe dissanguata.
Gli occhi di Tammy non riuscivano a convincerla del tutto, non sapeva perché, ma era come se fossero diversi dalla volta precedente, però, sapeva che aveva bisogno del suo aiuto.
Tra le ferite e le allucinazioni non sarebbe arrivata da nessuna parte da sola.
" Sei disposta ad aiutarmi?" chiese a bruciapelo.
" Sei disposta ad accettarlo?" ribattè Tammy e Lily suo malgrado annuì.
Tammy le prese il braccio e Lily strinse più forte la bacchetta " non m' importa se vuoi tenerla, passala all' altro braccio se non ti senti sicura, basta che ti appoggi a me o non riusciremo a fare più di tre passi".
Lily la guardò, ma poi si costrinse ad appoggiarsi a lei. In fondo aveva ragione, non aveva speranze da sola, e poi doveva smettere di essere così paranoica, Tammy la stava aiutando, non aveva fatto altro da quando l' aveva conosciuta.
Già, ma perché?
" Perché mi aiuti?" le chiese dando voce ai suoi pensieri.
Tammy le sistemò il braccio più su sul suo fianco e cominciò a camminare " so cosa vuol dire" le rispose semplicemente " essere prigioniera?" chiese immediatamente Lily, notando che Tammy la stava guidando verso il corridoio di destra.
" Non mi sembra di vedere segni di corde o catene nei tuoi polsi " affermò Lily stizzita, sapeva che doveva tenersela buona, in fondo la stava aiutando, ma sentirla affermare di sapere cosa volesse dire essere prigioniera e vedere i suoi capelli perfettamente arricciati sulla nuca e la sua pelle nivea e confrontandosi con come era ridotta lei, la faceva imbestialire.
E l' impulsività era sempre stata una sua caratteristica.
Per fortuna Tammy non sembrò particolarmente turbata " ci sono molti modi di tenerti prigioniera e, a volte, non vi è bisogno di catene".
Lily assottigliò gli occhi e sospirò, la sua voce le era parsa sincera " chi ti tiene prigioniera? E in che modo?" domandò ancora.
Tammy superò altri due corridoi e poi si affacciò ad una portafinestra lasciandola appoggiata al muro.
" Non c' è nessuno" disse, riprendendo a camminare.
Lily rimase in silenzio aspettando ancora la sua risposta.
" Attenta ai gradini" disse Tammy e Lily si appoggiò a lei con quasi tutto il peso per scendere quei cinque gradini che la separavano dal giardino.
Aveva il fiatone e di nuovo nei suoi occhi erano comparsi pallini neri che minacciavano di farle perdere i sensi, ma non doveva abbassare la guardia per cui chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi sul battito del suo cuore per calmarsi.
Tammy l' appoggiò ad un albero che riusciva a nasconderle alla vista di chiunque fosse uscito di casa o si fosse affacciato alle finestre e poi la guardò e fu allora che Lily lo sentì di nuovo.
Fissò gli occhi in quelli di Tammy per vedere se lo sentisse anche lei, ma lei, al contrario la stava fissando come se non capisse la sua reazione.
Lily si staccò leggermente dall' albero e cominciò a girare in tondo.
" Da che parti arrivi, maledetto?" chiese in un sussurro.
Trasalì sentendosi toccare il braccio e invece quando si voltò vide che era Tammy.
" Lily" la chamò, lei stava per rispondere, ma poi lo vide: era solo un passo dietro a Tammy, ma lei sembrava ancora non accorgersi di niente, anzi, l' espressione con la quale la stava guardando sembrava quasi preoccupata.
Lily indietreggiò di un passo, lo shock nel suo volto sempre più evidente e la paura che ormai si faceva strada in lei gelandole le vene.
Tammy la raggiunse, ma Lily non si lasciò sfiorare " Non lo vedi?" domandò e vide Tammy voltarsi indietro.
Era così strano a vederlo da fuori. Tammy e Aaron erano uno di fronte all' altro, ma lei sembrava guardare attraverso un vetro e lui sembrava non vedere che Lily.
Lei cominciò ad indietreggiare ancora fino a quando non cadde in avanti e mettendosi carponi fu costretta a riprendere fiato.
" Non ce la fai più" commentò Tammy e Lily trovò il coraggio di rialzare la testa.
Tammy l' aveva raggiunta piegandosi sui talloni e Aaron era di nuovo sparito.
"Ce la faccio" si oppose Lily, ma la sua voce tremante non convinse neanche lei.
" Cosa avevi visto?" chiese Tammy incuriosita e Lily scosse la testa stringendo le labbra, era sicura che fossero allucinazioni ed era inutile aggiungere anche questo a tutta la trafila di motivi per la quale aveva bisogno di Tammy.
" Permettimi di curarti, dammi la bacchetta" le disse e Lily scosse la testa trascinandosi di nuovo a sedere.
Si portò una ciocca di capelli dietro le orecchie e si accorse che ormai il tremore alle mani non accennava a passare.
Che fosse la perdita di sangue? O le allucinazioni?
" Perché non vuoi che ti aiuti?"
" Perché non vuoi rispondere alla mia domanda?"
Tammy sospirò portandosi una mano ai capelli e lisciandosene una ciocca.
" Sono obbligata a stare qua, ok? Ti senti meglio sapendolo?" Lily la guardò, la rabbia nei suoi occhi verdi fu il primo sentimento vero che le vide.
" Perché?" le chiese in un sussurro " ti ricattano? Stanno minacciando qualcuno della tua famiglia?" ipotizzò e Tammy scosse le spalle esasperata " arriviamo alla casa del bosco e poi ti racconto tutto, va bene?" le propose, quando Lily non rispose ancora incerta se darle la propria fiducia aggiunse: " se ci prendono, io non morirò, tu sì e nel peggiore dei modi dopo quello che hai fatto ad Aaron".
Lily si sentì quasi meglio nel sentirsi dire così. Sentire che lei affermava che Aaron era morto lo rendeva più reale.
" Aaron è morto".
" Sì, Aaron è morto, lo hai ucciso tu, ricordi?" le chiese guardandola come se fosse impazzita e Lily si domandò se non fosse davvero così.
" Allora? Posso guarirti o dobbiamo perdere altro tempo?" le chiese subito dopo, Lily la guardò di nuovo, era stanca e confusa, ma le sembrava come se le mancasse un pezzo di puzzle.
" Dov' è la tua?" chiese capendolo improvvisamente e Tammy scosse la testa " non me la lasciano tenere" confessò e Lily la guardò di nuovo.
Perché tutta questa storia le sembrava una matassa indistricabile?
Buona o cattiva, male o bene, realtà o allucinazioni?
Sapeva solo che doveva allontanarsi da lì e senza nessun altro.
" Continuo da sola" disse. Non aveva bisogno di lei. Ce l' avrebbe fatta, avrebbe raggiunto la strada e poi qualcuno l' avrebbe notata.
Perché c' era una strada nei dintorni, vero?
Doveva esserci non potevano essere completamente isolati.
La guardò un' ultima volta, ma Tammy non protestò e si limitò ad incrociare le braccia al petto, come se rispettasse la sua decisione.
Lily tirò un sospiro di sollievo, non avrebbe avuto la forza di liberarsi di lei.
Poi si appoggiò all' albero, ma vi si staccò dopo pochi secondi, non poteva perdere tempo.
Quando sentì di nuovo quel rumore sentì il suo corpo intirizzirsi per la paura. Si voltò verso Tammy proprio quando il rumore stava diventando più forte, ma la vide nella stessa posizione, l' unica cosa che era variata era l' espressione stranamente felice sul suo volto.
Accanto a lei apparve di nuovo Aaron e stavolta anche lui sorrideva.
Lily avanzò cadendo e rialzandosi a causa delle ferite.
Il cuore che le batteva al ritmo di quel tremendo eco e la testa che continuava a pulsare e vorticare.
Si rialzò per l' ennesima volta, ma quando riappoggiò il piede a terra un urlo di dolore uscì dalle sue labbra.
Si chiese se la terra stesse vacillando o se fosse lei, ma non fece in tempo a darsi una risposta perché cadde a terra.
Aveva perso talmente tanto sangue da non riuscire a stare in piedi senza avere le vertigini.
Sentì le lacrime invaderle gli occhi ed un singhiozzo premerle in gola mentre con le ultime forze si sollevava carponi.
Voleva voltarsi per vedere se Aaron fosse sparito o se era ancora alle sue spalle.
Voleva voltarsi per vedere se Tammy aveva sempre quell' espressione o se anche quella era colpa della sua immaginazione, ma non ce la fece a voltarsi. E in quel momento capì.
Non ce l' avrebbe mai fatta.
Tirò un pugno sulla terra fresca desiderando con tutta se stessa ritrovare un po' di energia di modo da poter mandare un Patronus.
Tammy si avvicinò a lei " sento dei passi, devi lasciarti aiutare" le disse e Lily avrebbe voluto avere l' energia di opporsi, o, almeno, di controllare se dei passi stavano arrivando davvero.
Almeno il rumore era scomparso, pensò sempre più vicina all' incoscienza.
Poi improvvisamente la vista le si snebbiò leggermente e si vide avvolta in una luce bianca. Era il Triskel della sua mano, quello che aveva ricevuto quando si era collegata a suo figlio.
Sentì il dolore alla caviglia cessare ed anche se non poteva controllare era convinta che avesse smesso di sanguinare, il corpo si raddrizzò e Lily era sicura che i lividi e le tumefazioni fossero scomparsi.
Su guardò la mano che stringeva la bacchetta, persino il piccolo taglio sulla mano si era riassorbito.
Merlino, pensò appoggiandosi una mano sul ventre, sarebbe mai riuscita a ripagare tutto l' amore di suo figlio?
Appoggiò il peso sulla caviglia con un leggero timore, ma sapeva che non sarebbe svenuta. Stava troppo bene.
Non si sentiva così da...non lo sapeva, ma sicuramente da troppo tempo.
Guardò Tammy di sfuggita era accanto a lei e Aaron dietro la ragazza.
La luce si riassorbì nel suo ventre e lei sorrise verso Aaron come a sfidarlo ad attaccarla ora.
Adesso che si sentiva di nuovo bene e che aveva una bacchetta in mano.
Il sorriso le si spense nel volto quando capì che lui era vivo, adesso stava bene e lo vedeva ancora, oltretutto la sua espressione era variata, per cui : Aaron era vivo.
" Non muori mai?" gli chiese stringendo più forte la bacchetta, ma prima che potesse attaccarlo un pugno le arrivò dal lato facendola cadere a terra.
Tammy tirò fuori la sua bacchetta e appellò quella di Lily " Merlino, quello strano mutante di tuo figlio ci ha rovinato il gioco" si lamentò e la sua voce era davvero quella di una bambina scontenta.
Tammy era pazza ed era in combutta con Aaron e lei, adesso, era di nuovo disarmata.

E se domani...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora