Esistere non basta. Serve vivere!

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Quanto mi manca Vivere.
Vivere questo.
Vivere la Vita che non so, che non conosco, che non ho mai visto.
Amo alla follia questa caratteristica inaspettata che ci offre l'esistenza, nel modo di esisterla.
Vivere ogni giorno come una sorpresa, addormentandoci cullati dal pensiero che, come un salto nel vuoto, ci sussurra una certezza: noi non siamo nelle nostre mani, ma nelle mani dell'ignoto, nelle mani della fede che si fida ciecamente di chi la conduce.
Noi siamo vento soffiato da qualcuno, qualcuno che nonostante sia in noi, non sia riducibile semplicemente a noi; altrimenti sapremmo dove andremmo, sempre, e la necessità di fede per non impazzire, non avrebbe senso.
Nessuno può imbottigliare il vento, altrimenti lui smette di vivere.
Chi prova a compiere questo, uccide alla perfezione il preciso elemento che tanto bramava custodire imperturbabile, dentro quella protezione.
Tale protezione, coincide esattamente con l'arma della sua uccisione.
Ecco perché l'unico modo per assaporare la vita senza spegnerla, non può far altro che rivelarsi nell'accettazione di un'arresa.
Ma C'è bisogno di mollare la presa.
Mollare la presa da noi, dai sogni, dai desideri, dalle passioni anche se nobili, dai bisogni, dagli attaccamenti, dai possedimenti.
Perché tutto ciò a cui non riesci a rinunciare ti possiede.
Tutto ciò di cui hai bisogno ti rende prigioniero.
Noi arriviamo con nulla sulla terra,
e con nulla ce ne andremo.
Con l'amore lasciamo il cielo per arrivare qua, e solo l'amore sarà il bagaglio accettato nell'ultima valigia che faremo per tornare la.
E mi fa sorridere che per sbaglio nello scrivere arresa, il t9 abbia ripetutamente trasformato la parola in "attesa".
Arresa, come attesa del meglio per cui siamo nati.
Ma il meglio non va interpretato come premio da aspettare, situato nel futuro; bensì realizzato come già esistente, e desiderato di esser finalmente goduto nel momento presente.
Perché il meglio più grande a cui siamo stati chiamati, coincide proprio con la possibilità di sperimentare la bellezza di un amore  che ci ama da sempre; solo che a noi è concesso di accorgercene solo dopo l'arresa.
Dobbiamo disporci a perdere la nostra vita, se davvero diciamo di volerla ritrovare autentica e pura.
Il coraggio osato per saltare nel vuoto sarà un atto catartico, che purificherà il nostro spirito ricoperto di finzione, terminando quel salto in un volo anziché in un'ennesimo schianto.
Il coraggio sarà la benzina per accendere la macchina della nostra verità.
E oso il termine nostra, perché dal momento in cui la vedremo, ci accorgeremo che è sempre stata una sola, identica, onnipresente dentro miriadi di vite diverse, passate, presenti e future.
La verità ci farà liberi.
Ed Ecco che "l'attesa" di quei prototipi di amore fallace che il mondo ci insegna a inseguire, si riveleranno per la finzione che sono sempre stati: effimeri abbagli, per nulla paragonabili alla vera luce.

Dopo... realizzandoci finalmente abbracciati da quell'eterno e infinito amore, ad un tratto, quell'esser da lui circondati, ci farà riscoprire irresistibilmente innamorati,  col cuore corteggiato dai suoi  teneri modi e le sue gentilezze delicate.
Così ci catturerà facendoci perdere in lui fino a renderci suoi.
Che liberazione per la mia bussola inesistente, non dover per forza sapere la strada. Che bello scoprire la sufficienza di perdermi nel suo amore, per ritrovare la mia anima amata, dentro di me.
La mia anima che è amata.
Ritrovarla liberata.
Liberandola di vivere una volta per tutte.
Liberarla di vita.

Vita.

Ma Allora perché non prenderla bene. Anziché temerla, perché non chiedere di goderla.
Noi non la sappiamo.
La vita è un libro mai scritto prima, i cui capitoli non possono esser letti in  anticipo. Non esiste possibilità di spoiler con lei. Nessuno bara. Prima fa l'esame, poi spiega la lezione. Questo è il metodo unico per imparare.
Allora oggi scambio il mio terrore col desiderio di stupore, nonostante questo comporti grazia e sacrificio al tempo stesso.
Grazia per la possibilità di arresa, sacrificio per l'accettazione di ammetterci ciechi nel buio,
in mancanza della sua luce.

Addormentarsi sapendo di non sapere cosa capiterà al risveglio.
Credo che l'arresa alla vita non si possa riassumere meglio.
Provo a sentirmi, mi guardo dentro, smetto di fare a pugni con l'ipocrisia della perfezione che vorrei al posto del mio disequilibrio, della mia altalenanza, di questa mia intermittenza, di questa condanna all'irreperibilità di trovare una categoria su misura per la mia anima.
Schiacciata dal peso di autodenunciarmi colpevole di indefinito e indefinibile.
Perché ogni cornice a suo modo mi stringe, nonostante essa nasca con tutte le buone intenzioni di abbellire la tela di cui sono fatta.
Eppure giuro che la cerco, la spero, la anelo augurandomi di riuscire a trovarla un giorno.
Spero che esista una data nella quale finalmente riuscirò a sentirmi a mio agio nell'agio, più che nel disagio.
Un giorno nel quale per miracolo troverò familiarità con le dimore più che i deserti.
Con i velcri più che le scarpe slacciate.
Con il dentro le righe più che il fuori.
Con le aree più dei perimetri.

Con il mare o il cielo,
più che l'orizzonte.
Ma sono blu entrambi, ed io il blu lo amo.
Come potrò mai sceglierne uno a discapito dell'altro.
Per ora scegliere interromperebbe un pezzo del mio infinito.
Non voglio finirmi.
Voglio continuare a infinirmi allo scopo di unire, legare, riunire, riappacificare.
È che per fare questo serve stare in bilico sui bordi, come facevo da piccola sui muretti stretti stretti dei marciapiedi.
Con la stessa voglia di dimostrare che non sono pericolosi, ma semplicemente sono stati creati per rimanere un innocuo dettaglio  spianato per unire strada e marciapiede, macchine e pedoni.

Però esisteranno altri muretti giusto?
Questa è la mia preghiera al cielo:
Che smetta di esser terrorizzata dalla possibilità di fondermi, omologarmi, mischiarmi fino a perdere quella briciola di autenticità conquistata negli anni, in ritardo, con tanta fatica, lacrime e sangue.
Che la paura di sparire nuovamente si dissolva nell'entusiasmo di trovare un abito adatto alla mia diversità.

Diversità. Cambiamento. Mutevolezza. Curiosità. Libertà. Essenza. Indefinito.

Tutto.

Al momento, credo sia ancora questa la gioia per me.
La gioia più intensa mai provata.
Poter sperimentare la scossa elettrica del meravigliarmi, perché ogni volta che lo stupore arriva, io mi sento viva. In quel modo la vita vibra dentro di me, assicurandomi di essere ancora reattiva a lei.
Di non essere morta mentre esisto.
Ma di essere vitale mentre reagisco.
Davvero credete sia un caso che i bambini siano così felici rispetto a noi?
Quanti stimoli nuovi vivono ogni giorno? Quanto impara un bambino di un anno ogni istante della sua giornata? Quanto scopre, quanto si stupisce, quanto si sperimenta, quanto si sbaglia, quanto cade, quanto piange, quanto si rialza, quanti traguardi taglia in un mese..
Mangia cose solide al posto delle pappe, gattona anziché star fermo, cammina e vede il mondo da più in alto, da una prospettiva mai vista prima.
Sente profumi, ascolta rumori, assaggia sapori, per la prima volta. E sperimenta gioia, gioia, gioia, vita, vita, vita.
I bambini sono pregni di vita.
Dobbiamo guardarli, reimparare, demolire ciò che crediamo di aver imparato e umiliarci nel tornare indietro, di fronte a tanta grandezza contenuta in una cosi indifesa e piccola immensità.

Allo stesso modo, io sento che solo così riesco ad esser sicura di esistere per davvero.
La sensazione sublime di star assaporando gusti sempre nuovi, inebriandomi di sfumature che agli occhi, prima, mai era stato dato di godere.
Smettere di scontare il mio cuore che batte, essendo colta alla sprovvista da  quell'improvviso aumento di volume dentro, capace di salire fino ai timpani come un rimbombo di vita, perpetuando come l'eco della mia voce quando urla libera in mezzo alle montagne.

Avere un cuore che batte
e rendersene conto.

Questo è un miracolo.

Avere un vuoto immenso dentro
e sentirlo tutto.

Questa è una grazia.

Non è la ricchezza,
ma la povertà in spirito che offre spazio al cielo.

"Beati i poveri in spirito perché di loro è il regno dei cieli".

Abbiamo bisogno di scoprirci soli per ritrovarci in compagnia.
Di sentirci vuoti per essere riempiti.
Ammettere di non sapere per rimanere nell'umiltà di scoprire.
Di ammetterci malati per guarire.

Di morire
per rivivere.

Di croce
per risorgere.

Sono le 23:39 del 22 febbraio 2024. Voglio ricordarmi questo istante per sempre, perché mi sto percependo infinitesimalmente piccola rispetto la completezza del creato.

Ti prego Dio.
Raccontami chi sei.

Lfdc🎀

Lafavoladelcielo🎀
22/2/24 23:29

Da cenere a polvere di diamante (part.2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora