34. UNA SPAVENTOSA SCOPERTA

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Quando Berenice entrò nella sala da ballo fu pervasa all'istante dalla sensazione che qualcosa di orribile fosse appena accaduto

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Quando Berenice entrò nella sala da ballo fu pervasa all'istante dalla sensazione che qualcosa di orribile fosse appena accaduto. Trovò gli studenti immobilizzati nella stanza, con il capo rivolto nella medesima direzione, come degli automi. Cercò di farsi largo con lo sguardo tra di loro, per capire a chi fosse rivolta tanta attenzione.

E poi capì.

Poco distante dal centro della sala da ballo, giaceva per terra il corpo senza vita di una studentessa Regales. Berenice sentì l'aria nei polmoni mancarle. Una pozza di sangue si stava allargando attorno alla sua testa, e le irigne cerulee si stavano spegnendo della luce vitale che contraddistingueva i Regalium ancora in vita. Fu proprio quello che le fece capire l'esatto istante in cui la ragazza a lei sconosciuta perse la vita.

«Fate largo! Fare largo!» urlò il professor Cirone, seguito a ruota da altri professori appartenenti al collegio di Dhiaborry. «Spostatevi! Fate passare!»

La sua voce risuonò nella sala, graffiando le pareti. Li vide spintonare degli studenti pur di raggiungere il centro della sala e posizionarsi davanti al corpo della ragazza morta. Gli occhi d'improvviso oscurati dall'orrore e dallo sconcerto.

Il professor Cirone fu il primo ad avvicinarsi. Si abbassò sulle ginocchia e, alzando un braccio in avanti, chiuse gli occhi rimasti sbarrati della ragazza.

Era strano come una sala così gremita di persone potesse improvvisamente cadere in un silenzio tanto tetro. Eppure, era proprio quello che stava succedendo. Tutti gli studenti si era immobilizzati, i camerieri invece si erano volatilizzati nelle cucine, ma Berenice era come se potesse vedere al di là della parete. Se li immaginò schiacciati contro il muro, intenti a origliare.

Il professor Cirone si alzò dopo quelli che parvero secondi interminabili, rivolgendo un'occhiata ai professori di Dhiaborry che Berenice non riuscì a comprendere.

Una studentessa Regales si fece avanti in quel momento. Le guance rigate di lacrime, il trucco sbavato intorno agli occhi. Il turbamento sul suo volto venne sostituito all'istante da qualcos'altro. Una rabbia e un bisogno di vendetta disumano. «Voi l'avete uccisa bastardi!» urlò con tutta la voce possibile contro gli studenti di Dhiaborry.

Bastarono quelle parole per decretare i colpevoli e per far sì che tutti ci credessero e approvassero quella sentenza di colpevolezza.

Scoppiò il caos.

Se Berenice non era mai stata del tutto certa delle reali capacità di quei due popoli, in quel momento ne ebbe una vera e propria dimostrazione. Iniziarono ad attaccarsi l'un l'altro. La rabbia che trasparì da quella stanza la travolse come un'eruzione vulcanica.

Vide davanti a lei una moltitudine di corpi scontrarsi e contorcersi, il suono di calci ben assestati si mescolò al frastuono dei corpi che si schiantavano a terra. Vestiti strappati e volti rabbiosi si stagliavano nel caos. Tra quel groviglio di braccia e gambe, la tensione era così asfissiante che Berenice si ritrovò a boccheggiare. Arretrò di qualche passo prima che qualcuno avesse la malsana idea di prendere lei come bersaglio. Persino le ragazze, con quei vestiti pomposi e antiquati, sembravano del tutto a loro agio nel bel mezzo di quella zuffa.

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