33. CONFRONTI

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Berenice rimase nascosta dietro un corridoio buio in preda alla frenesia. La musica della sala da ballo giungeva alle sue orecchie attutita, come se provenisse dallo stereo di un televisore in un'altra stanza. Non riusciva a stare ferma e l'agitazione la portò addirittura a saltellare sul posto. Si domandò se lei e Artemisia non stessero esagerando con quelle uscite non autorizzate, specialmente quando il collegio era gremito di persone come quella sera e bastava che anche solo una persona notasse di sfuggita la principessa per metterle entrambe in guai seri. Ma Berenice si impedì di pensarci oltre: non era il momento di farsi prendere dal panico, specialmente ora che erano ad un passo dall'entrare in possesso del medaglione della strega.

Passarono dieci minuti esatti prima che Artemisia sbucasse in tutta fretta dal corridoio adiacente. Quando Berenice la vide, sentì un certo sollievo alleggerirle le spalle. Era tutta rossa in viso e aveva i capelli aggrovigliati, come se si fosse rotolata sul letto. Ma la cosa più strana era che aveva entrambe le mani imbrattate di torta.

«Qualcuno ti ha vista?» domandò all'istante Berenice ancor prima che la raggiungesse. La principessa alzò lo sguardo su di lei, scuotendo la testa rumorosamente. Le fece segno di entrare nella prima stanza libera e Berenice non aspettò di farselo ripetere due volte. Si rinchiusero all'interno, in uno dei tanti salottini color mogano del collegio.

«Come hai fatto a non farti vedere?» domandò di nuovo, senza dar voce al suo reale quesito. Come hai fatto a non farti notare con quella sedia a rotelle, considerata tutta la gente che gira per il collegio stasera?

Berenice avrebbe anche voluto chiederle perché mai avesse le mani imbrattate di panna, ma nel momento in cui Artemisia tirò fuori dalla tasca il medaglione, le sembrò che la lingua e tutti i suoi neuroni tirassero giù le tapparelle per nascondersi, così come ogni sua più piccola particella corporea.

Artemisia lo appoggiò sul tavolo e si pulì le mani in un fazzoletto, l'espressione talmente scossa da contrastare nettamente con i suoi lineamenti morbidi.

«Quell'affare è davvero orripilante, solo chi non ha buon gusto potrebbe indossarlo,» commentò subito dopo averlo abbandonato sul tavolo. «Posso dire liberamente, sperando di non esser maledetta da qualche demone per l'eternità, che quel medaglione mi ha fatto venir voglia di affogare nella fontana del giardino? Sembra che catalizzi tutti i miei pensieri negativi.»

Berenice le lanciò un'occhiata nervosa, non sapendo cosa dire.

Lo fissarono entrambe in silenzio. Nonostante l'ampia stanza e le vetrate, Berenice sentì l'aria assopirsi, come se quel medaglione fosse in grado di appropriarsi di tutta la linfa vitale attorno a loro. Forse Artemisia aveva ragione.

«È questo?» domandò poi Artemisia, il volto più pallido del solito. Berenice annuì con riluttanza, anche se in realtà era certa fosse quello il medaglione. L'unico dettaglio che ne rivelava l'antichità era la spessa catena logorata dal tempo. Il cerchione con sopra in rilievo il serpente, invece, non mostrava alcun tipo di usura e irregolarità, come se fosse fatto di un materiale indistruttibile. Risplendeva come il gioiello più prezioso della terra e al tempo stesso emanava un'energia talmente negativa che Berenice si ritrovò circondata da immagini e pensieri lugubri. Fece un profondo e tetro respiro, l'aria che inghiottì le parve inquinata di qualcosa di rancido.

La sguatteraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora