Berenice sognò di essere in una stanza completamente buia. Sentiva una presenza alle sue spalle soffiarle aria calda sulla nuca. Si voltò lentamente e vide la vecchia Gold fissarla. Aveva tra le mani uno strano oggetto appuntito e cantava una canzone con voce stridula e metallica. D'un tratto, alle sue spalle, comparve Mortizia. Aveva gli occhi fuori dalle orbite e il collo innaturalmente lungo.
«Non puoi nasconderti per sempre» le sussurrò all'orecchio Mortizia. Fece oscillare la testa verso di lei rimanendo ferma con il corpo. «Noi ti troveremo ovunque tu andrai.»
Berenice non riuscì a scappare né ad urlare. Rimase ferma, immobile, mentre le ombre la accerchiavano. Le due donne iniziarono a girarle attorno, in una danza macabra.
Stavano ridendo.
Berenice si svegliò di soprassalto madida di sudore. Annaspò alla ricerca d'aria, come se fosse appena riemersa da una vasca colma d'acqua. Le parve di esser affogata nel bel mezzo del sonno. Per un momento, distesa supina in un posto a lei sconosciuto, sentì solo il cuore martellarle nel petto al ricordo del suo incubo. Con un respiro profondo, i polmoni ripresero a funzionare lentamente; la gabbia toracica si espanse sotto la sua mano. Non era affogata, era stato solo un incubo. Gli occhi però le bruciavano come non mai, illuminati dal sole incandescente del mattino. Si portò una mano sulla fronte e aprì le palpebre. Aveva la schiena rigida e le gambe intorpidite per esser stata nella stessa posizione troppo a lungo.
Sbatté le palpebre ripetutamente, mettendosi seduta. Un dolore lancinante le mozzò il respiro, le parve di avere mille chiodi conficcati nella testa.
Distese le gambe in avanti con una smorfia e si guardò attorno, strizzando gli occhi. Aveva davanti a sé una panca, identica a quella su cui era seduta e un piccolo lampadario rosso appeso sul soffitto che traballava pericolosamente.
Due finestre nelle pareti laterali lasciavano filtrare un'aria gelida. Solo in quel momento Berenice si rese conto che la stanza si stava letteralmente muovendo. Si catapultò alla finestrella, sbattendo con la guancia contro un asse di legno e sporse la testa all'esterno. Una nuvola le passò accanto a pochi centimetri dal naso mentre il sole splendeva alto nel cielo. Berenice sentì lo stomaco contrarsi. Guardò in basso e vide minuscole casette di campagna spuntare tra le nuvole, decorando uno sfondo di prati di granoturco e girasoli dorati. Le macchine sembravano pennellate su una tela; si muovevano lentamente per poi dissolversi, perdendosi nella lontananza.
«Finalmente ci siamo svegliate.»
Una voce. Per un attimo Berenice credette di stare ancora sognando. Quando finalmente riuscì a voltarsi, dopo che il suo nome venne ripetuto più volte, provò una fitta al petto talmente forte da farle tremare le gambe. Ma questa volta la fitta non aveva nulla a che fare con il dolore. Era come se qualcuno le avesse rimesso qualcosa a posto, esattamente all'altezza del cuore.
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La sguattera
Fantasy1º libro della saga dei Regales La sedicenne Berenice è sempre stata una ragazza normale, con una vita monotona e terribilmente noiosa. O almeno se così si può definire essere orfana, vivere in un convento di suore, con un gatto parlante come unico...