21. IL CONSIGLIO DI CHENTBURRY

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❦ 𝓡𝓮𝓰𝓪𝓵𝓮𝓼 ❦

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«Una vera delusione» proruppe infine la principessa, una volta aperta la porta. La candela illuminò degli arredi antichi e coperti parzialmente da teli bianchi impolverati. Sembrava un vecchio soggiorno in disuso. Per Berenice fu un vero sollievo. Gli arredi antichi, per quanto potessero essere orribili ed impolverati, non ti potevano di certo mangiare.

Dalla stanza però giunsero delle voci attutite. Non erano semplici echi lontani. Erano vicini, troppo vicini e quei rumori erano inequivocabilmente voci umane. Sembrava che qualcuno stesse parlando proprio dall'altra parte della parete.

«Le hai sentite?» domandò Berenice, superando la porta a grandi falcate. «C'è qualcuno che sta parlando.»

«Che cosa? Aspettami! Vado io per prima!» Artemisia la afferrò per un braccio nel tentativo di superarla, ma Berenice se la scrollò di dosso e raggiunse di corsa il fondo della stanza, dove le voci erano più chiare. Si trovò davanti una parete di mattoni, interrotta da alcune fessure irregolari. Guardò perplessa verso Artemisia, ma la trovò con la medesima espressione, probabilmente ancor più stranita. Anche lei non ne sapeva nulla a quanto pare. Dopo essersi spinte a vicenda con le spalle, cercando di ottenere l'angolazione migliore, si chinarono entrambe su quelle fessure trattenendo il fiato.

Dall'oscurità della stanza adiacente emersero per prime delle lunghe candele, disposte a cerchio al centro di un tavolo rotondo dove sedevano sette figure avvolte in mantelli scuri. Berenice riconobbe solo una di loro: la sorvegliante Pimpolbotton. Quel mento spigoloso sporgente dal cappuccio e gli occhiali rettangolari posati con precisione sulla punta del naso erano difficili da confondere. Tuttavia, non riuscì a capire in che stanza si trovassero; oltre il tavolo la visibilità era limitata, come se la stanza fosse avvolta agli angoli da una nebbia nera che si infittiva subito dopo le sedie. Solo le sagome delle sette persone incappucciate erano nitide e perfettamente distinguibili.

«Chi sono?» domandò Berenice in un sussurro, temendo di attirare l'attenzione degli incappucciati.

«Il consiglio di Chentburry» rispose Artemisia, abbassando a sua volta il tono «Si riuniscono solo in circostanze eccezionali, estremamente gravi.»

Davanti a loro, su una poltrona più alta e imponente rispetto a quelle degli altri membri del consiglio, sedeva una donna con occhi piccoli e capelli grigi raccolti in una crocchia sulla nuca.

«Sta per parlare la preside Jenkhins» la informò Artemisia, quasi come se le avesse letto nella mente. Al ché entrambe si misero in ascolto.

«Signora preside, il consiglio proprio oggi doveva riunirsi? Gli studenti sono arrivati da pochi giorni. Non comprendo proprio l'urgenza di un consiglio» si lamentò scorbutico uno dei membri. Berenice riconobbe soltanto una folta barba rossa oltre il mantello.

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